ZES Unica: il Sud riparte, ma il basso Lazio resta alla finestra – Dal 1° gennaio 2024 la Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno promette di rilanciare gli investimenti nel Sud. Ma per le province di Latina e Frosinone, rimaste escluse, il confine del Garigliano rischia di diventare una barriera allo sviluppo.
Sul confine del Garigliano, dove il Lazio incontra la Campania e il Golfo di Gaeta si affaccia verso Sud, si gioca una partita decisiva per il futuro economico di un intero territorio. Dal 1° gennaio 2024 è infatti operativa la ZES Unica per il Mezzogiorno, un grande progetto nazionale pensato per rilanciare lo sviluppo delle regioni meridionali attraverso incentivi fiscali, semplificazioni amministrative e nuovi investimenti economici. Ma mentre in Campania e nel resto del Sud si moltiplicano le attese e i progetti, le province di Latina e Frosinone restano escluse dal provvedimento, osservando da pochi chilometri di distanza un processo di crescita che sembra arrestarsi proprio sul confine del fiume.
La Zona Economica Speciale, o ZES, è uno strumento introdotto dal Governo per attrarre imprese e capitali in aree considerate svantaggiate o a forte potenziale di sviluppo. In queste zone, le aziende che decidono di insediarsi possono beneficiare di agevolazioni fiscali e burocratiche straordinarie: crediti d’imposta sugli investimenti, riduzioni o esenzioni di tributi locali, semplificazioni nelle autorizzazioni edilizie e urbanistiche e, in alcuni casi, agevolazioni doganali per la sempre più esigenza di commercio internazionale. L’obiettivo è creare condizioni favorevoli per chi vuole investire, incentivando l’apertura di nuovi stabilimenti, l’ampliamento delle attività produttive già in essere e soprattutto la creazione di posti di lavoro.
Quella della ZES unica è una storia che inizia con la riforma del 2024, il Governo ha deciso di superare il precedente modello, che prevedeva otto ZES regionali, e di unificarle in un’unica grande area che comprende tutte le regioni del Mezzogiorno. L’intento dichiarato è stato quello di semplificare la governance, evitare sovrapposizioni e garantire una gestione più efficiente delle risorse. La misura è gestita da una struttura centrale — il Commissario straordinario per la ZES Unica — che coordina gli interventi e funge da sportello unico per le imprese.
Latina e Frosinone sono rimaste fuori dalla ZES Unica
Eppure, nonostante la contiguità geografica e le evidenti affinità economiche con le aree meridionali, Latina e Frosinone ne sono rimaste fuori. La motivazione è di natura tecnica: l’Unione Europea classifica il Lazio come “regione più sviluppata” e non consente che i suoi territori beneficino degli stessi aiuti di Stato riservati alle regioni del Sud. Ma questa impostazione, pur coerente con i parametri comunitari, appare difficilmente comprensibile sul piano economico e sociale. Nel basso Lazio, infatti, i principali indicatori — dal reddito pro capite al tasso di disoccupazione, fino alla densità industriale — sono molto più simili a quelli del Mezzogiorno che non a quelli dell’area metropolitana di Roma.
Nel Golfo di Gaeta, dove le relazioni economiche con la Campania sono quotidiane e strutturali, la decisione è stata accolta con crescente preoccupazione. Molti imprenditori sottolineano che, da quando la ZES Unica è entrata in vigore, alcune aziende del territorio hanno già trasferito le proprie sedi operative di pochi chilometri, oltre il Garigliano, per poter accedere ai benefici fiscali e alle semplificazioni amministrative previste dalla normativa. Un fenomeno che, se dovesse ampliarsi, rischierebbe di svuotare progressivamente il tessuto produttivo del sud pontino e di spostare altrove investimenti e occupazione.
Amministratori locali, associazioni di categoria e forze politiche hanno più volte sollevato il problema. Il Partito Democratico della provincia di Latina tramite il suo segretario Omar Sarubbo e il Deputato Matteo Orfini ha definito l’esclusione un grave errore strategico, ricordando che le province di Latina e Frosinone furono parte integrante dell’area sostenuta dalla Cassa del Mezzogiorno e che ancora oggi vivono difficoltà economiche paragonabili a quelle del Sud. Ma anche nella maggioranza di governo non sono mancate riflessioni critiche, a testimonianza di come il tema travalichi gli schieramenti politici.
Un emendamento presentato in Parlamento dal Senatore di Forza Italia Claudio Fazzone per includere il basso Lazio nel perimetro della ZES Unica ha cercato di dare risposta alle richieste del territorio, ma appare come un tentativo tardivo, arrivato dopo mesi di appelli rimasti senza effetto. In molti lo considerano più un segnale politico che una reale possibilità di modifica a breve termine.
La situazione nel basso Lazio resta sospesa
Ad alimentare ulteriori polemiche è stata poi la recente estensione della ZES Unica ad alcune aree del Centro Italia, in particolare alle Marche, in concomitanza con le elezioni regionali che hanno riconfermato il presidente Francesco Acquaroli di Fratelli d’Italia. Un tempismo che ha suscitato più di una perplessità, spingendo molti osservatori a chiedersi se le nuove inclusioni rispondano a criteri economici o, piuttosto, a valutazioni di opportunità politica.
Nel frattempo, la situazione del basso Lazio resta sospesa. Il tema non sembra essere d’urgenza nelle agende politiche dei comuni del Golfo. La richiesta di un tavolo permanente per discutere una possibile revisione dei confini della ZES, evidenziando come il territorio disponga di porti, infrastrutture logistiche e aree industriali che potrebbero integrare in modo naturale la rete economica meridionale resta sospesa nel vuoto. il dato certo è che sena strumenti adeguati e senza incentivi, la competizione con le aree campane diventa difficile da sostenere.
Il rischio, come molti temono, è che la ZES Unica finisca per accentuare, anziché colmare, le disparità territoriali. Quella che doveva essere una grande operazione di riequilibrio rischia di trasformarsi in una nuova linea di divisione. Il Garigliano, da semplice confine amministrativo, torna così a essere un simbolo di separazione economica: da una parte i territori che vedono arrivare agevolazioni e investimenti, dall’altra quelli che restano a guardare, esclusi da un processo di sviluppo che pure li riguarda da vicino.
Questa esclusione pesa come un macigno nel Golfo di Gaeta
Nel Golfo di Gaeta, dove il mare e il commercio hanno sempre rappresentato un ponte naturale tra Nord e Sud, questa esclusione pesa come un’occasione mancata. Il territorio che un tempo fu parte integrante della rinascita industriale del Mezzogiorno oggi rischia di restare ai margini delle nuove politiche di sviluppo. La speranza, condivisa da molti, è che il Governo possa riconsiderare almeno in parte la decisione, riconoscendo che il basso Lazio, per storia, geografia ed economia, appartiene più di quanto si creda a quel Sud che la ZES Unica vuole far ripartire.
E mentre il Garigliano continua a scorrere, silenzioso e indifferente, sulle sue sponde si misura ancora una volta la distanza — profonda, concreta, ma forse colmabile — tra le promesse dello sviluppo e la realtà di chi, ogni giorno, prova a costruirlo.













