Ho riflettuto molto prima di scrivere questa lettera aperta ai colleghi giornalisti direttori delle varie testate giornalistiche on line che sono seguite in particolare nel comprensorio del Golfo di Gaeta. Ma le cronache recenti di due suicidi riguardanti graduati della Guardia di Finanza originari del nostro territorio e in servizio in due diverse città italiane, Bologna e Cremona, mi hanno indotto a rompere gli indugi. Ho apprezzato il pezzo della collega Francesca De Meo che ha riportato la notizia, l’origine del militare, ricordando anche l’altro suicidio del mese precedente e il fatto che le Fiamme Gialle hanno attivato un Osservatorio a Roma, ma omettendo ogni riferimento utile all’identificazione della persona.

Pongo una domanda: perché quando pubblichiamo fatti di cronaca nera come maltrattamenti in famiglia, spaccio di droga, furti riportiamo dei responsabili soltanto le iniziali? E quando narriamo di suicidi diventiamo prodighi di notizie. Un giornale on line ha ritenuto opportuno riferire le generalità del suicida, lo stato di famiglia, il luogo dell’autolesionismo, chi è la sorella e dove lavora e, persino, le probabili simpatie politiche della famiglia. E menzionando – melius abundare – il suicidio del mese precedente, ricordando che si era ucciso nel bagno sparandosi sotto l’ascella direzione cuore.

L’utilità? Un mio capo tanti anni fa, quando ero un corrispondente all’inizio del mio impegno giornalistico, mi disse che un quotidiano cartaceo il giorno dopo della sua pubblicazione è utile solo per incartare il pesce o pulire i vetri grazie alla componente di petrolio che la carta stampata contiene. Non è la stessa cosa per i giornali on line e per quanto viene pubblicato. Gli articoli restano in rete praticamente per sempre. E i suicidi – militari o civili che siano – non hanno diritto per colpa di noi giornalisti al giusto oblio. Sono un bisnonno e penso ai figli minori che crescendo cliccheranno i nomi dei loro padri e sapranno come si sono tolti la vita, in un bagno o in un’auto a pochi metri da loro nel giardino di casa. Colui che si uccide è una persona profondamente disperata, che non vede dinanzi a lei un futuro che valga la pena vivere. È sprofondata nel buio della depressione e rinunzia a vivere. In Italia ogni anno portano a compimento il loro suicidio ben quattromila persone. E allora di un delinquente si riportano le iniziali e di una persona per bene depressa sino alla rinunzia alla propria esistenza gli offriamo la gogna mediatica “ad aeternum”. Le testate giornalistiche Golfo e Dintorni (magazine cartaceo) e Tuttogolfo (quotidiano on line) hanno deciso di autocensurarsi e di non pubblicare più episodi di suicidio. E chiedono ai colleghi delle altre testate giornalistiche on line di sottoscrivere idealmente un codice etico che garantista l’oblio ai casi di suicidio. In passato la Chiesa cattolica non concedeva a loro le esequie in chiesa e la sepoltura nei camposanti, poi ha prevalso la misericordia e la consapevolezza che chiunque nell’ultimo istante di vita può essersi riconciliato con la vita e il Creatore. Rispettiamo il prossimo, non avremo certamente “bucato” una notizia da prima pagina.