Marco Bonarrigo sul quotidiano Il Corriere della Sera scrive: Se non proprio liberalizzato, dal 1° gennaio scorso lo «sballo» nello sport agonistico è consentito entro un preciso confine temporale: le 23 e 59 del giorno precedente a «quello in cui l’atleta partecipa alla competizione» e poi da subito dopo «il controllo medico successivo alla competizione» fino alla gara successiva.

Se assume stupefacenti prima o dopo quella fascia temporale (20 ore al massimo), un atleta trovato positivo a una delle quattro sostanze d’abuso (cocaina, eroina, cannabis ed ecstasy) e ai loro derivati se la cava con una squalifica simbolica che va dal minimo di uno a un massimo di tre mesi contro i 2/4 anni del passato.

Lo stabilisce la Wada, l’agenzia mondiale antidoping, che ha appena modificato il suo Codice rendendo lievissime le pene per chi viene trovato positivo alle «sostanze comunemente definite di abuso al di fuori del contesto sportivo» e dando luogo a una serie di richieste di revisione del processo con riduzione della pena da parte di chi sta scontando una squalifica.

In sintesi, se l’atleta dimostra di averle consumato coca o cannabis fuori competizione e senza l’intento di migliorare le proprie performance se la cava con tre mesi di stop ridotti a trenta giorni qualora decida di partecipare a un programma di rieducazione approvato dalla Wada stessa.

Rispetto a un passato fatto di pubblica gogna e sanzioni pesanti, un salto mortale all’indietro. Diego Maradona pagò con 18 mesi di squalifica la positività alla coca dopo il match Napoli-Bari del 1991, il suo connazionale Claudio Caniggia rimediò 13 mesi dopo un Roma-Napoli del 1993.

Nel 1999 Javier Sotomayor, leggenda cubana del salto in alto e tuttora primatista del mondo, fu stoppato per un anno. In Italia, tra centinaia di squalifiche in venti sport diversi, la pena massima prevista dal vecchio Codice (due anni) è stata applicata in numerose occasioni come nel caso di Mark Juliano — trovato positivo nel 2008 quando militava nel Ravenna — a cui non venne concesso nessuno sconto di pena o del ciclista Luca Paolini che fu espulso dal Tour de France 2015 e scontò 18 mesi chiudendo la sua carriera.

Caso limite quello del velocista-ciclista Mattia Gavazzi, positivo per quattro volte in carriera a partire dalla categoria juniores: per lui inevitabili i quattro anni di sospensione previsti per le recidive gravi.

In genere, chi aveva buoni avvocati e federazioni più permissive (tennis e sport motoristici in prima linea) se la cavava con poco.

Adesso, per vedersi accordato lo sconto di pena, l’atleta dovrà solo dimostrare di non aver preso la sostanza subito prima del match o della gara.

La Wada indica alcune linee guida per determinare l’orario di assunzione (il superamento dei 1000 ng/Ml di metaboliti della coca, e di 180 per la cannabis è indice di assunzione qualche ora prima del controllo) ma precisa che ogni caso andrà discusso individualmente valutando bene gli elementi della difesa.

La decisione ha scatenato polemiche furibonde tra chi la vede come un via libera a sostanze molto pericolose come ecstasy ed eroina e all’uso indiscriminato della cocaina che può effettivamente alterare le prestazioni sportive. 

Senza contare l’ambiguità del messaggio etico. Il portavoce della Wada James Fitzgerald se l’è cavata così: «Durante l’ampio processo di revisione per la versione 2021 del Codice mondiale antidoping abbiamo ricevuto un considerevole numero di feedback. Si è ritenuto che l’uso di questi farmaci sia spesso estraneo alle prestazioni sportive e avvenga in contesti sociali particolari. Si è ritenuto anche che nei casi in cui un atleta ha un problema di droga e non sta cercando o beneficiando di un miglioramento delle prestazioni, la priorità dovrebbe essere sulla sua salute piuttosto che su una lunga sanzione sportiva.

Le notevoli risorse per discutere in udienze sulla durata appropriata della sanzione nei casi di abuso di sostanze potrebbero essere spese meglio per indagini antidoping che influiscono davvero sulla parità di condizioni dello sport».

Nelle 4180 positività rilevate dalla Wada nel 2019 i cannabinoidi sono stati trovati 130 volte, la cocaina 77, i composti a base di ecstasy quattro volte.

Nessun caso di positività all’eroina, anche se preoccupano le 30 a sostanze narcotiche come metadone e morfina.

Restando in Italia, dei 119 «esiti avversi» del 2019 ben 28 sono riferibili direttamente o indirettamente a sostanze d’abuso.