Cara vecchia Polaroid: tra costume e arte

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Nata come strumento di consumo e d’uso familiare, la Polaroid è diventata negli anni un mezzo artistico autonomo, capace di affascinare grandi nomi della fotografia e dell’arte contemporanea italiana. Tra chimica, intuizione e rapidità, la fotografia istantanea ha saputo ispirare poetiche visive e linguaggi sperimentali, lasciando il segno nel panorama creativo del secondo Novecento.

Luigi Ghirri, maestro della fotografia concettuale, ha utilizzato la Polaroid come quaderno di appunti visivi, cogliendo frammenti di quotidianità con l’occhio disincantato dell’osservatore filosofico. Simile l’approccio di Nino Migliori, che ha usato l’istantanea per sperimentare manipolazioni materiche, andando oltre la semplice immagine per restituire emozioni e stratificazioni di senso.

Franco Fontana, noto per i suoi paesaggi saturi e geometrici, ha amato la Polaroid per la sua immediatezza, facendone uno strumento d’indagine cromatica. E ancora Paolo Gioli, tra i più radicali nel rielaborare il mezzo: con la Polaroid ha portato avanti una ricerca visiva corpo-materia, intervenendo fisicamente sulla pellicola e trasformandola in pittura.

Figura emblematica della Polaroid in Italia è Maurizio Galimberti, che ha elevato l’istantanea a linguaggio strutturato: mosaici fotografici, ritratti scomposti, città ricomposte in geometrie dinamiche. Il suo lavoro ha segnato un punto di congiunzione tra fotografia, pittura e architettura.

Anche nell’ambito della Pop Art italiana, la Polaroid è entrata come oggetto e mezzo creativo: Mario Schifano l’ha impiegata nei suoi processi visivi, tra dipinti e video, mentre Franco Angeli, pur meno legato direttamente all’istantanea, ne ha condiviso lo spirito veloce e ripetibile, utile per un’arte urbana e simbolica.

In tutti questi artisti, la fotografia istantanea non è solo un mezzo tecnico, ma diventa forma, gesto, pensiero. Un piccolo quadrato che racchiude tempo, visione e poesia.