Piccole sfere dorate, immerse nel miele e decorate con zuccherini colorati: gli struffoli sono uno dei dolci natalizi più amati del Sud Italia, soprattutto a Napoli, dove sono una tradizione irrinunciabile. Ma dietro la loro apparente semplicità si cela una storia affascinante, che affonda le radici in secoli di contaminazioni culturali, tra colonie greche, conventi e sapienza popolare.
Origini antiche: dalla Magna Grecia a Napoli
La teoria più accreditata fa risalire gli struffoli all’antica Grecia. Il nome deriverebbe dal termine greco strongoulos, che significa “di forma tondeggiante”, un chiaro riferimento alla forma delle palline fritte. Secondo alcune fonti, sarebbero stati introdotti a Napoli proprio dai Greci durante la colonizzazione della Magna Grecia. In effetti, dolci simili – come i loukoumades greci – esistono ancora oggi e presentano notevoli somiglianze: impasto dolce, frittura in olio e abbondante miele.
Gli struffoli, seppur tipici della Campania, hanno varianti in altre regioni del Sud. In Calabria e Basilicata sono noti come cicerata; in Sicilia, una versione simile prende il nome di pignolata. In Abruzzo, invece, si parla di cicerchiata. Nel Basso Lazio, ancora struffoli. Questi dolci condividono la stessa struttura: palline di pasta fritta, miele e decorazioni.
Un simbolo di festa e condivisione
Oltre al gusto, gli struffoli portano con sé un forte significato simbolico. Le palline, unite tra loro dal miele, rappresentano l’unità della famiglia, mentre il miele è simbolo di dolcezza e buon auspicio per l’anno che verrà. Prepararli insieme, in casa, è un rito collettivo che ancora oggi resiste al tempo e alle mode.
Gli struffoli sono molto più che un dolce. Sono memoria, cultura, gesto d’amore. Ogni Natale, sulle tavole napoletane e meridionali, raccontano una storia antichissima che parla di contaminazioni, sapienza artigianale e legami familiari. Piccoli, rotondi, dorati: gli struffoli sono il cuore del Natale del Sud.













