La Delegazione di Gaeta dell’Associazione Italiana di Cultura Classica AICC, fondata nel 1897, affiliata all’UNESCO aderisce all’appello della Delegazione di Roma AICC ed esprime anche lei il proprio appoggio alla proposta qui di seguito riportata elaborata dalla professoressa Mariella De Simone, docente di Lingue e Letterature classiche presso il Liceo Vittorio Emanuele II – Giuseppe Garibaldi, Napoli (Istituto che chi scrive ha avuto l’onore di frequentare come liceale, come d’altronde anche il nostro presidente nazionale professore Mario Capasso, papirologo di fama internazionale).

Salviamo la traduzione, quintessenza delle competenze, nel Liceo classico (e non solo) in DAD. Una proposta ai Collegi dei Docenti e un appello al MIUR per un intervento normativo.

Premesse: con la nota 1990 del 5 novembre 2020, il Ministero dell’Istruzione ha previsto per le istituzioni scolastiche la possibilità di svolgere in presenza attività laboratoriali caratterizzanti e non altrimenti esperibili, “purché formalmente contemplate dai vigenti ordinamenti e nel rigoroso rispetto dei protocolli di sicurezza”.

Specifica, inoltre, che “le istituzioni scolastiche sono chiamate responsabilmente a considerare che le predette attività, in special modo per le materie di indirizzo, costituiscono parte integrante e sostanziale dei curricoli e, non da ultimo, elemento dirimente sulla base del quale moltissimi studenti hanno scelto di frequentare gli specifici percorsi”.

Appare evidente, quindi, che l’indicazione ministeriale si riferisce indistintamente a tutte le Istituzioni scolastiche di secondo grado, ivi compresi i Licei (non a caso, l’esempio del Liceo coreutico è esplicitamente citato).

Tuttavia, l’attivazione di laboratori in presenza ha riguardato finora principalmente gli Istituti tecnici e professionali (ad esempio laboratori di informatica, di grafica, di chimica, ecc.), mentre la questione, per le materie di indirizzo dei Licei, non è stata posta con la stessa urgenza.

Eppure, nel caso specifico del Liceo classico (e non solo), l’urgenza sta diventando sempre più evidente, e riguarda proprio le materie di indirizzo (anche qui: non solo, ma ci limitiamo a parlare delle discipline che pratichiamo e che insegniamo).

Ogni docente di greco e latino che abbia tentato in questo anno di pandemia di svolgere al meglio il proprio lavoro, anche ‘da remoto’, sa perfettamente che è di fatto impossibile, a distanza, svolgere una prova di traduzione scritta dal greco o dal latino.

Ne deriva un senso di frustrazione non da poco, accentuato dalla tendenza sociale, collettivamente piuttosto rassicurante, a considerare il successo della Didattica ‘a distanza’ dipendente esclusivamente dalle capacità del singolo docente.

Chi denuncia le carenze strutturali della DAD/DID è perché ‘non la sa fare’, o, peggio, perché è un ‘passatista’, un retrogrado che non conosce e non pratica le metodologie innovative (di qui la pericolosa equivalenza tra ‘innovazione metodologica’ e ‘utilizzo degli strumenti tecnologici’, che equivale più o meno alla confusione tra il fine e il mezzo).

La verità è che l’attività di traduzione non può essere svolta seriamente e proficuamente da remoto perché ‘l’ambiente di apprendimento’ non è adatto.

Non solo per l’impossibilità del controllo (controllo che, oltre un certo livello, diventa conditio sine qua non), ma per i modi, per i tempi, per la difficoltà di indicazioni e di interventi mirati e personali.

Perché l’attività del tradurre è, per l’appunto, un’attività ‘laboratoriale’, che necessita di certi strumenti e di un determinato contesto.

Per sostituirla, i più di noi hanno provato ad implementare strategie almeno affini: la traduzione all’impronta (orale) senza l’uso del dizionario, i quesiti grammaticali a corredo del testo, la tecnica della traduzione contrastiva.

Non è la stessa cosa (sempre che queste alternative, da remoto, abbiano un po’ di senso in più rispetto alla traduzione vera e propria).

Non è forse superfluo ribadire in questa sede che la traduzione è attività fondamentale e caratterizzante nel curricolo liceale classico. È (tanto per sottolinearne un aspetto) la quintessenza delle competenze (e lo era prima ancora che venissero inventate le competenze).

Non solo perché è un formidabile esercizio di logica, ma soprattutto perché attiva ‘un certo tipo’ di logica, quella che riguarda il funzionamento dei meccanismi linguistico-culturali.

È per questo che la traduzione, in molti casi, diventa l’ostacolo da affrontare, la sfida, l’occasione per mettersi in gioco.

Senza di essa, il docente non può neppure attuare i necessari correttivi, per intervenire opportunamente quando le cose non funzionano.

Ed è per questo che il suo mancato svolgimento, per un tempo così prolungato, va a detrimento non dei docenti, ma degli alunni, che hanno scelto un percorso scolastico con specifiche caratteristiche, e se lo ritrovano depauperato, banalizzato.

In molti dei Collegi docenti dei singoli Licei, l’impossibilità di svolgere una prova di traduzione seria in modalità ‘a distanza’ è stata apertamente dichiarata, fino al punto da eliminare il voto scritto al primo quadrimestre.

Quasi tutti, insomma, si sono ‘arresi’ all’evidenza.

Qualcuno che ha voluto tentare, ogni volta ha dovuto dichiarare il proprio fallimento.

Da tutta Italia, veniamo a sapere di situazioni analoghe.

L’Italia del Liceo classico non sta traducendo.

Pace, si dirà. Prima la salute. E tuttavia, come detto prima, in altri casi l’impossibilità di svolgere ‘da remoto’ attività specifiche è stata dichiarata, riconosciuta, considerata a tal punto da meritare un bel po’ di deroghe.

Molte attività laboratoriali degli Istituti professionali e tecnici si stanno regolarmente svolgendo in presenza.

Senza grosse difficoltà peraltro, perché sono presenze alternate, mirate, organizzate.

D’altra parte, anche l’Associazione Italiana di Cultura Classica è «Ente accreditato per la formazione e l’aggiornamento» (MIUR).

In Università l’attività tecnico-scientifica si sta svolgendo quasi tutta in presenza, come pure, in tutte le scuole, una parte dei Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento. L’impressione, quindi, è che ci troviamo di fronte a un problema vecchio, ma riproposto in una situazione inedita: di fronte ad un’emergenza pandemica di queste proporzioni, le prime materie ‘sacrificabili’ sono quelle cosiddette umanistiche.

Sostanzialmente inutili, teoriche, non laboratoriali.

Si conferma lo stereotipo, con i docenti ‘in trincea’ accusati e impossibilitati a reagire.

Richiesta Non appare quindi inopportuna, né particolarmente rischiosa, la richiesta di organizzare una presenza alternata anche al Liceo Classico, anche nelle materie umanistiche, secondo un calendario adatto ad evitare eccessive sovrapposizioni, almeno per cominciare a svolgere nella sede opportuna (quindi in presenza) l’attività di traduzione (ad esempio, una/due presenze per classe ogni 15 giorni).

Si potrebbero approntare gli ambienti di più ampia metratura, e gestirli su prenotazione o seguendo un calendario prestabilito.

Per le classi impegnate nei laboratori, le attività ‘a distanza’ potrebbero essere spostate al pomeriggio, o viceversa.

Dopo un anno, nessuna attività didattica può essere più definita ‘di emergenza’.

L’emergenza è tale se ha durata breve.

Poiché questa ‘improvvisata’ modalità didattica è diventata ormai la routine, e potrebbe esserlo ancora per parecchio, diventa urgente ripensare l’organizzazione dell’intero tempo-scuola.

La cosiddetta didattica ‘mista’ (o blended), con metà classe in presenza e metà a distanza, non funziona, e pone problemi tecnici e didattici enormi.

Forse è arrivato il momento di riformulare il concetto di ‘didattica integrata’ (espressione orribile, dobbiamo necessariamente rifarci al ‘burocratichese’ ministeriale), dato che di ‘integrato’, da ormai parecchi mesi, non c’è stato nulla.

Se invece di ‘integrare’ gli studenti pensassimo di integrare le attività, spostando in presenza inizialmente solo quelle urgenti, forse potremmo realizzare qualcosa che abbia un po’ più di senso. E cominciare ad uscire dalla melma stagnante nella quale siamo tutti precipitati.

Le Istituzioni, nazionali e locali, ora più che mai, brancolano nel buio, incapaci come sono di organizzare, investire, attuare correttivi in tempo utile.

Noi nella scuola lavoriamo, viviamo.

Riprendiamocela.

È la sola occasione di speranza.

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