Generazioni in partenza: il lungo viaggio dell’emigrazione italiana nelle parole del De Amicis

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Sull'Oceano edizione del 1925

Anche molti formiani emigrarono nel corso del Novecento

La storia dell’emigrazione è uno dei capitoli più importanti per comprendere non solo il passato ma anche il presente dell’Italia. Tra il 1875 e il 1960 questo fenomeno ha coinvolto ben ventisette milioni di persone, tra espatri permanenti e provvisori. La prima, massiccia, emigrazione si ebbe dal compimento dell’Unità d’Italia fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, la seconda tra le due guerre e la terza dal 1946 sino agli inizi Sessanta. Anche tanti formiani furono coinvolti dal flusso migratorio. Chi scrive, ad esempio, può portare la testimonianza di sua nonna materna, Filomena Miele, i cui zii si trasferirono negli Stati Uniti d’America verso la fine degli anni Venti. Anche il padre di Filomena, Angelo, partì assieme ai fratelli ma fu bloccato per motivi sanitari a Napoli. Moltissimi a Formia potrebbero ampliare l’elenco di familiari emigrati nel continente americano e in paesi europei, soprattutto Francia e Germania. Bruna Zottola, la sorella di mio zio Pasquale, scomparso purtroppo più di dieci anni fa, si trasferì a Montréal negli anni Sessanta, dopo la chiusura del pastificio Aprea, presso cui lavorava il marito. La sorella di mio nonno Erasmo, Lucia Trano, emigrò in Canada sul finire degli anni Cinquanta.

La prima emigrazione fu comunque quella più imponente, potremmo definirla biblica. Milioni di italiani, tra il 1875 e il 1915, abbandonarono le proprie terre per cercare lavoro in America, in particolar modo in Argentina e Uruguay. Uomini, donne e bambini costretti a vivere per tre settimane, delle volte anche mesi e ne racconteremo il motivo, in condizioni disumane: dormivano sulle valigie, sui fagotti che raccoglievano i loro pochi panni, guardandosi sperduti, tristi, ubriachi di stanchezza e di nostalgia, bruciati dalla febbre o consumati dal freddo. Di tutto ciò abbiamo preziosa documentazione storica nel magnifico libro Sull’Oceano, scritto da Edmondo De Amicis (a Formia abbiamo una scuola dedicata a questo grande letterato) e pubblicato nel 1889. Giornalista di razza, De Amicis seppe raccontare – lui tra i passeggeri- le settimane di navigazione del piroscafo Galileo, partito da Genova con destinazione Montevideo e, successivamente, Buenos Aires. Ventiquattro notti di traversata atlantica.

Pubblicato dopo il grande successo di “Cuore”, si tratta di un testo ingiustamente dimenticato, che non è solo esempio di letteratura di viaggio ma rara, forse unica, scrittura in modo diretto sulla prima migrazione italiana. Dall’edizione in nostro possesso (Fratelli Treves Editori, 1925) apprendiamo che De Amicis dedicò il libro al valoroso comandante Carlo De Amezaga, in segno d’affetto e gratitudine. Dall’imbarco degli emigranti a Genova fino all’arrivo sul Rio de la Plata, Sull’Oceano narra la miseria del popolo italiano costretto a trovare salvezza in America, precisamente in Argentina e in Uruguay. Apprendiamo infatti che i primi movimenti migratori furono proprio verso Buenos Aires (Buenos Ayres, scrive l’autore) e Montevideo. Viaggiavano sul bastimento, considerando solo la terza classe, ben milleseicento persone, provenienti soprattutto dal Piemonte, Liguria e Veneto anche se non mancavano quelli originari della Basilicata, Puglia, Abruzzo e Campania. Molti Friulani, agricoltori della bassa Lombardia e dell’alta Valtellina. Una città galleggiante, con dentro una fabbrica del ghiaccio e una miriade di personaggi: dagli sposi di Lucca, che mangiavano col viso basso e parlavano senza guardarsi, al frate diretto alla Terra del Fuoco; dal Comandante, ritto sul palco di comando, alla contadina di Capracotta, con un visetto regolare e dolce. La miseria si avverte immediatamente, con gli emigranti che dormivano alla rinfusa, con visi sudici e capelli rabbuffati. Migranti, come accade oggi con quelli che arrivano in Italia (se non sono morti nel Mediterraneo), derubati da delinquenti e agenzie varie. De Amicis annota che sono proprio le agenzie infami a proporre viaggi per l’America salvo poi sbarcare i passeggeri, a tradimento, in un porto d’Europa. Disperati costretti a pagare cifre alte per l’attraversata oceanica su piroscafi e poi imbarcati invece su navi più lente e tenuti in mare per sei mesi. Italiani che credevano di raggiungere l’Argentina, dove li aspettavano i parenti, gettati viceversa sulle coste del Brasile e col rischio di morire per il clima torrido e la febbre gialla. Poveracci sfruttati da criminali e, purtroppo, la Storia insegna che il problema è sempre attuale; questa volta per altri popoli, sventurati come lo eravamo noi nella seconda metà dell’Ottocento.

Edmondo De Amicis, legato al socialismo umanitario, fu scrittore di grande successo.  Altre sue opere: Spagna (1872), Olanda (1874), Ricordi di Londra (1874), Costantinopoli (1877).