Luciano Bianciardi amava molto Manlio Scopigno. Il grande scrittore preferiva chi sgobbava, odiava i prepotenti, rispettava il lavoro. Come Manlio Scopigno, l’allenatore del Cagliari dello scudetto. Thomas Bernhard racconta che quando il suo amico Paul Wittgenstein – nipote del filosofo Ludwig Wittgenstein – morì, al suo funerale c’erano solo otto o nove persone, mentre lui, Paul, se ne sarebbe aspettato almeno duecento. Ai funerali di Manlio Scopigno, morto a Rieti il 25 settembre 1993, del grande calcio c’erano solo Pierluigi Cera e Gigi Riva. Ora non sappiamo quanti amici del football che conta si aspettasse Manlio Scopigno ma certamente Luciano Bianciardi, fosse stato vivo, avrebbe salutato il filosofo allenatore che portò il tricolore alla città di Cagliari, 1969-’70. Leggeva tantissimo, Manlio Scopigno; amava l’arte, lui iscritto alla Sapienza di Roma, Pedagogia. Infatti lo chiamavano “il Filosofo”. Erano i tempi del passaggio dalla Salernitana al Napoli, dove Manlio, tra il 1951 e il 1953, gioca pochissime partite. Nell’incontro con il Como (Napoli – Como 7-1) segna il quinto gol ma poi gli saltano i legamenti del ginocchio destro, e addio! L’uomo è testardo, ha carattere, è tenace. Indeciso se arrivare a laurearsi o rimanere in qualche modo nel calcio, rimane nel mondo del football. Ricomincia, ora da allenatore, da dove era partito come calciatore: Rieti. Poi allenerà il Todi, ancora il Rieti, l’Ortona, il Lanerossi Vicenza, il Bologna e infine il Cagliari, dove, roba da fantascienza, vincerà lo scudetto.
Rispettava tanto il lavoro, Manlio Scopigno, uomo pratico, altro che filosofo! Boninsegna raccontava che lo aveva visto arrabbiarsi solo quando a tavola si prendevano in giro i camerieri. Un po’ come il suo amico scrittore Luciano Bianciardi, che non sopportava i prevaricatori, i lagnosi e i maleducati. Amava la libertà e dava libertà ai giocatori, puntando sulla responsabilità. Detestava i ritiri e li abolì. Così era Manlio Scopigno, prendere o lasciare! Il Bologna lo lasciò, il Cagliari pure, la prima volta, 1966-’67. Poi ci ripensarono e Manlio, il filosofo dal carattere di un cosacco russo, trionfò in terra sarda.













