Per i più impavidi e coraggiosi che hanno familiarità con il trekking, non è raro scoprire in giro tra le catene montuose italiane veri e propri tesori “nascosti”. Nel nostro Bel Paese infatti, spiccano alcune chiese costruite nella roccia, incavate nella pietra a strapiombo sull’acqua, nascoste sotto la superficie terrestre oppure sulla vetta delle montagne. Luoghi sacri e quasi misteriosi da far invidia alle più belle leggende britanniche come quella di Re Artù. Sono tantissime e ognuna presenta una caratteristica particolare che la rende unica: dal Santuario di Santa Rosalia a Palermo, il Santuario di Santa Maria dell’Isola a Vibo Valentia, la Chiesa di Santa Maria della Pietà a L’Aquila, il Tempio di Valadier ad Ancona e il Santuario della Madonna della Corona a Verona.

Anche il nostro Golfo nasconde un tesoro tra i Monti Aurunci che forse non tutti conosceranno: stiamo parlando dell’’Eremo dedicato a San Michele Arcangelo, che risale all’830.

L’eremo di San Michele Arcangelo è una piccola chiesa situata alle pendici di monte Altino, che appartiene alla catena dei Monti Aurunci ed è letteralmente incastonata nella roccia, si trova lungo il sentiero che da Sella Sola conduce fino alla cima del Redentore, su un costone a strapiombo. Secondo un racconto popolare, fu la statua di San Michele Arcangelo ad indicare dove sarebbe dovuta essere costruita la cappella. In origine venne posta in una grotta sul litorale di Gianola ma la statua, offesa dal linguaggio poco cristiano dei marinai dell’epoca, si narra che si mosse sul monte Sant’Angelo. Dalla nuova posizione, a 1252 metri di quota, su una parete rocciosa rivolta al mare, riusciva ancora a vedere i marinai ed è per questo che decise di spostarsi nuovamente sul Monte Altino. Gli abitanti di Spigno cercarono più volte di riportarla nel loro territorio, ma la statua ritornava sempre nell’attuale postazione, nel territorio di Maranola.

Il santuario rupestre, dedicato a san Michele Arcangelo, viene menzionato nel Codex diplomaticus cajetanus. Tuttavia, la facciata di pietre, che chiude una cavità naturale, fu ricostruita in stile neogotico alla fine del XIX secolo, nel 1893, quando salì sul monte Altino, in visita pastorale, l’arcivescovo Francesco Niola. Questi indicò l’interno dell’antro come sede ideale per la nuova costruzione, in modo tale da evitare i danni riportati dalla precedente chiesa, causati dalle acque di dilavamento, dalla caduta di rocce e porzioni di ghiaccio.

Il nuovo progetto fu redatto dall’ingegnere Silvio Forte di Trivio. La roccia fu squadrata per formare l’ambiente della Chiesa e si ottenne uno spazio lungo dodici metri, largo dieci e alto sette. Sulla parete di fondo, opposta a quella d’entrata, una nicchia scavata anch’essa nella roccia, ospita la statua di San Michele.

La facciata, rivolta ad occidente e con ai lati due volumi aggettanti, al centro ha una porta d’ingresso archiacuta, sormontata da un rosone aperto per dare luce all’interno della chiesa. Sull’arco della porta, accanto alla scritta “Angelorum Principi”, sono riportate le date dell’830, anno della fondazione del vecchio cenobio, e del 5 agosto 1895, giorno di inaugurazione del nuovo Santuario. Queste date sono riportate anche su una lapide collocata all’interno della chiesa. Sia il rosone che le altre aperture della facciata erano chiuse da vetrate policrome, ora andate perse.

Con la costruzione del nuovo santuario, fu anche aperta una nuova strada d’accesso, da dove fu realizzato il nuovo itinerario, mentre il vecchio percorso di san Michele, molto più disagevole, fu così abbandonato.

L’area è molto ricca di acque sorgive, che percolano un po’ dappertutto proprio dalla volta rocciosa. Le pareti interne della chiesa stessa fungono da fonte e l’acqua freddissima viene raccolta in alcune vasche in muratura. All’esterno ne è presente una di dimensioni contenute prima del santuario ed un’altra più grande in fondo, utilizzata dal bestiame. Gli abitanti di Spigno cercarono più volte di riportarla nel loro territorio, ma miracolosamente la statua ritornava sempre nell’attuale postazione, nel territorio di Maranola. Si costruì allora la piccola cappella in onore di San Michele Arcangelo.

Da quel momento, tutti gli anni l’ultima domenica di giugno e il 29 settembre si compie la scalata di San Michele: durante una solenne processione, gli uomini devoti di Maranola trasportano a braccia la statua del santo per i tortuosi sentieri del monte. L’effigie, secondo la tradizione, risale all’epoca romana. È invece certo che nel 1888 subì un considerevole restauro ad opera dello scultore Giuseppe Blasetti, allievo dello scultore Lodzja Brozsky. Modellata in peperino, è alta novantaquattro centimetri con una base quadrata di quarantadue centimetri di lato. Raffigura un guerriero vestito con una tunica. Con il braccio sinistro sostiene un mantello mentre con il destro sottomette il Diavolo posto ai piedi del Santo. La fattura generale dell’opera sembra però contraddire la presunta origine romana, datandola con maggiore precisione intorno al 1500 o in epoca barocca. Ipotesi avvalorata anche dalle iniziali scolpite sulla statua, P.F., attribuite allo scultore di scuola romana Pompeo Ferrucci, vissuto tra il 1566 ed il 1637. Alcune opere di questo artista sembrano avere uno stile vicino alla statua di san Michele, come la Madonna col Bimbo nel convento delle Maestre Pie, in via delle Botteghe Oscure a Roma, e la Madonna posta all’ingresso principale del palazzo del Quirinale. Dopo essere rimasta in montagna per tutta l’estate a proteggere l’attività dei pastori, dall’alto della vetta dirupata, il 29 settembre, festa di san Michele, un altro corteo di fedeli la riporta a valle, dove viene custodita e venerata nella chiesa dell’Annunziata. Il culto dell’arcangelo Michele accomuna i Monti Aurunci con il Gargano ed altri massicci del Centro Sud.

Il sentiero da percorrere per giungere all’eremo non presenta particolari difficoltà, è anzi adatto alle famiglie, data la buona tenuta e l’agevolezza del camminamento. Lungo 7,3 km, il tragitto si compie in un’ora e 30 minuti, mentre è sconsigliato in piena estate per via della totale esposizione al sole.