Cripta della Cattedrale di Gaeta - Affresco di Giacinto Brandi con in alto le Vergini Albina e Euporia

Oggi 16 maggio la Chiesa Cattolica Apostolica Romana celebra il dies natalis di Santa Euporia, Vergine e Martire, le cui spoglie riposano nella Cattedrale di Gaeta. In un altro successivo servizio narrerò ai nostri lettori la devozione alla santa nel tempo, sino ad oggi. Siamo nel 95 d.C., da 14 anni, e più precisamente dal 14 settembre 81, è imperatore Cesare Domiziano Augusto Germanico, che sarà l’ultimo della dinasta Flavia. Il padre Vespasiano e la madre Domitilla avevano, alla sua nascita, già altri due figli, Flavia Domitilla minore e Tito. Domiziano fu il secondo persecutore dei cristiani dopo Nerone; a causa dell’opposizione del Senato, divenne crudele e sanguinario, diversi senatori vennero accusati di ateismo e di adozione di usanze ebraiche, tutti giustiziati. Nella tempesta furono coinvolti anche i cristiani, forse perché si volle accomunarli, nel pagamento della tassa imposta a tutti gli Ebrei, a coloro che vivevano “more iudaico”. Il tutto era anche frutto di fenomeni di aggressiva intolleranza popolare e dell’assimilazione del cristianesimo a un crimine contro lo Stato, con la conseguente condanna dei fedeli della nuova religione; molti di loro proclamarono la loro fede accettando prigionia, torture, deportazione e anche il martirio. È in questo clima generale che nella città di Minturnae visse la giovane Euporia. Domiziano era legato al territorio circostante Minturnae, aveva fatto costruire la via che porta il suo nome, la via Domiziana, che si raccorda alla via Appia all’altezza di un’altra città, Sinuessa, l’attuale Mondragone, dove un arco trionfale segnala l’inizio della strada che giunge fino a Cuma, unendo così Roma fino a Napoli.

Pastorale Vescovile con unica figura femminile (prima a destra) Santa Euporia in vesti rinascimentali

Flavia Domitilla, nipote ex matre dello stesso imperatore, era nobilissima e appartenente alla famiglia dei Flavi, figlia di Plautilla, santa matrona cristiana. Nereo ed Achilleo erano suoi servitori convertiti e battezzati dallo stesso apostolo San Pietro. Quando giunse per Domitilla il tempo del matrimonio, e lo sposo era il nobile Aureliano figlio del console dallo stesso nome, mentre si preparava alle nozze coprendosi di gemme e di vestiti di porpora, i due devoti servitori si misero a parlare con la loro giovane padrona dello stato dell’anima e dei gradi dell’umana perfezione. Nereo ed Achilleo predicarono la fede e raccomandarono molto la verginità, le loro parole erano così belle e suadenti, i loro argomenti cosi giusti, la felicità da loro promessa tanto luminosa, che Flavia Domitilla rinunziò al matrimonio con Aureliano e fece voto di perpetua verginità nelle mani del Papa, San Clemente, suo zio, che ricevette il trepido voto della nipote fattasi cristiana e le pose sul capo il candido velo che distingueva le vergini di Dio. Lo sposo rifiutato, deluso e furioso per ciò che riteneva un affronto, corse dall’imperatore Domiziano per denunziare quanto accaduto e quest’ultimo non potendo mandare a morte la fanciulla, che era sua consanguinea, la inviò in esilio nell’Isola di Ponza, che era di proprietà dell’imperatore ed era destinata esclusivamente a ospitare esiliati di rango imperiale per violazione della Lex Julia de pudicitia et de coercendis adulteriis, sulla moralizzazione pubblica, emanata da Augusto nel 18 a.C. secondo la quale venivano inflitte gravissime pene alle donne che si macchiavano di adulterio; i rei erano relegati in luoghi di difficile accesso e lontani dai fasti ufficiali della corte. A Giulia, condannata dal proprio padre Augusto, il triste destino di inaugurare la serie di illustri ospiti delle isole di Ponza e di Ventotene. Nel 29 d.C. l’imperatore Tiberio, che era stato marito di Giulia, fece condannare all’esilio Agrippina Maggiore, figlia di Agrippa e Giulia nonché, accusata di insubordinazione. Nel 37 d.C., non appena divenuto imperatore, coerentemente con il proprio personaggio, Caligola si recò personalmente sulle isole di Ponza e di Ventotene a recuperare le ceneri di sua madre Agrippina, nell’intento di esaltare dinanzi agli occhi di tutti il proprio amor filiale, salvo nel 39 d.C. relegare senza alcuna incertezza sulle stesse isole due delle tre sorelle, Agrippina e Livilla. Nerone da parte sua fece rinchiudere a Ventotene la moglie ripudiata, Claudia Ottavia. Euporia si recò in soccorso per rinfrancare tutti loro. Giunse a Gaeta, dal nobile Gneo Fonteo Capitone, amico di famiglia. Si fece accompagnare su di una nave trireme sull’isola di Ponza per confortare la sua cara amica Flavia Domitilla.

Nei giorni che trascorsero insieme poterono parlare liberamente di Gesù il Cristo e praticare la fede secondo i riti cristiani. Poi accadde quello che si temeva: una mattina giunse un drappello di legionari che si presentarono a Flavia Domitilla e, dopo che il centurione ebbe salutato romanamente la principessa imperiale, le intimarono, anche se con modi formali rispettosi della nobiltà di lei, di seguirli tutti sulla nave ancorata nel porto, insieme a tutto il suo seguito, che non prevedeva il coinvolgimento di Euporia. Destinazione il porto di Terracina in quanto dovevano essere ascoltati ed eventualmente giudicati dal magistrato del luogo per ordine dell’imperatore. E qui trovarono la morte. Appresa la notizia anche Euporia, giudicata a Gaeta, non arretrò dinanzi al suo giudice. La sua vita non è certo un inno alla morte, ma l’estremo grido, il più forte appello, la sublime rivelazione della sete e della fede nella vita. Un gesto di coerenza cristiana che fa tremare il cuore e che rimanda ai tanti martiri di ieri e di oggi che non si piegavano alla divinità dell’imperatore e di oggi che non si inchinano a nessun potere della terra, non vendono la propria dignità a un vile e vischioso rapporto di scambi, di favori, di affari, di bugie, di interessi negoziati nell’ ombra, a danno dei più. Il Vangelo ripudia tutto ciò e il credente inorridisce e dice “no”: questo è il suo martirio. Gesù è il primo a darne l’esempio, rifiutando di assumere tutti i Regni del mondo, pur di non inchinarsi a chi glieli darebbe sottobanco. La sua Croce è testimonianza di un corpo che si spende totalmente per il bene dell’umanità, perché ognuno abbia riconosciuta e riscattata la propri dignità, la libertà, la cittadinanza sul suolo terrestre. Ad oggi è l’unica santa nata nel territorio dell’arcidiocesi di Gaeta.