
Un autovelox non omologato può comunque far scattare una multa per eccesso di velocità, se è stato approvato dal Ministero dei Trasporti. A sancirlo è una recente decisione del Tribunale di Bologna, che ha respinto l’appello di un cittadino sanzionato per aver superato i limiti su un tratto urbano con limite di 50 km/h, percorrendolo invece a 67 km/h. L’automobilista aveva puntato tutto sull’irregolarità formale dell’apparecchio: secondo la sua tesi, lo strumento utilizzato per il rilevamento non essendo “omologato”, ma soltanto “approvato”, avrebbe reso nullo il verbale. Una distinzione tecnica, ma sempre più centrale nelle contestazioni di multe per eccesso di velocità.
La giudice Alessandra Cardarelli, però, ha scelto un’interpretazione diversa: secondo il Tribunale di Bologna, approvazione e omologazione devono essere considerati sullo stesso piano. Nella sentenza si richiama l’articolo 201 del Codice della Strada, che parla espressamente di apparecchiature “omologate ovvero approvate”, suggerendo che il legislatore abbia volutamente riconosciuto pari valore a entrambe le procedure.
Contrasti giurisprudenziali
La pronuncia bolognese si inserisce in un contesto giuridico non privo di ambiguità. La Corte di Cassazione, in alcune recenti sentenze, ha invece tracciato una linea di demarcazione tra le due procedure, ritenendo che la semplice approvazione non basti, in mancanza di una formale omologazione, a legittimare l’uso dell’autovelox per fini sanzionatori. Il Tribunale emiliano sceglie però di seguire l’orientamento opposto, riconoscendo piena validità al verbale e ritenendo che la distinzione tra approvazione e omologazione, pur esistente, non infici l’efficacia del rilevamento, salvo che venga dimostrato un malfunzionamento o un uso scorretto del dispositivo.
La prova del malfunzionamento spetta al conducente
Un ulteriore elemento messo in luce dalla sentenza riguarda l’onere della prova. Anche qualora si volesse dare seguito all’interpretazione più rigida — quella che distingue nettamente i due procedimenti tecnici — il conducente, per ottenere l’annullamento della sanzione, dovrebbe comunque dimostrare il malfunzionamento dell’apparecchio o fornire una contestazione dettagliata dei fatti rilevati. Nel caso specifico, l’appellante non ha mai negato di aver percorso il tratto di strada indicato né ha messo in discussione la velocità rilevata. Questo ha portato il Tribunale a confermare la sanzione, in assenza di elementi concreti che ne dimostrassero l’invalidità.
Impatti e prospettive
La decisione del Tribunale di Bologna potrebbe avere ricadute significative per le amministrazioni locali e per i tanti automobilisti che, negli ultimi anni, hanno cercato di contestare le multe puntando proprio sulla presunta irregolarità degli strumenti di rilevazione. Resta comunque aperta la questione di un’armonizzazione giurisprudenziale. Le interpretazioni difformi tra giudici di merito e Suprema Corte potrebbero infatti rendere necessario un nuovo intervento chiarificatore, normativo o giurisprudenziale, per evitare che ogni tribunale finisca per decidere in autonomia su una materia tanto delicata quanto diffusa.
Nel frattempo, una cosa è certa: chi supera i limiti di velocità farebbe bene a non confidare troppo su cavilli tecnici. Anche gli autovelox “solo approvati”, almeno a Bologna, fanno pienamente fede.












