Ore 11:59 di lunedì 20 ottobre. Migliaia di giovani davanti al computer, la mano sul mouse e gli occhi fissi sull’orologio. Alle 12 in punto parte il click day per il Bonus Patente Autotrasporto, il contributo statale che promette fino a 2.500 euro per ottenere una patente professionale e un’opportunità concreta nel mondo del lavoro.
Nel giro di pochi minuti, le domande fioccano. Il sistema rallenta. Poi si blocca. Alcuni riescono a inviare tutto in tempo. Altri no. E nel tempo di un caffè, i fondi sono già finiti.
Benvenuti nel nuovo rituale digitale dell’incentivo pubblico italiano: il click day. Un meccanismo che trasforma un sussidio statale in una vera e propria competizione, dove a vincere non è chi ha più bisogno, ma chi è più veloce. O più fortunato.
Il Bonus Patente è nato con un obiettivo chiaro: colmare il vuoto lasciato dalla carenza cronica di conducenti nel settore dell’autotrasporto, uno dei comparti strategici ma più trascurati dell’economia italiana.
Cifre alla mano, mancano all’appello decine di migliaia di autisti. Troppi vanno in pensione, troppo pochi entrano nel settore. Non perché manchi l’interesse, ma perché ottenere le patenti necessarie — categorie C, D, e la CQC — costa. Tanto.
Parliamo di cifre che possono facilmente superare i 4.000 euro, tra corsi, visite mediche, guide e burocrazia.
Il voucher, quindi, arriva come una boccata d’ossigeno per tanti giovani tra i 18 e i 35 anni che, magari, non hanno intenzione di frequentare l’università, ma cercano una strada solida e concreta verso l’occupazione.
Cosa succede il giorno del click day bonus patenti
Ma come funziona davvero il click day?
Si apre una finestra online, una sola, in cui ogni utente può registrarsi sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, autenticarsi con SPID o CIE, e inviare la domanda per ottenere il voucher.
Il problema? I fondi sono limitati. Per il 2025, lo Stato ha messo sul piatto circa 4,7 milioni di euro. Una cifra che può sembrare alta, ma che — tradotta in contributi da massimo 2.500 euro — si esaurisce in fretta.
Molto in fretta.
Nel 2024, ad esempio, sono bastate tre ore per polverizzare 5 milioni di euro. Quest’anno la corsa è stata ancora più serrata.
Chi riesce a inviare tutto in tempo riceve un voucher digitale, spendibile presso autoscuole accreditate. Da lì, partono due countdown: 60 giorni per attivare il bonus presso l’autoscuola, e 18 mesi per conseguire la patente.
In teoria, l’idea del Bonus Patente è ottima. In pratica, però, si scontra con il limite strutturale di tutti i click day: la lotteria del tempo reale.
A essere premiato non è chi ha più motivazione o bisogno, ma chi ha una connessione migliore, un computer più rapido o semplicemente il dito più veloce sul mouse.
E il sistema non sempre regge. Si sono registrati rallentamenti, crash e utenti espulsi dalla piattaforma. Alcuni hanno rinunciato dopo diversi tentativi. Altri hanno fatto notare che chi è già in autoscuola dovrebbe essere prioritario, mentre oggi chiunque può partecipare, anche senza aver mai iniziato un corso.
Chi ci guadagna davvero con il bonus patenti?
Di sicuro, le autoscuole.
La misura ha portato una ventata d’aria nuova a un settore spesso stagnante, attirando centinaia di nuovi iscritti. Ma anche per loro il sistema a click day rappresenta un’arma a doppio taglio: gestire i voucher entro 60 giorni richiede organizzazione, trasparenza e rapidità. E non tutte ce l’hanno.
Chi ci guadagna dovrebbe essere il Paese, che in cambio del bonus si aspetta nuovi conducenti sulle strade. Ma quanti di questi giovani, una volta ottenuta la patente, decideranno davvero di lavorare nel trasporto pesante o nei bus di linea?
Il rischio è che, come spesso accade, il bonus diventi un fine più che un mezzo. O peggio: un’occasione sprecata.
Alla fine, il click day per il Bonus Patente è lo specchio di una più ampia tendenza italiana: trasformare misure potenzialmente efficaci in sfide a tempo, in cui il merito scivola dietro la velocità.
Una politica pubblica costruita su chi clicca prima, non su chi ha un progetto, un sogno o una necessità reale.
Eppure, l’idea che lo Stato investa in formazione professionale e favorisca l’ingresso dei giovani in settori cruciali come l’autotrasporto è una buona notizia.
Ma andrebbe sviluppata in modo più equo e strutturato. Magari con graduatorie, punteggi, fasi distribuite. Non tutto può essere ridotto a un countdown da videogioco.
Chi è riuscito a prendere il voucher ora ha 18 mesi per dimostrare che il bonus non è stato solo un clic veloce, ma l’inizio di un vero percorso.
Chi è rimasto fuori può solo sperare in una nuova finestra, nuovi fondi — o in un futuro in cui le opportunità non vengano distribuite con il cronometro alla mano.













