Anni or sono ebbi occasione di esaminare le fatturazioni di varie società che operavano nel MOF di Fondi e rilevai che i prodotti ortofrutticoli provenivano da tutti i cinque continenti. Uva dal Cile e dal Sud Africa, pompelmi da Israele, patate dall’Olanda, solo per fare alcuni esempi, vera e propria globalizzazione. E per il pesce congelato e fresco? Il pesce è una preziosa fonte di proteine, di vitamine (in particolare, del gruppo B, D e K) e di Omega 3, vera salvaguardia dalle malattie vascolari. Il processo di surgelazione non intacca le proprietà organolettiche del prodotto ed è molto pratico per una preparazione veloce del pasto. Ma la provenienza del pesce fa la differenza. Il pesce andrebbe inserito nella propria dieta almeno un paio di volte la settimana; i grassi polinsaturi della maggior parte dei prodotti del pescato, infatti, proteggono cuore e apparato circolatorio, mentre le vitamine in essi contenute assolvono diverse funzioni essenziali del nostro organismo, dalla coagulazione del sangue al consolidamento di ossa e denti, per finire con la protezione della vista e della pelle. Il pesce, inoltre, è particolarmente digeribile ed è indicato anche per lo svezzamento, già a partire dai 6-8 mesi di vita, cominciando con gli omogeneizzati.

È fondamentale conoscere la provenienza del pesce. L’etichettatura dei prodotti ittici, stabilita dall’Unione Europea, rappresenta una vera e propria garanzia in materia, poiché consente di conoscere il prodotto che si porta in tavola. Il marchio blu MSC – Marine Stewardship Council, da parte sua, certifica che il pesce in questione è stato trattato secondo precisi criteri di sostenibilità. MSC, infatti, avvalendosi di enti terzi di certificazione, garantisce che la pesca non saccheggi lo stock ittico delle varie zone, renda ai minimi termini l’impatto verso l’habitat in cui agisce, e sia gestita responsabilmente, nell’assoluto rispetto delle leggi vigenti. MSC è un organismo internazionale no-profit che si adopera per la pesca sostenibile in tutto il mondo. Per far sì che il consumatore possa conoscere con esattezza la provenienza del pesce che acquista, sulle etichette vengono riportate alcune informazioni, atte a rivelare in quale modo sia stato catturato (se in mare, o in acque interne, o proveniente da acquacoltura) e da quale zona del mondo provenga. Il codice di provenienza si trova accanto alla data di scadenza. Le prime due cifre si riferiscono alla zona. Il numero 37, per esempio, significa Mare Mediterraneo e Mar Nero, il 18 il Mare Artico, il 21 l’Oceano Atlantico Nord-Ovest, il 34 Oceano Atlantico Centro-Est.

Per quale motivo è così importante avere a disposizione uno strumento di tracciabilità che ci consenta, fra l’altro, di conoscere la provenienza del pesce che vogliamo acquistare? Probabilmente, a una valutazione un poco superficiale, potrebbe sembrare che non vi siano troppe differenze tra un prodotto ittico proveniente da un luogo del mondo, anziché da un altro; oppure tra un pesce pescato in modo responsabile e un altro catturato, col rischio di provocare danni irreparabili all’ambiente e conseguenze che possono arrivare fino all’estinzione. Le azioni di MSC consistono proprio nel preservare l’ecosistema marino. Ma per i consumatori non può bastare. Bisogna considerare che il pesce surgelato è al secondo posto nelle vendite della categoria dopo le verdure. Gli italiani nel 2015 hanno consumato 13,5 kg di surgelati a testa. Il 40% dei prodotti è stato acquistato per la ristorazione e il 60% per l’uso casalingo.

Nell’elenco delle preferenze, dopo i vegetali (3,7 kg) troviamo i prodotti ittici (1,47 kg) che rappresentano il 17% circa del totale del pesce consumato in Italia. Chi acquista questi alimenti lo fa perché permettono di fare una scorta e di risolvere velocemente un pasto, risparmiando tempo e lavoro in cucina. La maggior parte dei clienti li considera analoghi ai prodotti freschi perché mantengono inalterate le proprietà organolettiche, mentre una buona fetta di italiani ha ancora un atteggiamento diffidente. L’incremento delle vendite del pesce surgelato potrebbe essere legato anche ai timori per l’Anisakis che è un genere di vermi nematodi parassiti, che possono infettare l’uomo risalendo la catena alimentare. Le larve si trovano abitualmente nell’acqua di mare, dove vengono ingerite da piccoli crostacei, a loro volta preda di pesci che possono finire sulle nostre tavole. L’anisakiasi o anisakidiosi è la parassitosi causata da queste larve e provoca sintomi che possono essere scambiati per altre malattie dell’apparto digerente quali dolori addominali, nausea, vomito, diarrea. Non è chiaro quanti casi si verifichino in Europa: uno studio recente ha stimato per la sola Spagna circa ottomila infezioni annue! Le larve di Anisakis, lunghe tra 1 e 3 cm, possono essere viste a occhio nudo e infettano facilmente alcune specie ittiche. Il pesce spatola contiene quasi sempre il parassita, anche il suro nel 95% dei casi è contaminato, seguito dal lanzardo (75%), ma anche da specie più conosciute come lo sgombro (71%), il merluzzo (40%), il totano (22%), le alici (17%), la triglia (10%), il cefalo (9%) e la sardina (1%).

Questo timore ha migliorato l’immagine del prodotto ittico congelato non più visto da molti come seconda scelta ma come alimento addirittura più sicuro del fresco. La differenza fra surgelato e congelato è legata alle modalità di confezionamento e vendita. Il pesce surgelato è un buon alimento soprattutto quando non è impanato o già condito con altri ingredienti, da preferire quando viene venduto naturale, come filetti di merluzzo nordico, di nasello, di orata o branzino che nella maggior parte dei casi non contengono additivi come si vede leggendo le etichette. Poi ci sono i pesci trasformati come anelli di totano, code di gambero e preparati misti per antipasti, risotto o zuppa di pesce che invece necessitano di antiossidanti e conservanti. Tenere presente che quando si acquistano i bastoncini di pesce impanati (dove il pesce rappresenta circa il 60%), o primi piatti come le linguine allo scoglio preparate con numerosi ingredienti, fra cui sale, aromi e grassi. Sono preparazioni con un elevato grado di servizio che fa risparmiare tempo ma non hanno molto in comune con il pesce fresco. Gli anelli di totano, i crostacei e i filetti di pangasio contengono in genere stabilizzanti, siglati con E450, E451 ed E452 (fosfati e polifosfati) dichiarati in etichetta. Si tratta di additivi autorizzati che aiutano a mantenere un aspetto fresco grazie alla capacità di “catturare” acqua, quindi il consumatore paga l’acqua aggiunta in modo artificiale al prezzo del pesce. Altre sostanze utilizzate sono gli antiossidanti: ascorbato di sodio (E301), acido citrico (E330) e citrati (E331). Si tratta di additivi privi di effetti negativi per la salute da dichiarare in etichetta.

Diverso è il discorso per i conservanti come il bisolfito di sodio (E222) e il metabisolfito di sodio (E223). Questi additivi devono essere evidenziati con caratteri in grassetto perché possono provocare reazioni allergiche. Trattandosi di additivi piuttosto diffusi è opportuno considerare la loro presenza in altri alimenti della dieta, per non rischiare di superare la dose giornaliera ammissibile, indicata dall’Efsa in 0,7 mg/kg peso corporeo. Conservanti di questo tipo si trovano spesso nei crostacei e nei preparati misti per risotti o antipasti. Trovare crostacei surgelati non trattati con solfiti, è difficile perché questi additivi evitano i fenomeni di ossidazione enzimatica che favoriscono la formazione di sgradevoli macchie scure. A riprova di ciò i due additivi sono stati rinvenuti nei gamberi argentini, nelle code di gamberi, negli scampi interi, nelle mazzancolle tropicali e nelle code di gamberoni delle marche più rinomate. Spesso gamberi e altri crostacei congelati e surgelati contengo solfiti come antiossidanti per preservarne l’aspetto.

Nel caso delle confezioni che contengono pesci o crostacei misti pronti per la zuppa, per il risotto o per condire la pasta la questione è più complicata perché ogni componente (cozze, gamberi, calamari, eventualmente vino, cipolle ecc.) subisce una lavorazione specifica. In una seconda fase i diversi ingredienti sono assemblati e possono anche essere cotti prima del confezionamento. In questo caso la presenza di diversi ingredienti e di molteplici lavorazioni rende quasi sempre necessario l’impiego di conservanti e additivi. Tutti gli additivi utilizzati in questi prodotti sono ammessi dalla legge ma si stanno diffondendo anche diverse linee di prive di queste sostanze. Prodotti che provengono dai mari antistanti l’India, la Cina, il Vietnam, l’Indonesia, il Cile, l’Argentina, il Perù, la Grecia, la Tunisia e il Marocco. Ormai è globalizzato il cibo che mangiamo.