
Per anni, il mondo agricolo ha vissuto un dilemma apparentemente insanabile: destinare i preziosi terreni alla produzione di cibo o alla generazione di energia? Un conflitto tra vocazione alimentare e necessità energetica che sembrava mettere in competizione due pilastri fondamentali per il futuro del Paese. Oggi, questa contrapposizione viene superata da un approccio innovativo e sinergico che sta rapidamente guadagnando terreno in Italia: l’agrivoltaico. Non più una scelta tra “coltivare” o “produrre energia”, ma la possibilità concreta di fare entrambe le cose, sullo stesso suolo, in un equilibrio che genera valore sia per l’impresa agricola che per l’ambiente.
Il concetto alla base dell’agrivoltaico è tanto semplice quanto rivoluzionario. Invece di ricoprire il terreno con pannelli a bassa quota, come avviene nei parchi fotovoltaici tradizionali che di fatto “sigillano” il suolo, i moduli vengono installati su strutture sopraelevate. Questa altezza permette il passaggio di macchinari agricoli e lo svolgimento delle normali attività colturali al di sotto, creando un doppio livello di utilizzo del suolo. Si tratta di un cambio di paradigma che trasforma il rapporto tra agricoltura ed energia rinnovabile da competitivo a collaborativo. Il modello economico che ne deriva è altrettanto potente, basandosi su un doppio flusso di reddito: quello derivante dalla vendita dei prodotti agricoli e quello generato dalla cessione dell’energia elettrica prodotta. Per comprendere a fondo il potenziale economico di questa e altre forme di valorizzazione del terreno, segnaliamo che in questo approfondimento di sunpark.it vengono analizzati i fattori che determinano la redditività di un appezzamento agricolo nel contesto energetico attuale.
I benefici di questo approccio integrato vanno ben oltre il semplice aspetto economico, incidendo profondamente sulla stessa pratica agricola, soprattutto in un’era segnata dagli effetti del cambiamento climatico. Le strutture fotovoltaiche creano un microclima particolare al di sotto di esse. L’ombreggiamento parziale offerto dai pannelli riduce l’evapotraspirazione del terreno e lo stress idrico per le piante, portando a un significativo risparmio di acqua per l’irrigazione, una risorsa sempre più preziosa. Allo stesso tempo, le colture sono protette dall’eccessiva insolazione nei mesi più caldi e da eventi meteorologici estremi come le grandinate.
Non tutte le colture si adattano allo stesso modo, e la ricerca agronomica sta lavorando per identificare le migliori sinergie. Specie che prediligono l’ombra parziale, come ortaggi a foglia, piccoli frutti, erbe officinali e diverse tipologie di foraggio per l’allevamento, hanno mostrato risultati eccellenti. In alcuni casi, la qualità stessa del raccolto è migliorata, grazie a un ambiente di crescita meno stressante. La sfida è ora quella di ottimizzare il design degli impianti (distanza tra i filari, altezza e inclinazione dei moduli, utilizzo di pannelli semi-trasparenti) per adattarlo alle esigenze specifiche di colture più tradizionali.
Dal punto di vista energetico, l’agrivoltaico risolve uno dei problemi più sentiti per lo sviluppo delle rinnovabili in Italia: il consumo di suolo. Anziché sottrarre terreni fertili alla produzione alimentare, li valorizza, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione senza entrare in conflitto con il settore primario. Anzi, si è osservato che il processo di traspirazione delle piante sottostanti può generare un leggero effetto di raffreddamento sui pannelli fotovoltaici, aumentandone l’efficienza di conversione energetica.
Il governo italiano ha riconosciuto l’enorme potenziale di questa tecnologia, inserendola tra gli assi strategici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dedicandole specifici decreti e linee guida. L’obiettivo è promuovere un “agrivoltaico avanzato”, che non si limiti alla semplice coesistenza, ma garantisca una vera integrazione e un mantenimento della continuità dell’attività agricola come principale. Le normative incentivano soluzioni che monitorano l’impatto sul terreno, che utilizzano tecnologie innovative (come i pannelli a inseguimento solare o bifacciali) e che dimostrano un effettivo vantaggio sia per la produzione agricola che per quella energetica.
Le sfide, naturalmente, non mancano. L’investimento iniziale per un impianto agrivoltaico è superiore a quello di un impianto a terra tradizionale, a causa della complessità delle strutture di sostegno. Richiede inoltre una progettazione multidisciplinare, che metta insieme competenze ingegneristiche, agronomiche ed energetiche. Anche l’iter autorizzativo può essere complesso, richiedendo un’attenta valutazione dell’impatto paesaggistico.
Tuttavia, la traiettoria è chiara. L’agrivoltaico non è più una nicchia sperimentale, ma una soluzione matura destinata a ridisegnare il paesaggio rurale italiano. Rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la redditività e la resilienza delle aziende agricole, offrendo loro una diversificazione del reddito e una maggiore protezione contro le incertezze del clima e del mercato. È, in definitiva, un investimento sul futuro che tiene insieme la tradizione agricola del nostro Paese e l’ineludibile necessità della transizione energetica, dimostrando che la terra può nutrire e, allo stesso tempo, dare energia al nostro domani.












