L’Italia si ferma: il 14 novembre la protesta unisce scuola, lavoro e ambiente

Dai trasporti agli studenti, dai cieli agli uffici: una giornata di sciopero per chiedere diritti, dignità e un futuro sostenibile.

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L’Italia si ferma: il 14 novembre la protesta unisce scuola, lavoro e ambiente – C’è un’Italia che domani non prenderà il treno, non salirà sull’autobus, non entrerà a scuola. Non per disinteresse, ma per protesta. È l’Italia che ha deciso di fermarsi per un giorno — il 14 novembre — per dire che qualcosa non funziona: nel lavoro, nell’istruzione, nei trasporti, nel rapporto con l’ambiente.

Uno sciopero che si preannuncia diffuso, variegato, multiforme. Dai controllori di volo al personale del trasporto pubblico, dai lavoratori dei servizi locali agli studenti che riempiranno le piazze con cartelli e megafoni. Non c’è un solo motivo, ma una trama di richieste che si intrecciano: salari che non reggono il passo dell’inflazione, scuole che cadono a pezzi, precarietà che non smette di mordere, e una crisi climatica che non ammette più rinvii.

Sono soprattutto i ragazzi a dare voce a questa giornata. L’Unione degli Studenti ha convocato cortei in oltre trenta città: da Milano a Napoli, da Roma a Catania. «Vogliamo una scuola che ascolti, che non si limiti a valutare ma che ci insegni a capire il mondo», spiegano nei loro comunicati. Sui social il messaggio corre veloce: meno retorica, più partecipazione. Dietro gli slogan c’è la richiesta di spazi sicuri, di edilizia scolastica dignitosa e di un’istruzione che parli davvero ai giovani.

Trasporti in agitazione il 14 novembre

Sul fronte dei trasporti, le 24 ore di sciopero proclamate dalle sigle USB e ORSA promettono disagi significativi nelle grandi città. A Roma, Milano, Torino e Napoli i mezzi pubblici circoleranno a singhiozzo: le fasce garantite non basteranno a evitare fermate piene e ritardi.
Anche nei cieli si prevede una giornata turbolenta: il personale dell’ENAV si fermerà per quattro ore, dalle 13 alle 17, e molti voli potrebbero subire ritardi o cancellazioni. Una protesta che vuole richiamare l’attenzione sulla sicurezza del lavoro e sulle condizioni operative di chi muove il Paese, spesso invisibile dietro la macchina perfetta della mobilità.

A unirsi ai cortei saranno anche i giovani di Fridays for Future. La data non è casuale: il 14 novembre cade a ridosso dei negoziati internazionali della COP30, e per molti attivisti italiani è l’occasione per ricordare che la “transizione ecologica” non può restare uno slogan. «Non si può parlare di futuro senza affrontare la crisi climatica», scrivono sui loro manifesti.
L’idea che lega tutte queste voci è semplice e potente: il futuro non può essere costruito ignorando chi lo vivrà.

Il Paese tra disagio e speranza

Molti cittadini guardano allo sciopero con sentimenti misti. C’è chi teme i disagi, chi si chiede se serva davvero fermare un Paese per cambiare qualcosa. Ma dietro l’agitazione del 14 novembre si intravede anche un desiderio di partecipazione che raramente riesce a emergere. In un momento in cui il dibattito pubblico appare stanco, e la politica spesso distante, la piazza torna a essere un luogo di parola, di confronto, di possibilità.Forse non sarà uno sciopero risolutivo, ma sarà un segnale. L’Italia che si ferma il 14 novembre non è un’Italia rassegnata: è un’Italia che cerca ancora di farsi ascoltare.