Il mal dell’esca è la malattia che mette sotto pressione i viticoltori di tutto il mondo.
Negli anni prende sempre più piede ed i viticoltori stanno sempre lì a fare i conti con le spese per i rimpiazzi delle barbatelle ed i costi per piantarle e gestirle.
Poi, si accorgono che le barbatelle non ce la fanno ad attecchire: “tutta colpa delle viti che gli stanno vicino o del vivaista maledetto”.
Allora optano per il selvatico con innesto a gemma: sembra dare buoni risultati, ma alti costi di gestione e non sempre funziona! (Alta competizione con le viti a fianco).
A questo punto meglio il barbatellone (vite di 2 anni) o la vite in vaso micorizzate; beh meglio: “ma quanto dura”?

Ma come mai le viti si ammalano d’esca o quelle di sostituzione non ce la fanno?
La risposta più logica che ci da la scienza è: boh!
La scienza trova difficoltà a studiare bene i funghi che portano problemi alle viti. Anche se hanno individuato i microrganismi responsabili, non riescono bene a capire come questi interagiscano con le viti. Si sa solo che queste ultime provano a difendersi.
Nella mia visione delle cose spero che la scienza possa progredire nelle ricerche, ma da tecnico non posso lasciare che i miei clienti perdano produzione.
Allora mi sono raccontato delle verità, tre per l’esattezza, per imparare a ragionare a questi attacchi:

  1. il mal dell’esca esiste dai tempi antichi, eppure oggi sembra essere un grosso problema
  2. il terreno non è un ambiente sterile (meno male);
  3. se ce l’hai, te lo tieni: convivici!

Prima di definire la mia visione vorrei poterti parlare, brevemente, del mal dell’esca senza però perdere la tua concentrazione. Proverò con frasi rapide.

3 funghi:

Phaeomoniella Chlamydospora (Pch), Phaeoacremonium Aleophilum (Pal), Fomitiporia Mediterranea (Fem).

5 sintomi:

  1. malattia delle venature brune delle barbatelle (Pch, Pal):aspetto normale, lungo la sezione trasversale striature nere. Problemi con il callo di formazione sul punto d’innesto;
  2. malattia di Petri (Pch, Pal?):presenza di residuo catramoso gommoso, foglie cloritiche, riduzione di fertilità produzione e vigore → può portare alla morte o all’esca giovane;
  3. esca giovane (Pch, Pal) Tracheomicosi:classica foglia tigrata con necrosi dal lamine fogliare, clorosi verso le nervature che restano verdi. Grappoli verdi con punteggiature nere che possono spaccarsi, maturano poco. Sezione del legno con necrosi nere e bianche su i vasi xilematici;
  4. carie bianca (Fem):zona spugnosa data dalla degradazione della lignina e cellulosa del tronco. La pianta si difende escludendo la carie. Può sopravvivere se ha degli anelli linfatici attivi;
  5. Esca (Pch, Pah, Fem): quando esca giovane e carie bianca sono entrambe presenti:decorso cronico (piena estate);acuto (rapido)→ colpo apoplettico che non sempre porta alla morte della pianta.

Bene! Dopo questa breve panoramica vorrei portare una serie di ragionamenti che potrebbero aiutarti a gestire il problema.
Che il mal dell’esca esiste dai tempi antichi è risaputo. Sicuramente, anni fa, non sapevano classificare i tipi di microrganismi, però sapevano come riconoscere i sintomi sulle piante. Gli agricoltori pensavano a come rimpiazzare le piante e avevano tutte le loro tecniche pre e post fillossera.

Non ho mai letto di libri tramandati dagli antichi di problemi enormi dovuti alla morte di piante da esca. Sapevano di avere un problema, ma non sembrava essere così grave.
Ultime ricerche portano a pensare che il materiale di innesto sia già infetto e durante le pratiche di forzatura Pch e Pac proliferano con facilità, e l’innesto ad omega è una pratica molto invadente.
→ → Quindi attenzione al materiale di propagazione. ← ← Il futuro porta molti viticoltori, per i nuovi impianti, a lavorare con il selvatico in campo e innestare successivamente le gemme. Pare che si riescano a risolvere molti problemi dovuti alla forzatura vivaistica (certo, i costi sono sicuramente maggiori, ma il vigneto deve campare a lungo, o no?).

Tutti noi dobbiamo capire che il terreno è vivo e sicuramente i microrganismi lì hanno un habitat molto interessante dove prosperare; allora bisogna capire che diventa importante potare le piante nei periodi giusti, ovvero quando il fungo non ha possibilità di prosperare.

In alcuni studi universitari si è provato ad inoculare i funghi Pch con sospensione conidica su i tagli di potatura tra dicembre e fine febbraio. La reattività dei conidi è stata maggiore nella tesi di fine febbraio in quanto aumentano le temperature e l’umidità, quindi i conidi hanno possibilità di svernare meglio.

→ → Sicuri che le ferite cicatrizzano meglio quando la potatura è ritardata? ← ←

La potatura tardiva ha il solo scopo di ritardare il germogliamento delle viti o ridurre il vigore delle piante, ma in zone molto calde c’è il rischio che successivamente ci sia fuoriuscita di linfa che nutre ancora di più le spore presenti sulla ferita.
Ricordasi che le potature in giornate piovose sono pericolose. La pioggia battente diffonde le spore sulle viti e l’umidità aiuta alla loro proliferazione.
→ → La pulizia del tronco? I conidi, in forma asessuata, possono anche trovarsi sotto la corteccia. La pulizia dei succhioni sul tronco che generano delle ferite in momenti di alta umidità, possono essere una facile via di ingresso del patogeno.

Regola generale → azioni di potatura e pulizia della vite = periodi secchi!

Oramai molti vigneti che vedo quando vado in giro per aziende sono colpiti da una alta percentuale di mal dell’esca e, come ho detto sopra, le energie dedicate rappresentano uno sforzo notevole.Le possibilità che i rimpiazzi funzionino sono pari al 50% e bisogna fare bene i conti per capire se il gioco vale la candela oppure no. Certo che tutto questo è in funzione delle piante malate che ancora non sono morte. Se il vigneto è giovane, può valere la pena rimpiazzarle.
Solitamente per il rimpiazzo si sceglie un portinnesto vigoroso come il 1003P, ma se la scelta dell’impianto è stato fatto su un altro portinnesto per esigenze pedologiche, quest’ultimo come si comporta? ← ←

Le viti infette non sono sanabili (almeno per il momento e speriamo in un futuro migliore) e la prevenzione sicuramente gioca un ruolo importante, però si può pensare a gestirle in un modo tale che non per forza vengano capitozzate con perdita di produzione.

Non è detto che una pianta infetta non possa continuare a vivere negli anni a venire producendo grappoli di qualità fino alla sua morte.

Mi limito a questa affermazione per parlarne prossimamente in un altro articolo di come potremmo gestire la potatura delle piante infette.