Nel vasto panorama dell’arte italiana del Novecento, la figura di Maria Palliggiano emerge come una voce intensa e silenziosa, appartata ma non per questo meno significativa. Nata a Napoli, attiva a partire dagli anni ’50 e ’60, la sua produzione pittorica è oggi oggetto di una rinnovata attenzione da parte di studiosi e appassionati che ne riconoscono il valore e la singolarità espressiva. Sulla sua figura, il libro di Silvana Maja “Ossidiana”, Edizioni Tracce, da cui l’omonimo film (Silvana Maja come regista).
Palliggiano si inserisce in un contesto in cui la pittura italiana cercava nuove strade tra figurazione e astrazione, tra eredità classica e sperimentazione contemporanea. In questo scenario, la sua opera si caratterizza per un linguaggio personale, intimo e spesso simbolico, capace di evocare stati interiori e visioni filtrate da una sensibilità femminile profonda. Una pittrice d’avanguardia, che ha vissuto una relazione difficile col marito, il pittore Emilio Notte.
Poco incline alla mondanità, Palliggiano partecipò comunque ad alcune mostre collettive. Una sua personale, prima di morire suicida nel 1969, si tenne in una galleria di via San Carlo, nella sua Napoli. Di natura chiusa e introversa, Palliggiano aveva rivelato fin dagli anni in cui frequentava l’istituto d’arte un temperamento poco comunicativo ma anche una personalità tormentata che emerge con originalità nellu sue opere figurative surrealiste.
Riscoprire Maria Palliggiano significa valorizzare il ruolo delle artiste donne in una stagione dell’arte italiana ancora troppo dominata da figure maschili. Significa riportare alla luce una pittrice che ha sofferto tanto, finita in clinica psichiatrica, dotata di un grande talento artistico.













