Dopo la data fatidica del 1 luglio 1981, soppressione anche del traffico merci su rotaie, sono state avanzate richieste di riattivazione di questo segmento di linea da parte dei sindaci e dei cittadini dei comuni interessati. Si distinse in principio per le proteste l’ingegnere Raffaele Achille Picierno, sindaco della città di Teano, nel cui territorio era posta la stazione di Maiorisi. Infine dopo ventiquattro anni, nel 2005, iniziano i lavori nel primo segmento del tracciato, fino al nuovo Centro Intermodale di Gaeta che sfrutta la vecchia sede ferroviaria, per questo motivo in rifacimento.

Il 19 aprile 2008 il governatore della Regione Lazio Piero Marrazzo annuncia lo stanziamento di fondi e l’inizio dei lavori nel mese di maggio dello stesso anno, al fine di riattivare la rimanente tratta fino a Gaeta entro il 2010. Tuttavia ciò non avvenne. Secondo quanto comunicato dalla sala stampa della Regione Lazio il 19 aprile, il progetto prevedeva il ripristino di un tracciato di circa 9 km a binario unico, la riattivazione della sede ferroviaria nella tratta dal Centro Intermodale a Gaeta Centro, con adeguamento del tracciato, la realizzazione della nuova stazione di Gaeta e di 3 fermate intermedie con relativi parcheggi di scambio, l’elettrificazione della linea da Gaeta Centro a Formia e la realizzazione degli impianti di segnalamento e sicurezza. Sulla linea sono previsti 3 treni ogni ora per senso di marcia e una velocità commerciale di circa 60 km/h. L’avvento della giunta Polverini però blocca il progetto, togliendo i fondi, e i lavori restano a metà nonostante sulla linea siano già stati costruiti tutti i nuovi ponti e sia già stata posata la massicciata con il binario fino a Formia Interporto.

Al posto della riattivazione della linea la stazione di Formia viene denominata Formia – Gaeta, uno zuccherino di poca sostanza. Nel frattempo la giunta Bartolomeo impedisce, per ragioni di inquinamento atmosferico e di traffico nel centro abitato, ai pullman Cotral di giungere alla scalo ferroviario e l’obbligo di sostare nell’area portuale. Un ulteriore beffa per i pendolari gaetani già costretti, come tutti gli altri, a lunghi percorsi su una tratta ferroviaria lenta e con convogli obsoleti, sovraffollati e igienicamente carenti. Nel 2015 abbiamo il bando per l’acquisizione di alcune automotrici ALn 668 usate. La riapertura è indicata nell’agosto dello stesso anno. Inoltre è stata realizzata una stazione intermedia passante, denominata Bevano. A metà settembre 2015 la riapertura ancora una volta non è avvenuta. Nascono i comunicati spontanei di cittadini, persino con obiettivi opposti. Uno contro il ripristino della linea ferroviaria, cassa di risonanza di coloro che abitano negli edifici di civili abitazioni che si affacciano sulla tratta ferroviaria e si sentono danneggiati dal ripristino. Certo non campioni di sensibilità sociale e di apertura verso gli interessi della comunità. Ricorsi vengono presentati al Tar e al Consiglio di Stato ma vengono bocciati.

Le Ferrovie dello Stato avevano sospesa ma non dichiarata dismessa tale tratta ferroviaria. Il progetto va avanti. Un altro comitato invece si batte per il ripristino. Nasce il 6 marzo 2014. Il dinamico presidente Guido Guinderi raccoglie a suo tempo oltre cinquemila firme di sostegno al progetto e da noi contattato ci racconta: “Ora siamo finalmente soddisfatti. Esiste il finanziamento del Cipe e l’approvazione del Ministero per Infrastrutture e Trasporti. Ci sarà una gara europea per la quale occorrono sei mesi e poi i cantieri. Nel 2020 conseguiremo l’obiettivo”.

Quali saranno le fermate previste della metropolitana? Guinderi chiarisce: “da Formia attualmente perviene la linea a Bevano, quindi si giungerà a Calegna e poi la Centrale che non corrisponderà all’attuale stazione storica gaetana ma comunque sempre nel piazzale all’altezza del Conad. Successivamente verso Formia è prevista una fermata all’altezza della Clinica Costa. Quindi successivamente alla stazione centrale di Formia fermate dovrebbero esserci in zona San Pietro, quindi presso il Centro Commerciale Itaca, Santa Croce e infine Minturno – Scauri. Non tutti i treni perverranno a Minturno ma soltanto nelle fasce orario in cui non vi sono treni regionali che da Formia giungono all’ultima stazione laziale. Percorrenza prevista della metropolitana nove minuti”. Va riconosciuto al Consorzio Industriale Sud Pontino e al suo infaticabile presidente avvocato Salvatore Forte di averci creduto sin dall’inizio del percorso strategico portando l’obiettivo al traguardo. Sulla stessa posizione la Consulta Cosind presieduta da Isabella Quaranta e che coordina oltre quaranta associazioni operanti sul territorio. La riattivazione avrà influssi positivi sul turismo e sulla circolazione dei residenti nel Golfo, anche nella fruizione degli uffici pubblici.

 

LA STORIA DELLA LINEA FERROVIARIA SPARANISE – GAETA

Tre quarti di secolo di storia

Quanta distanza tra la lungimiranza dei nostri avi e la mediocrità dei politici e dei dirigenti pubblici di fine anni sessanta del secolo scorso. Nel 1892 fu aperta al traffico la ferrovia Sparanise – Gaeta, detta anche la Linea degli Aurunci. Nell’ambito della politica di costruzione di una rete di ferrovie complementari avanzate dalla Sinistra storica e dal Ministro Alfredo Baccarini con la legge 5002 del 29 luglio 1879 fu previsto un finanziamento per la linea Sparanise – Carinola – Gaeta, grazie a una forte mobilitazione delle autorità locali, in quanto l’unico collegamento allora presente nell’area era la via nazionale Appia.

La Stazione di Gaeta

La ferrovia fu realizzata anche per motivi di strategia militare dato che avrebbe favorito l’approvvigionamento dei materiali alla fortezza di Gaeta, soltanto trenta anni prima protagonista della pagina più nota e risolutiva del risorgimento italiano e della fine della dinastia gloriosa dei Borbone. La linea nuova nel 1890 nasceva dalla linea preunitaria Napoli – Roma via Cassino, nella stazione di Sparanise, distaccandosi dopo circa 3 km presso il Bivio Gaeta. Seguendo in parte il percorso della via Appia, la ferrovia toccava le città di Teano, Carinola, Sessa Aurunca, Minturno e Formia, con capolinea a Gaeta, con un percorso di 59,2 km. A Gaeta erano collocati un fascio di binari per il carico delle merci, una rimessa e una piattaforma girevole per consentire l’inversione di marcia alle locomotive. La linea fu realizzata a binario singolo. Per superare gli ampi dislivelli vennero realizzate imponenti opere edili come il Viadotto del Pontone fra Formia e Gaeta, detto i 25 Ponti, composto da 25 arcate di 12 metri.

La linea venne inaugurata il 3 maggio 1892 e aperta ai passeggeri il giorno successivo. Inizialmente fu inserita nella Rete Mediterranea e gestita dalla Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo. Il servizio prevedeva tre corse giornaliere, successivamente diventate quattro. Il viaggio completo durava tra le 2 ore e mezza e le 3 ore. Il 1º luglio 1905 la ferrovia passò in gestione alle Ferrovie dello Stato. La linea divenne particolarmente importante quando venne inaugurato il primo tratto, tra Roma e Formia della linea direttissima Napoli – Roma, perché l’itinerario provvisoriamente creato Caserta – Sparanise – Formia – Roma era più veloce di quello Roma – Cassino – Caserta e permetteva il collegamento delle località costiere del Lazio Meridionale con le località interne campane e laziali. Non dimentichiamo che all’inizio si trattava di una linea ferroviaria realizzata tutta nella stessa provincia, la Terra di Lavoro con capoluogo Caserta, e tutto rientrava nella regione Campania. Dal 28 ottobre 1927, completata la direttissima Roma – Napoli, la Sparanise – Gaeta perse progressivamente importanza. Vennero adeguate le stazioni comuni alle due linee, Formia e Minturno – Scauri, e dopo il 1932 venne soppresso il binario tra queste due stazioni inizialmente dedicato alla Sparanise – Gaeta.

La Stazione di Sparanise

La stazione di Formia divide la vecchia linea in due tronconi: il tronco Formia – Gaeta, con alto livello di traffico, e il tronco Sparanise – Minturno – Formia, a traffico limitato. Nata ovviamente per i treni a vapore, nel 1936 fecero la loro comparsa sulla linea, per il servizio passeggeri, le automotrici diesel Fiat ALn56: sulla Formia – Gaeta le corse divennero 16, andata e ritorno, di 9 minuti, sulla Sparanise – Minturno – Formia 5 di 66. Dopo l’immane tragedia della guerra, nel luglio 1949, nel corso della ricostruzione della stazione di Formia, si provvide ad una razionalizzazione del percorso della sezione Formia – Sparanise non ricostruendo la tratta tra Minturno e Cellole – Fasani e utilizzando, dall’8 maggio 1950, la linea direttissima fino alla nuova stazione di Cellole, da cui la linea proseguiva separatamente con un nuovo tratto Bivio Cellole – Sessa Aurunca.

La stazione di Sessa Aurunca divenne stazione di Sessa Aurunca Superiore per distinguerla dalla Sessa Aurunca – Roccamonfina della Napoli – Formia – Roma. Su tale tratta venivano effettuate 4 corse giornaliere di circa 1 ora. La sezione Formia – Gaeta venne ripristinata il 1º gennaio 1954 con la ricostruzione dei 25 Ponti e della stazione di Gaeta, da cui partivano ogni giorno 13 corse di 9 minuti e un significativo traffico merci data la presenza di un’importante vetreria e di una grande azienda di sanitari. Il 23 marzo 1957 a causa del traffico limitato la tratta Formia – Sparanise venne sostituita da un servizio di autobus e smantellata a partire dal luglio dell’anno successivo. Negli anni successivi vi fu in progetto una galleria per il collegamento tra la stazione di Formia e il porto mercantile di Gaeta. Il 24 settembre 1966, tra accese polemiche e proteste della popolazione, venne soppresso il servizio passeggeri su questa tratta sostituito da un lento collegamento con autobus FS, divenuto poi Acotral. Certamente più lento ma giustificato con il fatto che era più capillare. Quindici anni dopo il 1º luglio 1981 viene sospeso anche il servizio merci, la fine di una pagina di storia durata tre quarti di secolo.

 

 

LA DISTRUZIONE TEDESCA DELLA LINEA FERROVIARIA

Dopo la furia germanica l’ottusità dei boiardi di stato

 

L’occupazione tedesca dopo l’8 settembre 1943 fu tragica non soltanto per le popolazioni vessate e per le civili abitazioni ma anche per le infrastrutture pubbliche, distrutte in modo capillare perché non potessero essere utilizzate dagli Alleati che risalendo la penisola dalla Sicilia li incalzavano senza concedere loro respiro. Gli italiani agli occhi dei tedeschi erano traditori due volte, li avevano tradito quando ruppero l’alleanza per schierarsi con gli alleati in occasione della prima guerra mondiale ed ora abbandonandoli non appena le aspettative di una vittoria si erano affievolite, di molto. Ma tutto il nostro risorgimento è stato contro l’Impero Austroungarico e, inoltre, solo Mussolini aveva creduto nella guerra lampo, a tal punto da dichiarare che gli bastavano qualche migliaia di morti per sedersi al tavolo dei vincitori. Molto più lungimirante il Caudillo di Spagna Francisco Franco che si rifiutò energicamente di entrare in guerra ed è morto di vecchiaia nel suo letto, senza finire appeso a un distributore di benzina. Ma soffermiamoci su quanto accadde nel nostro comprensorio.

I guastatori tedeschi ebbero l’ordine di demolire tutto il materiale rotabile che portava verso Roma, sia sulla direttiva di Cassino che su quella di Formia. Dietro di loro doveva restare il nulla. Nel 1975 il padre di chi scrive partecipò alla vendita pubblica disposta dalle Ferrovie dello Stato di un terreno sito in località Parchi a Minturno, una laterale della via per Castelforte che con la nuova toponomastica è dedicata a Carlo III di Borbone. Ebbene quel terreno ha una sua valenza storica, vi insisteva un casello ferroviario della linea Sparanise – Gaeta. Quando lo vidi per la prima volta non vi era traccia alcuna di un fabbricato e dove vi era – lateralmente – la linea ferroviaria era stato realizzato un canale di irrigazione dalla Bonifica che, successivamente, è stato soppresso facendo della striscia di terreno una lingua di terra di nessuno.

Testimoni oculari mi raccontarono che quando i tedeschi cominciarono a demolire la linea si dedicarono con estrema diligenza anche al casello. Gli abitanti del luogo, compreso il casellante e la sua famiglia, si erano rifugiati in collina, a Tufo di Minturno da dove assistettero alla distruzione. Al momento della distruzione videro il fabbricato salire verso il cielo e squarciarsi. Alcune masserizie, compreso i materassi, salirono verso il cielo più in alto dei resti del casello e ricaddero verso il suolo. Il pozzo realizzato a lato del casello stesso era scomparso, gli alberi da frutto parimenti, e di un gelso secolare annerito dal fumo era rimasto solo il tronco.

Con il tempo gli abitanti del luogo portarono via tutti i resti del caseggiato per riutilizzarli nelle riparazioni alle loro povere costruzioni tutte danneggiate. Il saccheggio fu capillare, non lasciarono nulla, se non la nuda terra, ma la forza della vita fu più forte della dinamite e il gelso riprese a fiorire e a dare i suoi frutti. Quello che avvenne in località Parchi si registrò per tutta la tratta ferroviaria. L’imponente realizzazione dei 25 Ponti a Gaeta, a ridosso del territorio itrano, fu rasa al suolo e 21 arcate franarono. Poi la ricostruzione. E poi la miopia di governanti e dei boiardi che hanno smantellato il tutto senza considerare che la diffusione capillare delle auto e dei trasporti su strade avrebbe portato alla paralisi del traffico in particolari momenti dell’anno e che non andava distrutto ciò che con fatica era stato ricostruito dopo la furia tedesca. Una frase recita “a Roma ciò che non fecero i barbari fecero i Barbarini”. Ma vale, purtroppo, per tutta la nostra amata Italia.