Alcune associazioni ecologiste e sociali hanno deciso che si è perso molto tempo in questi anni in termini di tutela ambientale e quindi hanno predisposto un esposto da presentare alla Procura della Repubblica di Cassino. Fanno presente ai magistrati che il Torrente Pontone o Rio d’Itri (superficie di 55,03 Kmq e una lunghezza di 14 Km) è uno dei bacini drenanti (unitamente al Rio Santacroce e al Rio Capo D’Acqua) dell’area sensibile del Golfo di Gaeta individuata con delibera della Regione Lazio n.116 del 2010 in attuazione delle direttive CCE sulla tutela delle acque e del Dlgs 152/2006 (Codice dell’Ambiente). Le aree sensibili sono soggette a particolare attenzione in quanto esposte a forti pressioni derivanti da attività eutrofizzanti e a rischio di inquinamento da inquinanti organici e inorganici che si riversano nelle falde acquifere e nel mare attraverso i sopracitati bacini drenanti. In virtù delle sopracitate pressioni e in attuazione da quanto previsto dal Codice dell’Ambiente i fiumi, i rii e i fossi che afferiscono alla sopraindicata area sensibile devono essere opportunamente censiti e monitorati al fine di assicurare che non convoglino nell’area sensibile inquinanti che ne possano compromettere ulteriormente il suo stato di eutrofizzazione.

Raffaele Trano nella discarica

Le associazioni aderenti al comitato intendono presentare regolare esposto e chiedono alla Procura della Repubblica del Tribunale di Cassino di indagare: sullo stato di “anonimato” della discarica di via Calabretto di Itri e di valutarne, oltre il danno alla salute e alla salubrità della zona di Calabretto medesima, il danno ambientale apportato sia come inquinamento del terreno, delle falde acquifere afferenti al bacino idrico e del mare; di valutare il danno di omessa bonifica anche come pericolo in vista delle precipitazioni che, alimentando copiosamente il Torrente Pontone, possono diventare portatrici di forte inquinamento delle falde acquifere e del mare; di accertare se tutte le prescrizioni, i provvedimenti e i controlli prescritti dalla normativa regionale e dal Codice dell’Ambiente per prevenire l’inquinamento dell’area sensibile del Golfo di Gaeta siano stati attuati da parte degli enti pubblici e dei gestori del Sistema Idrico Integrato relativamente al Torrente Pontone; di accertare se tutte le prescrizioni, i provvedimenti e i controlli prescritti dalla normativa regionale e dal Codice dell’Ambiente per prevenire l’inquinamento dell’area sensibile del Golfo di Gaeta siano stati attuati relativamente all’intero bacino idrografico ad essa afferente, con particolare riferimento agli impianti di trattamento delle acque reflue pubbliche e private (industriali), al censimento degli scarichi abusivi che eventualmente afferiscono ai bacini idrici o direttamente in mare. In questo modo nelle mani dei magistrati della Procura della Repubblica di Cassino viene affidato un tema ambientale di una delicatezza e di una gravità assoluta. Dovere della stampa seguire l’evoluzione della vicenda.

ANNI NEI QUALI SI POTEVA FARE E NON SI E’ FATTO IN TERMINI DI TUTELA AMBIENTALE A ITRI

È bene ricordare quanto il tutto sia stato inevaso in questi anni: al fine di pervenire e ridurre l’inquinamento delle acque del Golfo di Gaeta i Comuni ricadenti nell’area sensibile e nel bacino drenante, dovevano entro 12 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento regionale (ovvero entro il 2012), individuare gli scarichi non depurati che confluiscono in o nei fossi, torrenti e rii ad esso afferenti affinché vengano intercettati o da rete fognaria o adeguatamente trattati. Il bacino drenante del Torrente Pontone o Rio d’Itri interessa il Comune di Itri all’interno del quale la discarica abusiva di via Calabretto sversa sostanze inquinanti non ancora classificate nell’alveo del Torrente Pontone (almeno a far data dal 2008 stante le foto satellitari esistenti), quello della discarica di via Calabretto è una delle molteplici cause che hanno portato allo stato attuale di degrado e di inquinamento del Torrente Pontone, come ben conclamato nella conferenza dei Sindaci già nella riunione dell’8 gennaio 2016 (immissione di acque reflue, reflui di frantoi, immissioni abusive, ecc.), fino a indurre il sindaco di Formia Sandro Bartolomeo a una formale denuncia – querela contro ignoti per i reati di inquinamento e disastro ambientale (legge n. 68, 22 maggio 2015, artt. 452 bis, 452 quater).

Il Torrente Pontone, come molti torrenti abbandonati a se stessi, è stato protagonista di violente esondazioni inquinanti, devastanti e mortali. Il cratere torrentizio del Rio d’Itri alterna annualmente periodi annuali di secca (ad esempio in estate, ovvero in coincidenza di maggiore affollamento) in cui gli sversamenti inquinanti si accumulano sul suo letto e lungo gli argini consentendo la loro lenta ma inarrestabile infiltrazione nel terreno. In questi periodi e, vista la decennale frequenza del fenomeno, è verosimile ipotizzare che tali infiltrazioni possano raggiungere le falde acquifere e in, particolare, quelle dei pozzi del sito denominato dei “25 Ponti” poco distanti dal percorso di detto rio. Nei periodi di maggiore piovosità, invece, gli sversamenti e gli inquinanti vengono trasportati, anche in modo violento, fino alla foce e quindi immessi nel mare aumentandone la già preoccupante eutrofizzazione e inquinamento. Il Comitato di denuncia incalza e fa presente che sulla via Calabretto, ovvero a ridosso degli argini del torrente, opera l’impianto di trattamento delle acque reflue di Itri, ristrutturato nel 2012 e gestito da Acqualatina, di cui non è dato sapere se le emissioni dell’impianto, che finirebbero nel torrente, soddisfano gli standard previsti dalla sopracitata norma regionale, ovvero soddisfino i limiti indicati nella tabella 2 dell’allegato 5 della parte Terza del Codice dell’Ambiente; la recente tradizione popolare, per quello che può valere, indica il Torrente Pontone o Rio d’Itri, come Torrente della Morte, proprio in virtù dei tanti episodi tra cui quelli fin qui citati. Considerato, inoltre, che a meno di più gravi inadempienze, se fossero state rispettate le prescrizioni di legge a tutela dell’area sensibile del Golfo di Gaeta non sarebbe stato possibile per la discarica di via Calabretto non essere censita e, quindi, essere oggetto dei doverosi provvedimenti di tutela ambientale e, in particolare, di bonifica.

Tale censimento avrebbe altresì impedito che restassero anonimi gli “inquinatori”, ignote le fonti di inquinamento e “inconsapevoli” i proprietari del terreno. Sempre in via Calabretto, inoltre, esiste una discarica adiacente a quella in cui si sono verificati i fatti denunciati con la presente, posta sotto sequestro dai Carabinieri Forestali nel 2017 e, per quello che risulta, non ancora bonificati. La pochezza dei lavori intrapresi per la pulizia e la bonifica del Torrente Pontone non solo sono evidentemente e grandemente insufficienti ma vogliono apparire una misura “tampone”, una “pezza” all’urgenza e alla necessità di mettere in sicurezza e bonificare il Torrente Pontone. Gli interventi ripetuti dei Vigili del Fuoco anche con impiego massiccio di uomini e mezzi non sono riusciti a fermare le “fumarole” della discarica che rendono l’aria circostante tanto irrespirabile quanto minacciosa per la salute. Non risultano emesse ordinanze da parte del sindaco a seguito delle ispezioni dei Vigili del Fuoco e dell’ASL di Latina (risulta un unico intervento che ha ricoperto l’area della discarica con sabbia e terra per un spessore considerevole con l’intento di fermare la combustione dovuta verosimilmente alle reazioni chimiche esotermiche dei materiali inquinanti  ma senza riuscire nell’intento e riuscendo, in questo modo, secondo esperti qualificati, a inquinare la terra e la sabbia depositata che ora dovranno essere, a loro volta, bonificate. La bonifica dei siti inquinanti e inquinati (Dlgs. 152/2006 titolo V parte IV) è attività attinente allo sviluppo economico, all’assetto paesaggistico e urbanistico del territorio a alla difesa del suolo (Corte Cost. 1992, n.66, in Giur. Cost. 1992, p.362) che nel caso dell’Area Sensibile è un’attività prioritaria che coinvolge le popolazioni, il paesaggio e l’ambiente dell’intero Golfo di Gaeta, ovvero il mare e questo sia che si tratti di siti potenzialmente inquinanti (art.240 comma 1, lettera c del 152/2006) sia di siti contaminati.

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