Close-up of a woman sweeping the leftovers from a meal into a blue garbage bin. AdobeRGB colorspace.

La Giornata Internazionale della consapevolezza sugli sprechi e la perdita alimentare si celebra oggi 29 settembre 2020, per la prima volta.

Non è casuale che questa importante iniziativa della FAO nasca nel 2020, l’anno marchiato dalla tragedia mondiale della pandemia Covid-19 che però ha portato anche a una sensibilizzazione globale sulla necessità di ripensare al modo in cui il cibo viene prodotto, distribuito e consumato.

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Dal 2014 il numero di persone in tutto il mondo colpite dalla fame è in continuo aumento e oggi si contano 820 milioni di uomini, donne e bambini che soffrono di denutrizione.

Ridurre le perdite e gli sprechi alimentari è dunque essenziale, eppure ogni anno circa un terzo del cibo commestibile viene sprecato: circa 1,3 miliardi tonnellate. 

All’evidente e pesante danno economico si aggiunge anche quello ambientale, dato che lo spreco alimentare è responsabile di circa 4,4 miliardi di tonnellate di gas serra emesso nell’atmosfera e di un consumo di acqua pari a 170 miliardi di metri cubi. 

Ridurre gli sprechi alimentari per salvare il nostro Pianeta: un dovere dei governi ma anche di noi semplici consumatori.

In attesa di nuovi disegni di legge e campagne di sensi­bilizzazione, che cosa possiamo fare noi consumatori per non sprecare il cibo? Possiamo, e non è poco, cambiare le nostre abitudini e seguire alcune regole.

Tra le prime strategie da adottare, per esempio, c’è quella di stilare sempre una lista della spesa per non andare al super­mercato senza sapere esattamente che cosa serve davvero e che cosa, invece, abbiamo già in dispensa.

Inoltre, uno studio suggerisce di non fare la spesa con il cellulare in mano: parlare con un amico o controllare i social distrae a tal punto che, una volta alla cassa, il carrello risulterà pieno di alimenti del tutto inutili. 

Importante è poi imparare a leggere le etichette. Si stima infatti che circa la metà di quanto finisce nella spazzatura potrebbe ancora essere mangiato senza alcun rischio per la salute. Le indicazioni sulla scadenza possono trarre in inganno, ma la scritta da consumare preferibilmente entro non significa che a due giorni da quella data il cibo è da buttare. Vuol dire invece che anche dopo un mese il prodotto può esser consumato, purché sia conservato bene, anche se potrebbe aver perso un po’ del suo sapore e delle sue proprietà nutritive.

Consumare entro, invece, è un’indicazione più restrittiva, ma uno yogurt può essere mangiato anche due o tre giorni dopo la data di scadenza (tenendo presente che il numero di fermenti lattici può ridursi), mentre una vaschetta di prosciutto cotto può restare aperta anche un paio di giorni, senza che sia necessario buttarne il contenuto.

Per non sprecare il cibo, inoltre, può servire pianificare i pasti nell’arco della settimana e anche fare la spesa più spesso, evitando quindi spese super e comprando di volta in volta ciò che mangeremo nel giro di pochi giorni.

Anche perché il frigorifero non deve scoppiare. Soprattutto, dovremmo aver la pazienza di sistemare gli alimenti acquistati nei vari ripiani che hanno temperature diverse per una migliore conservazione.

Per esempio, nella parte inferiore (2 °C) vanno riposti carne e pesce, nella zona centrale (4-5 °C) uova e latticini, nel cassettone frutta e verdura.

Gli avanzi che finiscono nell’immondizia dei ristoranti italiani ammontano a circa 185.000 tonnellate all’anno. Ecco allora un ultimo suggerimento: non lasciare il cibo nel piatto ma chiedere un contenitore per portarsi gli avanzi a casa. Purtroppo, raramente lo facciamo per il timore di essere giudicati male.

Ma possiamo provarci, pensando a noi e al nostro Pianeta.