Giovedì 20 agosto alle 21 a Itri, piazzale Gianni Rodari, si svolgerà una manifestazione culturale per celebrare i sessanta anni del film ‘La Ciociara”, di Vittorio De Sica. Il capolavoro, tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, premio Oscar per la migliore interpretazione femminile ad una straordinaria Sophia Loren, verrà proiettato nella versione restaurata che permetterà di ammirare le immagini dei luoghi del sud pontino nei quali è stato girato. In particolare, la città di Itri che partecipò con angoli che costituirono lo sfondo di scene – madri, come la salita di San Gennaro e cittadini che funsero da comparse. La data scelta per il ricordo del sessantesimo della realizzazione coincide con quella citata nel diario che De Sica tenne durante la lavorazione, quando riporta, rivolgendosi alla figlia Emi, che il 20 agosto 1960 il grande attore inglese Peter Sellers fece visita al set per proporgli di dirigere un film e conoscere l’attrice protagonista, di cui successivamente si innamorò. Di questa visita è rimasta una foto che ritrae l’attore con De Sica, la Loren, Jean Paul Belmondo e Carlo Ponti, che farà parte della mostra allestita da Carlo Alberoni, presidente dell’Associazione Confronto di Fondi, che curerà una brochure con foto e testi, distribuita agli spettatori. Prima della proiezione, interverranno il Sindaco Antonio Fargiorgio, la Professoressa Antonella Massaro, docente di Diritto penale dell’Università Roma Tre, che parlerà dell’attualità del film nella rappresentazione della violenza sessuale al cinema e Virginio Palazzo, consigliere delegato dell’Associazione Giuseppe De Santis che si soffermerà sul rapporto tra Vittorio De Sica e il Neorealismo. Condurrà la serata il Prof. Salvatore Mazziotti, docente di Storia e Filosofia al Liceo Tasso di Roma. La manifestazione gode del patrocinio del Comune di Itri e della Pro loco di Itri.

La locandina dell’evento

Le tragiche “marocchinate” non debbono essere dimenticate per rispetto di tutte le donne della nostra terra che le subirono, che contrassero sovente la sifilide e per la vergogna addirittura in massa non presentarono mai la domanda per il riconoscimento dell’indennizzo di guerra. Una pagina tragica a vergogna degli ufficiali francesi che comandavano queste truppe coloniali. Non per nulla Papa Pio XII a Roma non volle ricevere il loro comandante essendo venuto a conoscenza di tali nefandezze. Gli alleati sfondarono la Gustav grazie all’azione dei francesi. Questi, però, utilizzarono truppe del nord Africa, i marocchini, in realtà operarono anche algerini, tunisini e senegalesi. Queste, dopo la vittoria, si resero protagoniste di stupri di massa a Ausonia, Esperia (centinaia di casi), Campodimele, Pico, Lenola, San Giovanni Incarico… Alla fine si arriverà a una cifra di alcune migliaia. Tale dato include donne e uomini, sacerdoti e suore, bambini e anziani.

Truppe marocchine

Lo storico Pier Luigi Guiducci, da sempre impegnato a ricostruire con verità l’attività del Pontefice che guidò la Chiesa dal 1939 al 1958 ricorda gli interventi rivolti a porre fine alle atrocità compiute dai marocchini, inquadrati nell’esercito francese che combatté al fianco degli anglo americani.

Lo storico ribadisce: “Con il termine “marocchinate” si intendono gli stupri di massa compiuti dagli arabi a danno di donne, bambini, adolescenti di entrambi i sessi, suore, alle depredazioni di chiese e conventi, all’uccisione o alla mutilazione di sacerdoti, mariti, padri di famiglia, che tentarono di opporsi alle violenze e di difendere invano mogli, madri, figlie, sorelle. Spesso anche gli uomini subivano violenze sessuali se giovani e piacenti. La zona in cui la furia dei marocchini si evidenziò con maggiore crudezza fu la Ciociaria dove, all’indomani del passaggio a Cassino, i comandanti francesi concessero campo libero ai soldati arabi per ripagarli dei successi conseguiti. Pio XII dopo aver appreso degli orrori compiuti dai marocchini a pochi chilometri da Roma, si attivò con proteste formali nei confronti degli alleati adoperandosi affinché la Capitale, ormai prossima all’essere liberata, fosse risparmiata da questa onta, che rischiava di rivelarsi addirittura peggiore dell’orribile sacco compiuto dai lanzichenecchi nel 1527. Sarà il cardinale Eugenio Tisserant nativo di Nancy a vestire i panni dell’ambasciatore personale del Papa presso l’esercito francese con l’obiettivo di scongiurare l’arrivo a Roma delle truppe arabe. È stata ritrovata la ricca corrispondenza fra Tisserant e il comandante francese; il porporato a nome di Pacelli denuncia le atrocità compiute dai marocchini in Ciociaria e ricorda che Roma è stata proclamata “città aperta”. Insiste quindi affinché l’esercito marocchino non transiti nella Capitale e non siano più consentiti episodi simili, né a Roma, né nel resto d’Italia. Dopo numerose insistenze, il Vaticano ottiene la rassicurazione che i marocchini non saranno fatti passare a Roma e che l’esercito francese controllerà che non siano compiuti altri crimini come quelli avvenuti in Ciociaria. Ed in effetti i francesi cercheranno da quel momento in poi di porre un freno alle “marocchinate”, passando per le armi i soldati che disattendendo gli ordini e sfuggendo al controllo dell’esercito francese, si macchieranno di gravi nefandezze (altre violenze saranno perpetrate nella zona intorno a Siena).

Gli anziani ricordano ancora le truppe marocchine transitare per i centri del Lazio sotto lo sguardo vigile e attento dei soldati francesi armati di frusta pronti ad usarla di fronte al minimo cenno di indisciplinatezza. Al loro passaggio le città si svuotavano, le famiglie si chiudevano nelle case, proprio perché avevano saputo ciò che era accaduto a sud di Roma. Se Roma dunque, oltre ad essere salvata dalla battaglia, lo fu anche dall’invasione dei marocchini, fu grazie all’intervento diretto di Pio XII che subito dopo la liberazione di Roma e lo scongiurato pericolo, solleciterà anche il presidente francese Charles De Gaulle a perseguire i crimini compiuti dai marocchini in terra ciociara dove per anni le ferite delle violenze continueranno a sconvolgere la mente dei sopravvissuti”.