Il brigadiere Pinna si è suicidato, almeno, così dice l’esito delle indagini, ma qualcosa spinge l’ispettore Samuele Lorenzi a pensare che quella morte sia collegata con qualcos’altro, forse, all’incubo che fa tutte le notti di quella bambina nel pozzo. Un poliziesco da leggere tutto d’un fiato quello di Daniele Amitrano, il trentasettenne minturnese che nel 2016 ha esordito con il suo primo romanzo “Figli dello stesso fango”, ambientato nella città di Cicerone. Protagonista del giallo è l’ispettore di Polizia Lorenzi il quale viene chiamato da Torino per risolvere un caso in Ciociaria, il suicidio di un collega, il brigadiere Santino Pinna, trovato morto, nella sua Fiat Punto, in una campagna di Collemaseno. La vittima era da anni separato e aveva una figlia, Federica. Proprio quest’ultima aiuterà l’ispettore a capire chi è Sabrina, il nome scritto, ogni quatto del mese, sul calendario di Pinna, giorno in cui si è suicidato. Intanto da quando sono iniziate le indagini l’ispettore continua a fare sempre lo stesso incubo, di lui che, tornato bambino, corre con una bambina in un campo ma all’improvviso lei sparisce inghiottita da un pozzo, lui cerca di afferrarla ma sfugge e prima che il sogno svanisca, riesce a leggere una frase sulle pareti del vecchio pozzo “Voglio giustizia. Cerca il varco segreto”.  A complicare il caso un altro suicidio quello dell’appuntato Testa. I due suicidi sono collegati? Chi è Sabrina? Forse il suo incubo ricorrente è collegato al caso. Il segreto che si nasconde dietro gli inspiegabili suicidi dei due agenti andrà ben oltre le possibili ipotesi dei lettori. Oltre i due libri, l’autore ha pubblicato due raccolte di poesie tra il 2005 e il 2007 e ha vinto tre premi letterari nazionali con componimenti singoli.

Il libro è ispirato a storie e personaggi reali?

Si è ispirato a una storia di cronaca vera ma romanzata. Preferirei che il fatto di cronaca al quale mi ispiro, e che mi ha scosso in gioventù, fosse scoperto dai lettori.

Oltre alla passione per la scrittura sei un militare. Il mondo militare come quello religioso, tende a coprire la verità quando si tratta di abusi compiuti da qualcuno dei suoi membri, terribile esempio è il caso Cucchi, un muro di omertà che si erge gerarchicamente e svela il lato oscuro dell’Arma. Quanto è radicato questo atteggiamento?

Di certo la tendenza e l’obbligo alla riservatezza non aiutano la divulgazione di alcune tipologie di notizie. A volte giustamente, altre solo per coprire nefandezze.

Il libro si conclude con un altro brutto sogno, un nuovo caso per l’ispettore Lorenzi?

Il nuovo sogno lascia aperta una porta a un nuovo capitolo dell’ispettore Lorenzi, la trama è tutta in testa, devo solo svilupparla ma prima credo di concludere due lavori già avviati: uno riguarda la poesia e dovrebbe essere di imminente uscita, l’altro mi riporta nella mia terra, ma non posso dire altro, dico solo che sto raccogliendo informazioni.