Dpcm sugli spostamenti tra Comuni a Natale: raggio di 20 km o limite provinciale, ma senza accordo potrebbe saltare tutto

Impasse sulle norme. Il centrodestra vorrebbe in realtà annullare del tutto il divieto, Conte e i ministri Boccia e Speranza più cauti.

È corsa contro il tempo per trovare un accordo.

Si allentano i divieti in Lombardia, Piemonte, Basilicata e Calabria: cinquanta milioni di italiani in zona gialla

Diventano 50 i milioni di italiani che abitano in zona gialla, mentre si complica terribilmente la possibilità di modificare il decreto che blocca gli spostamenti tra Comuni nei tre giorni di festa del 25 e 26 dicembre e primo gennaio.

Ieri la Cabina di regia ha fatto il suo monitoraggio e ha trovato dati dell’andamento dell’epidemia in discesa un po’ ovunque.

Lombardia, Piemonte, Calabria e Basilicata, dunque, da domani, sulla base di un’ordinanza del ministro alla Salute Roberto Speranza, entrano in zona gialla, dove si trovano altre dieci Regioni più la Provincia di Trento.

In zona arancione restano per un’altra settimana Toscana, Campania, Val d’Aosta e Provincia di Bolzano. Diventa arancione pure l’Abruzzo (che oggi sarà rossa perché il Governo ha vinto il ricorso al Tar contro la Regione che aveva deciso di ridurre le misure restrittive senza il suo consenso) e a rigor di Dpcm dovrebbe restare in quella condizione fino al 27 dicembre.

A rendere una corsa contro il tempo la modifica del decreto col blocco degli spostamenti a Natale è una ragione tecnica finora sottovalutata: per rendere effettivi i ritocchi è necessario che il dl venga approvato in via definitiva e pubblicato in Gazzetta ufficiale entro il 24 dicembre.

Se questa tempistica non venisse rispettata, resterebbe in vigore la disposizione originaria, che vieta tutti i movimenti.

E questo, magari, mentre una mozione al Senato sconfessa il contenuto di una legge all’esame della Camera.

Ma c’è di più: un ramo del Parlamento – proprio la Camera – è impegnato nella sessione di bilancio per la manovra.

Può trovare un “buco” per modificare e approvare il decreto. E lo stesso deve avvenire al Senato.

L’ipotesi è quella di far approdare il decreto nell’Aula di Montecitorio giovedì 17 dicembre.

E poi votarlo il 18 a Palazzo Madama.

Ma questo iter accelerato è possibile soltanto se tutte le forze politiche, anche d’opposizione, sono d’accordo.