Il Governo sta pensando ai provvedimenti da far scattare alla data X del 3 dicembre, quando scadranno le disposizioni dell’attuale Dpcm. Tra le ipotesi al vaglio, negozi per lo shopping aperti a dicembre fino a tardi nelle regioni gialle o arancioni, per “diluire le presenze”. Arriva però anche la “tutela degli affetti”, come riporta Ansa, con la possibilità di spostarsi da una zona rossa in modo da ricongiungersi con i parenti più stretti a ridosso dei giorni di festa. Tutto dovrebbe essere deciso non prima dell’inizio di dicembre, in tempo per preparare festività diverse dalle solite in un Paese che si tinge sempre più di rosso. La “tutela degli affetti” potrebbe essere inserita nel prossimo Dpcm affinché le persone sole non “siano abbandonate”.

Potrebbe significare, in pratica, la possibilità di festeggiare il Natale con i propri parenti spostandosi in una qualsiasi altra regione. Al momento, la riflessione è al vaglio degli esperti e del Governo.

Nel nuovo Dpcm, inoltre, non ci saranno vere e proprie norme per i pranzi e le cene delle feste ma soltanto delle “raccomandazioni”. Verrà stabilito il numero massimo previsto di persone a tavola, che al momento sembra essere sei, e il criterio con cui scegliere i commensali (familiari che si frequentano abitualmente).

Lo ha anticipato la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa. Restano proibiti, inoltre, feste e balli, così come i cenoni in albergo, mentre le piazze saranno chiuse o a numero ristretto. Al vaglio c’è anche l’ipotesi di un allungamento degli orari, con i negozi aperti fino alle 22 o alle 23 e sempre con accessi contingentati dei clienti. Sono emerse, negli ultimi giorni, anche le ipotesi di allungare il coprifuoco a mezzanotte, almeno nei giorni di festività, oltre a un accesso “a numero chiuso” nei centri commerciali per evitare assembramenti. Già il 18 novembre scorso il governatore della Regione Piemonte Alberto Cirio ha ammonito il governo nazionale da evitare di fare gli stessi guasti della recente stagione estiva. Con il coronavirus dobbiamo essere consapevoli che ogni volta che si allarga la maglia dei divieti stabiliti per la prevenzione del contagio si pagano le conseguenze, inesorabilmente. Questa estate le rivendicazioni corporativiste sono state subite dall’intera comunità, e ancora le irresponsabilità crasse nei viaggi e nelle aggregazioni sociali, a cominciare da movide, sale da ballo e ristoranti. Ed ora paghiamo con bollettini giornalieri di decessi da record, che porta l’Italia a 50.000 vittime. Per dare l’idea considerare che è un numero di morti superiore abbondantemente alla popolazione di una cittadina di medie dimensioni, come, ad esempio, Terracina. E poi come fa il governo nazionale a parlare di stare a tavola con “familiari che si frequentano abitualmente”, in una nazione fatta da emigranti, frutto di una massiccia emigrazione estera e interna. E poi come parlare di sei commensali in famiglie costituite da genitori/nonni, figli e coniugi, nipoti. Soltanto così una famiglia standard supera i sei, “la famosa sufficienza scolastica”. E allora? Semplicemente “speriamo che io me la cavi”.