Formia – “Il ritratto”, la storia d’amore che si cela nell’immagine

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Formia – “Il ritratto”, la storia d’amore che si cela nell’immagine – Nel cuore del XIX secolo, nella marina di Castellone – oggi Formia – viveva Carlo de Ligny, più noto come il principe di Caposele. Questo gentiluomo possedeva una magnifica villa che si ergeva maestosa sul mare, un autentico scrigno di tesori archeologici di epoca romana. Tra questi spiccavano due Ninfei, il Maggiore e il Minore, autentico vanto della dimora. Uomo di rara generosità e spirito illuminato, il principe apriva il giardino della sua villa a chiunque desiderasse visitarlo, senza richiedere alcun compenso. Questo gesto attirava i numerosi viaggiatori del Grand Tour, che ammiravano i reperti, immortalavano le bellezze del luogo in disegni e dipinti e annotavano le loro impressioni nei taccuini di viaggio.

Al fianco del principe viveva sua figlia Olimpia, una giovane di straordinaria bellezza e grazia, che lo sosteneva in ogni sua attività. Alla morte del padre, Olimpia si trovò a gestire da sola l’intera proprietà. Pur oppressa da fatiche e difficoltà economiche, non ebbe il cuore di chiudere la villa al pubblico e continuò con coraggio a mantenerla viva, custodendo l’eredità paterna.

Nella primavera inoltrata del 1845, un giovane viaggiatore norvegese, Aleksander Eriksson, giunse a Castellone. Era un artista che, affascinato dalla storica via Appia, che da Roma conduceva a Brindisi, aveva deciso di percorrerla per lo meno fino a Napoli. Partito da Roma, dopo un viaggio in carrozza durato un’intera giornata, Aleksander trovò ristoro presso l’albergo Cicerone, deciso a proseguire verso Napoli il giorno seguente. Tuttavia, al risveglio, il profumo degli aranceti, la vista del mare scintillante e la quieta bellezza del luogo lo spinsero a prolungare la sosta.

Passeggiando per i dintorni, Aleksander si imbatté nel giardino della villa Caposele. Entrando, i suoi occhi furono catturati da una visione incantevole: una giovane donna, intenta a decorare l’ingresso della villa con fiori. Era Olimpia. La sua leggiadria e il suo sorriso magnetico lo lasciarono senza fiato. Olimpia, accortasi del viaggiatore, gli rivolse un dolce sorriso e, con spontanea cortesia, gli offrì una visita guidata alla villa e ai suoi giardini.

I due trascorsero la mattinata insieme, esplorando i siti archeologici e scambiandosi pensieri e impressioni. Olimpia, a sua volta, rimase colpita dall’eleganza e dai modi gentili di Aleksander. Al termine del giro, la giovane lo invitò a pranzo, un invito che Aleksander accettò con entusiasmo.

Dopo il convivio, Aleksander volle omaggiare Olimpia per la sua ospitalità. Propose di dipingerle un ritratto, con il mare che si apriva magnifico sullo sfondo della villa. L’idea riempì di gioia Olimpia, che acconsentì immediatamente. Aleksander si affrettò a tornare al suo alloggio per prendere tela, pennelli e colori, quindi rientrò con ardore. Nel primo pomeriggio, i due si posizionarono su una terrazza affacciata sul mare, e Olimpia, messa in posa, fu ritratta dall’artista.

La bellezza di Olimpia ispirò Aleksander a creare un’opera di straordinaria intensità, cogliendo con veridicità la grazia della giovane. Quando il dipinto fu completato, Aleksander lo donò a Olimpia, che lo accolse con emozione, incapace di trattenere la commozione. Poi, in un gesto di inaspettato coraggio, Olimpia si avvicinò e lo baciò lievemente sulla guancia, arrossendo per l’audacia. Aleksander, sorpreso ma felice, ricambiò il gesto con calore.

La giornata si concluse in un’atmosfera di serena felicità. Tuttavia, con il sopraggiungere della sera, Aleksander dovette prepararsi per la partenza. All’alba del giorno seguente, il suo viaggio verso Napoli lo attendeva. I due giovani si salutarono con un lungo abbraccio e dolci baci sulle guance, accompagnando il distacco con la promessa di rivedersi al ritorno di Aleksander.

Di quel ritorno, però, non si ebbero mai notizie. L’unica testimonianza di quel giorno speciale rimase il ritratto, che Olimpia fece incorniciare e collocare nel grande salone della villa, accanto ai ritratti del padre e degli antenati della famiglia. Una memoria silenziosa, testimone di un incontro fugace e intenso, avvolto nel mistero del tempo.

Questo breve racconto, pur dando l’impressione di essere reale, è frutto della mia immaginazione. L’ho scritto unicamente per dare un significato all’acquerello che ho scelto di dipingere.