Pochissimi sanno che così era chiamata l’isola d’Ischia nel periodo romano. Cicerone la cita in una sua lettera indirizzata ad Attico. (epist. X, 13,1)
Il termine sembra essere collegato ad Enea che, secondo la leggenda, deve averla conosciuta.
Altri pensano che le origini di questo toponimo derivino da un metallo che i romani estraevano dalle cave dell’isola.

Aenaria era il nome sia dell’isola sia di una cittadella costiera della stessa isola nelle prossimità dell’attuale castello aragonese.

Questa città romana ebbe vita dal IV sec. a. C. fino agli anni 130 – 150 d. C. quando sprofondo’ nel mare per un fenomeno misto di terremoto-bradisismo, per cui i suoi resti si trovano attualmente a circa nove metri di profondità.

Nel 1972 fu un subacqueo a scoprirne i resti romani sotto le acque nelle vicinanze del Castello Aragonese.

Nel periodo greco, l’isola era conosciuta con il toponimo Pitecusa , dal greco Phitekoussai : isola delle scimmie.

L’attuale nome Ischia risale alla parola ” Iscla maiore” riportata in una lettera di Papa Leone lll , indirizzata a Carlo Magno nell’anno 812 d. C.

La trasformazione da Iscla a Ischia è avvenuta gradulamente negli ultimi mille anni.

Noi di Formia siamo legati ad Ischia sia per la possibilità di vederla ogni giorno davanti alle nostre coste, sia per un evento tragico che avvenne nel 1883 a Casamicciola.
Un’onda anomala provocata dal terremoto arrivò fin da noi superando la quota di livello della Chiesa di Santa Teresa, come ci è stato tramandato da nostri antenati.

Questa è una delle tante storie dell’isola Aenaria che fa parte del nostro panorama marino da quando è nato il mondo.

Foto di Fausto Forcina