Ogni generazione ha la sua battaglia da portare avanti per la tutela della piana della foce del Garigliano. La generazione precedente a chi scrive combatté la realizzazione della centrale nucleare, la mia per lo smantellamento della stessa ed ora per i quarantenni e i cinquantenni di oggi quella contro un’altra scelta che preoccupa. Una notizia che non avremmo mai voluto dare, organi di informazione anche nazionali hanno ampliato una notizia che preoccupa: il Tar di Latina ha dato il via libera nuovamente alla centrale a biogas in località Cava di Creta, nel territorio comunale di Minturno. La progettazione si riapre nonostante l’area individuata per la realizzazione dell’impianto sia posta a breve distanza dal comprensorio archeologico di Minturnae. La vicenda inizia nel settembre 2014, quando l’Alpha Consulenze presenta al Comune di Minturno il “Progetto di realizzazione un impianto di trattamento biologico e digestione anaerobica finalizzata alla produzione di biogas ed energia rinnovabile” in località Garigliano – Cava di Creta, a monte della Strada statale Variante Formia – Garigliano.

Il passo successivo è l’istanza di valutazione ambientale presentata alla Regione Lazio a marzo 2015. Le conferenze dei Servizi registrano pareri differenti: Le osservazioni prodotte dalla Provincia di Latina sono tutt’altro che positive, fatta eccezione per il quadro di riferimento progettuale. In compenso risultano “parzialmente idonei” il Quadro di Riferimento programmatico, i Criteri localizzativi, la Viabilità e traffico, l’Inquadramento suolo e sottosuolo, ma “non idonea” la Valutazione degli aspetti ambientali. Ad aprile 2016 del tutto negativo il parere espresso dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio e dell’Etruria Meridionale con due motivazioni: “il procedimento in atto di predisposizione degli elaborati per l’inserimento di Minturnae e della Via Appia Antica tra i siti Unesco attivato dal Mibact” e “la vicinanza dell’area individuata per l’impianto al perimetro dell’area demaniale (poco oltre i 200 metri in linea d’aria) e al contesto storico -archeologico costituito dalla stessa Via Appia, dalla città romana di Minturnae, dal fiume Garigliano e dal Ponte Borbonico”.

Un ulteriore motivazione, scrive ancora la Soprintendenza, è “la natura stessa dell’impianto, in palese contrasto con la destinazione dell’area” e “la necessità di salvaguardare le aree contermini come buffer – zone”. Quindi da una parte c’è il vincolo archeologico, dall’altra ci sono giustificazioni di carattere paesaggistico – ambientale, che per la Soprintendenza sono un ostacolo alla realizzazione dell’impianto. A luglio 2018 Gaia Pernarella, consigliere regionale del M5S, non ha dubbi: l’impianto avrebbe avuto ripercussioni anche sul traffico, dal momento che per il trasporto delle circa trentamila tonnellate di rifiuti organici all’anno sarebbero necessari almeno cinquemila camion. Nello stesso anno mentre la Regione Lazio indugia ogni competenza in materia passa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che nel gennaio 2019 decide “di non consentire la prosecuzione del procedimento di valutazione di impatto ambientale del progetto”.

A questo punto la Alpha Consulenze impugna la decisione ricorrendo al Tar, che il 30 gennaio 2020 annulla la delibera della Presidenza del Consiglio che aveva, di fatto, bloccato ogni possibilità di nascita della centrale a biogas. Spiegando, tra l’altro, che “è infondata l’affermazione dell’incompatibilità dell’impianto con la destinazione dell’area”, e che “l’area prescelta per la realizzazione dell’impianto è del tutto esente da alcuna forma di vincolo e forma di tutela rafforzata e risulta compatibile con tutti gli strumenti di pianificazione sia regionali che provinciali e comunali”. C’è anche un altro elemento sul quale si basa la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale: “il procedimento di dichiarazione dell’area come sito Unesco non risulta iniziato e non può rappresentare un impedimento ai fini della realizzazione dell’impianto della ricorrente”. La sentenza del Tar è una sconfitta per tutti i protagonisti: la Soprintendenza, che avrebbe elencato ragioni non veritiere e la Presidenza del Consiglio dei Ministri che avrebbe esercitato “eccesso di potere per omesso bilanciamento degli interessi coinvolti, difetto di istruttoria e carenza di motivazione”. A questo punto la Regione Lazio può riprendere l’iter per l’emissione del suo parere di valutazione di impatto ambientale, con la possibilità che la centrale biogas affacciata sul sito antico, alla fine, si faccia davvero.

Possono magistrati amministrativi giudicare e sindacare scelte della Presidenza del Consiglio dei Ministri? Se fosse una partita di calcio l’arbitro dovrebbe mostrare il cartellino rosso per intervento a gamba tesa con l’obiettivo di stendere l’avversario. Ma è un avversario il massimo organi di governo?  Gli impianti a biogas garantiscono realmente lo sviluppo economico, che producono energia e che servono per smaltire i rifiuti? Le perplessità ambientaliste: gli impianti a biogas estraggono il poco carbonio presente nella biomassa. In media circa il 50% diventa CO2, l’altro circa 50% CH4. Il complemento a 100 è costituito da altri gas. Tutto il processo di estrazione necessita di elevati costi energetici superiori al ricavo. Il fallimento energetico è mascherato dagli incentivi. Molte componenti degli impianti si comprano in Germania e quindi con i nostri incentivi garantiamo il loro sviluppo economico, non il nostro. Tali impianti, progettati per estrarre il biogas, non eliminano eventuali metalli pesanti o altri inquinanti o antibiotici, perché non sono progettati per smaltire rifiuti. È evidente: ciò che rimane digestato è ciò che entra nel digestore meno il carbonio organico, cioè quanto serve ai terreni agricoli deve esso è versato. L’Italia, dopo la Germania, ha investito molto nel biogas e produce l’1,1% del fabbisogno di energia. Decurtando i costi energetici si va in perdita. Basta osservare lo storico del dettaglio dei consumi elettrici diffusi da Terna per osservare che aumentano parallelamente all’aumento degli impianti a biogas. E il paesaggio non è tutelato nella carta costituzionale? E il patrimonio archeologico non appartiene all’intera collettività? E infine: gli impianti a biometano, biogas e biomasse non rappresentano la soluzione al problema dei rifiuti nella regione Lazio.

LA FILIERA DEL M5S SCENDE IN CAMPO COMPATTA CONTRO LA CENTRALE AL GARIGLIANO

È sceso in campo l’onorevole Raffaele Trano del M5S che osserva: “La presenza di beni culturali ai confini della Campania contrasta radicalmente con il progetto di realizzare una centrale a biogas. Esiste una relazione della Provincia di Latina che considera sfavorevolmente le emissioni odorigene che un impianto del genere potrebbe causare, considerando la vicinanza del teatro e della programmazione annuale degli spettacoli, nonché le attività ricettive e di produzione di prodotti tipici locali. È giunto il momento di dire chiaramente che tipo di sviluppo si immagina per quest’area, perché l’uno esclude l’altro. Se si vuole davvero rilanciarla non si possono tenere i piedi in due scarpe. Non è possibile lasciare sulle spalle di una sentenza della giustizia amministrativa, peraltro appellabile, la responsabilità di mettere in discussione la fruizione di un patrimonio che ha oltre duemila anni di storia.

Raffaele Trano

La concentrazione di una o addirittura più centrali, potrebbero bloccare per sempre il faticoso tentativo di risalire la china e restituire a questo territorio la sua forte identità culturale. Pertanto ho chiesto alla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio della Regione Lazio e alla sottosegretaria al Mibact Anna Laura Orrico del M5S ndr), ognuna per le proprie competenze, di appellare la sentenza del Tar, considerando anche i continui ritrovamenti archeologici. Ho sollecitato la ripresa dell’iter per l’inserimento del sito tra quelli classificati dall’Unesco ‘Patrimonio dell’Umanità’, di dare definizione ai progetti relativi alla Via Appia “Regina Viarum”, ma soprattutto procedere a valutare la possibilità di estendere il vincolo archeologico alle aree adiacenti il comprensorio, per un raggio pari almeno alla distanza tra lo stesso ed i resti dell’acquedotto romano, in tutte le direzioni (o anche oltre, naturalmente sulla base di valutazioni e pareri in primo luogo della Soprintendenza stessa), salvaguardando ovviamente le attività già esistenti”. Termina con un appello al governo cittadino: “Mi auguro che anche il sindaco di Minturno Gerardo Stefanelli e la sua amministrazione comunale prendano una posizione politica chiara sull’argomento. Gli attivisti del M5S di Minturno lo hanno già fatto da parecchio tempo!”

Anna Laura Orrico

 

COMPLESSO MONUMENTALE DELL’ANTICA MINTURNAE E DEL PASSO GARIGLIANO

Intervento del sindaco di Minturno Gerardo Stefanelli

Il sindaco del Comune di Minturno Gerardo Stefanelli con intima soddisfazione fa sapere di accogliere “con gioia la notizia dell’imminente inizio degli scavi archeologici nell’area del Castrum, a ridosso dell’antica Minturnae.(raffigurata con l’area gialla nella foto in alto che correda l’articolo). L’antica città romana infatti continua a sorprenderci. È di qualche giorno fa la notizia del rinvenimento di antiche tombe di epoca romana a ridosso della via Appia. L’amministrazione comunale ritiene necessario valorizzare tutta l’area a ridosso del Fiume, tanto è vero che con delibera di giunta ha chiesto l’istituzione del “Complesso monumentale dell’antica Minturnae e del Passo Garigliano” riteniamo infatti opportuno considerare come un ‘unicuum’ tutta l’area che dall’antico acquedotto si estende fino al Real Ponte Borbonico”. Quest’ultimo voluto dal sovrano di Napoli Francesco I e realizzato da Ferdinando II, suo figlio e successore sul trono.

Aggiunge Stefanelli: “In quell’ottica è stato predisposto un progetto che “ricuce” le diverse testimonianze storico-archeologiche presenti nell’area; progetto con cui ci siamo candidati ad un bando della Regione Lazio destinato alla valorizzazione dei luoghi della cultura. Purtroppo non siamo riusciti ad entrare nella graduatoria utile al finanziamento, ma ciò non toglie nulla alla bontà del progetto e alla volontà dell’amministrazione di investire per valorizzare tutta l’area, realizzando interventi sui diversi beni che vi sono ricompresi (teatro, antica Minturnae, Appia regina viarum, il Castrum, l’acquedotto, il cimitero inglese). Il nuovo impegno che prendiamo è di finanziare questo progetto con risorse del bilancio comunale”. Chi scrive si auspica che si giunga al recupero dell’anfiteatro romano, che ancora giace ricoperto da uno strato di terra, poco distante dall’area archeologica recintata.