Minturno verso le prossime elezioni comunali: probabili candidati ai nastri di partenza

Dopo oltre un decennio di stabilità amministrativa sotto la guida di Gerardo Stefanelli, la città si prepara a un’elezione complessa

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Minturno verso le prossime elezioni comunali: probabili ai nastri di partenza – La Città di Minturno – Medaglia d’Oro al Merito Civile – proviene da oltre dieci anni di “Pax romana” garantita da Gerardo Stefanelli. Un politico scaltro e preparato che ha imparato la technè di ellenica memoria da un grande politico navigato che era Michele Forte, esponente dell’UDC, piccolo partito di centro che era l’ago della bilancia degli equilibri politici. Portandolo ad essere senatore della Repubblica e poi presidente del consiglio provinciale di Latina. Il sindaco Gerardo Stefanelli non poteva avere maestro migliore. L’esperienza di sindaco è iniziata nella primavera 2016 e confermata nel 2021. Grazie alle proroghe nel corso dell’epidemia covid dovrà passare il testimone nella primavera 2027, tra quindici mesi, non essendo possibile superare i due mandati consecutivi.

A meno che non si dimetta facendo subentrare un commissario prefettizio per poi ricandidarsi a norma delle leggi elettorali. Comunque Minturno non è un comune dove le elezioni scorrono leggere. Qui il voto lascia sempre una traccia, un’eco lunga che si ripresenta, anno dopo anno, sotto forma di relazioni, rivalità, fedeltà politiche e sorprendenti ricomposizioni. È così che, avvicinandosi alle amministrative del 2027, il risultato del 2021 torna a essere più che un semplice precedente: diventa una lente con cui osservare ciò che potrebbe accadere, un serbatoio di informazioni da cui estrarre segnali, tendenze e possibili traiettorie future. Le cifre del 2021 — 20.138 elettori, 13.057 votanti, pari al 64,84% di affluenza — non sono fredde statistiche, ma il ritratto di una comunità politicamente partecipe. Nonostante la complessità del quadro nazionale, Minturno si confermò un luogo dove la politica locale contava più delle appartenenze ideologiche, più delle bandiere di partito, più delle dinamiche romane.

A parlare, allora come oggi, furono soprattutto le liste civiche. La vittoria del sindaco Gerardo Stefanelli nel 2021, con 7.747 voti, fu il risultato più evidente della centralità del civismo nella vita politica del comune. La sua coalizione era un mosaico composito, molto ampio e quasi completamente sganciato dai partiti nazionali, fatta eccezione per il Partito Democratico, al quale inizialmente apparteneva, per poi seguire Matteo Renzi, in Italia Viva. Le liste che lo sostennero furono cinque, tutte rilevanti nella loro specificità: Città Futura – 2.077 voti, la lista con il traino più forte e diffuso, capace di intercettare consensi trasversali; Minturno 2030 – 1.813 voti, espressione di un’area civica dinamica e proiettata alla modernizzazione del territorio; Idee e Legalità– 1.647 voti, lista costruita su temi identitari; Partito Democratico – 1.288 voti, l’unica forza di partito nella coalizione, importante più per il ruolo politico che per il peso numerico; Insieme per Minturno – 1.183 voti, lista che diede ulteriore volume a un progetto già solido.

La somma di questi voti racconta una storia precisa: nel 2021 Minturno scelse un sindaco, non un partito. Scelse un sistema di relazioni, un’idea di amministrazione più che un’ideologia. Ma nel 2027, questo modello potrà reggere sotto uno stesso nome? O si troverà a fare i conti con una naturale dispersione delle forze civiche, sempre volatili per definizione? La domanda è tutt’altro che secondaria. Se Stefanelli non potrà ricandidarsi, molte liste civiche potrebbero ritrovarsi spontaneamente attorno alla sua figura. Ma se così non fosse — o se alcune componenti dovessero considerare concluso quel ciclo — l’assetto si aprirebbe a nuovi scenari, forse imprevedibili, e soprattutto a nuove leadership. Il civismo, a Minturno, è una forza enorme. Ma, come tutte le forze prive di una struttura gerarchica stabile, è anche fragile, mutevole, dipendente dal contesto e dalle persone più che dai simboli. Sul versante opposto, il centrodestra nel 2021 mostrò tutte le sue criticità. Due candidati, due coalizioni, due storie parallele che finirono per indebolirsi a vicenda.

Giuseppe “Pino” D’Amici, sostenuto da un blocco composto da quattro liste, ottenne 3.154 voti, con lui Fratelli d’Italia – 1.266 voti, la lista trainante dell’intero centrodestra; Minturno Domani – 676 voti, un tentativo civico che non riuscì a decollare del tutto; D’Amici Sindaco – 392 voti, lista personale dal peso simbolico più che numerico; Minturno Libera – 318 voti, un contributo aggiuntivo, ma insufficiente per recuperare terreno. In parallelo, Massimo Moni, da sempre appoggiato dal compianto leader Romolo Del Balzo, era sostenuto dalla Lega, raccolse 1.867 voti, incardinati quasi interamente nella sua lista principale: Lega Salvini Premier – 1.259 voti, Lista Galasso – 330 voti. Il quadro era chiaro: un centrodestra frammentato, incapace di aggregare le sue diverse componenti. Fratelli d’Italia mostrò una certa solidità, mentre la Lega si rivelò forte soltanto nel proprio bacino tradizionale, senza tuttavia riuscire a intercettare il voto civico.

Il dato politico che proietta le conseguenze fino al 2027 è semplice: se il centrodestra non arriva unito, parte svantaggiato. Ma se, invece, riuscisse a compattarsi attorno a un solo candidato e a una coalizione ordinata, la partita tornerebbe ad aprirsi. In molti comuni italiani — soprattutto quelli di medie dimensioni — la maturazione del centrodestra passa proprio da qui: dalla capacità di superare personalismi e micro-liste che diluiscono il consenso. Minturno non fa eccezione. Il Partito Democratico, con i suoi 1.288 voti nel 2021, fu parte integrante ma non centrale del successo di Stefanelli. E ora, guardando al 2026, il PD si trova davanti a una scelta strategica non semplice: continuare nel ruolo di forza strutturale all’interno di un contenitore civico, oppure ambire a un ruolo più marcato, magari chiedendo maggiore visibilità politica o addirittura una candidatura propria?

Molto dipende dal rapporto con le liste civiche e dal giudizio sull’amministrazione uscente. Un PD soddisfatto potrebbe favorire la continuità. Un PD più critico, invece, potrebbe spingere per un ripensamento dell’assetto. In entrambi i casi, il suo peso non è secondario: non numericamente decisivo, ma politicamente indispensabile. Minturno è un comune dove le liste civiche non sono un contorno: sono la politica, almeno nella sua forma più vitale. Il 2021 lo dimostrò con chiarezza: senza le civiche, nessuna coalizione — né quella di Stefanelli, né quella di D’Amici — avrebbe avuto alcuna consistenza. Guardando al 2027, proprio le liste civiche saranno l’elemento più imprevedibile. Potrebbero: ricomporsi in grandi contenitori; frammentarsi in nuove sigle; allearsi ai partiti nazionali; dare vita a nuove figure di riferimento. Le civiche sono numeri, certo.

Elezioni a Minturno, riflessioni e dati

Ma sono soprattutto reti di relazioni: se restano solide, portano voti; se si indeboliscono, i voti evaporano. E il 2027 sarà, in questo senso, un anno cruciale. Minturno si avvicina al 2027 con un quadro completamente aperto. Vi sono già sei candidati in pectore: il direttore amministrativo scolastico e sindacalista Pier Nicandro D’Acunto (PD), l’avvocato Mino Bembo (Indipendente), Maresciallo della Guardia Costiera Vincenzo Fedele (Fratelli d’Italia) a meno che non aspiri alla presidenza di un importante parco regionale, il vice sindaco in carica Elisa Venturo (che ha maturato una profonda conoscenza della macchina amministrativa – unica donna che può aspirare alla carica di primo cittadino), il dipendente pubblico ASL di Latina Giuseppe Tomao, il dipendente postale Massimo Moni (Lega).

Non esiste un favorito naturale. Non esiste una coalizione già pronta. Non esiste un candidato inevitabile. Esiste però un dato di fondo che guida ogni riflessione: il 2027 non sarà la copia del 2021, ma la sua evoluzione naturale. Il civismo dovrà dimostrare di essere ancora unito e credibile. Il centrodestra dovrà decidere se affrontare la sfida come blocco compatto o come somma di individualità. Il PD dovrà ridefinire il proprio ruolo. Le liste civiche, infine, decideranno quali scenari rendere possibili. Minturno, come sempre, non sceglierà solo un sindaco. Sceglierà un equilibrio, un’identità politica, un modo di interpretare la vita amministrativa dei prossimi anni. E il 2027, per questo, sarà molto più di un’altra elezione: sarà un passaggio di maturazione per tutta la comunità politica locale. In tal senso l’avvocato Pino D’Amici, consigliere comunale e già candidato sindaco, ha dichiarato: “la mia posizione è chiara sin d’ora: se non troviamo una sintesi, non ho alcuna intenzione di mettermi in discussione”.