Formia, Michele Graziosetto presenterà al centro anziani il saggio storico 1919: i segni della modernità

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Augusto Ciccolella, Presidente del Centro anziani di Formia in via Sarinola, comunica che VENERDI 5 SETTEMBRE ALLE ORE 18.00 ci sarà un incontro con Michele Graziosetto, autore del saggio storico: “1919: i segni della
modernità”, che a breve sarà pubblicato dall’Editore Caramanica. Nell’occasione ai presenti sarà offerta una dolce pausa caffè. Il saggio discute gli avvenimenti accaduti nel solo 1919, un periodo contrassegnato da fatti di
straordinaria violenza ma anche da innovative proposte culturali, di fronte alle quali si misurarono
intellettuali e politici di straordinaria competenza scientifica.

Ma è anche l’anno post guerra in cui si
intrecciarono, negli oscuri meandri dei poteri economici e politici, le tante trame di rivoluzioni
annunciate e non realizzate, stravolgimenti culturali delle istituzioni che li producevano, come le
scuole, le università, le riforme politiche le più elettrizzanti come il voto alle donne in un nuovo
sistema elettorale, che non sarebbe più stato maggioritario bensì proporzionale, la creazione di
nuovi partiti, le riforme del fisco e della distribuzione delle terre incolte e l’azionariato operaistico
nelle fabbriche.
Ancora non è scattata –nel 1919 – l’ora dell’atmosfera di ‘sopruso’, sopraffazione, di violenza fisica
e del dramma collettivo delle uccisioni di personaggi politici o dei civili impegnati nel sociale o di
sacerdoti, con conseguenze incancellabili per la storia del nostro Paese.


Ma l’importante nello scorrere delle pagine è leggere e intuire un’atmosfera di speranza, di
cambiare democraticamente la società che la guerra aveva cambiato, perché nei quattro anni prima
del conflitto le donne erano bloccate in casa e in casi eccezionali impegnati negli studi o nel
giornalismo o nelle attività mediche, gli uomini invece “delegati” al lavoro, quando ce n’era, e a
svolgere ogni attività nella società. Nel periodo dei quattro anni, 1915-1918, con gli uomini al
fronte, cambia tutto.
Si mescolano nelle trincee i cittadini di ogni parte d’Italia al fronte, per la prima volta si conosce
una comunità nazionale, in qualche modo cadono barriere linguistiche, sociali, comportamentali. Le
donne sostituiscono gli uomini dove e come possono.


Cambiano gli stili di vita. Con lo viluppo della macchina, con l’industrializzazione, con la frenesia
del nuovo, anche le coscienze cambiano perché percepiscono che ci sono altre realtà e diversi modi
da vivere in allegria: arte, poesia, musica, cinema, moda, giornalismo, teatro, diventano nuovi beni
non soltanto per i cosiddetti “signori”, ma anche per le “signore”, con conseguenze straordinarie
nelle famiglie, nei vari gruppi sociali e/o nei partiti. Quattro imperi sono stati distrutti, uno di questo
ha realizzato la rivoluzione dei Soviet, ovvero il popolo ha liquidato fisicamente la monarchia e ha
deliberato uno nuovo modo di concepirei rapporti sociali ed economici. Il vento della rivoluzione
crea il mito del cambiamento.
L’autore tenta di scrutare le varie zone grigie dell’epoca presa in esame, con un solo accenno al
1920, quando di fatto i due partiti vincitori della competizione elettorale non furono in grado di
capire o furono fuorviati dal capire che il passaggio politico da un sistema parlamentare
conservatore-moderato ad democratico aveva bisogno di mediazione e di rigore e fermezza di
propositi, ma non nelle modifiche dell’organizzazione economica e sociale, bensì nel mantenere
l’ordine pubblico contro ogni illegalità. Con la conseguenza che una maggioranza politica, sia nel
Paese che nel Parlamento di circa il 70%, progressivamente rinunciando all’esercizio del proprio
autentico potere, vide sgretolarsi – per le lotte e le gabbie ideologiche tra i partiti – l’intero edificio
statuale nato nel lungo, faticoso processo risorgimentale.