Le riprese del film hanno regalato alla lingua napoletana due testi stupendi, uno dei quali è divenuto una canzone immortale e amata in tutto il mondo. Nel film Totò canta “Gnornò, nun si ‘na femmina”, una sua poesia che appositamente per l’occasione ha musicato e cantato. Ma l’episodio più importante è che durante la lavorazione del film nel Grande Albergo Miramare di Formia Totò annota su un pacchetto di sigarette Turmac le parole pensate sul momento di una canzone, divenuta poi famosa in tutto il mondo. Le fa sentire al suo autista che non le apprezza, ma lui non desiste e continua ad avere nelle orecchie il ritornello. Nel sentire una sirena pensa alla base musicale. Nasce in tal modo “Malafemmena”. I biografi si sono scatenati nell’individuare la donna a cui è dedicata, ma a chi scrive non interessa, ognuno di noi può dedicarla a una donna artefice di una personale  cocente delusione sentimentale.

Nun si na femmina

di Antonio De Curtis

Quanto sò belle sti manelle ‘e fata
quanto sò: belle st’uocchie tuie curvine
e chesta chioma nera e avvellutata
pare na massa ‘e file ‘e seta fine.

Gnernò, nun sì na femmena,
tu sì na cesta ‘e rose
sì nu canisto ‘e fravule addirose;
Gnorsì, te l’aggia dicere
ca ‘nterra sì na stella
tu sì na scarda ‘e femmena,
sì troppo bella, bella ojnè .

‘A primma vota ca t’aggio ‘ncuntrata
nu lampo me sentette ‘e venì ‘mpietto
e ‘ncapa a mme penzaie mo chisto è stato
‘o Pateterno a farme stu dispietto.

Gnernò, nun sì na femmena,tu sì na meraviglia
ma comm’ ‘a fatto mammeta sta figlia;
Gnorsì , te l’aggia dicere
ca sì na melodia
tu sì ‘a cchiù bella musica,
d’ ‘a vita mia, spusate a mme.

S’io fossi ‘o presidente ‘e na giuria,
senza pensarce ‘ncoppa t’eleggesse
l’unica Miss ‘e tutta ‘a vita mia
e forte dint’ ‘e braccia t’astrignesse.

Gnernò, nun sì na femmena,
tu sì na tentazione
si ‘nu supplizio sì na dannazione;
Gnorsì, te l’aggia dicere
ca sì na calamità peggio d’ ‘a bomba atomica
me lieve ‘a vita, crideme a mme.

MINTURNO PROTAGONISTA DEL CINEMA ITALIANO NEL LONTANO 1951

Proposta di conferire a Totò il titolo di Cittadino Benemerito

Recentemente Gaeta e Formia sotto i riflettori cinematografici insieme, nel film “Compromessi sposi” del regista Francesco Miccichè con attori del calibro di Diego Abatantuono e di Vincenzo Salemme. Le due città, spesso rivali, sono unite dalle location di una commedia leggera e divertente in cui Salemme interpreta il ruolo del sindaco del comune gaetano, con riprese girate nello stesso palazzo municipale. Ma vi è un precedente storico molto più noto nella storia del cinema italiano. Si tratta del film “Totò terzo uomo”, per la regia di Mario Mattoli, uscito nelle sale cinematografiche italiane nel lontano 23 settembre 1951.

L’Italia era uscita dalla tragedia bellica da soli sei anni e Totò si rese protagonista di un film che diede celebrità a Minturno. Il critico cinematografico Arturo Lanocita sul quotidiano Il Corriere della Sera scrisse per l’occasione: “Pietro, Paolo e il terzo uomo sono sempre l’inesauribile Totò le cui trovate, la cui spassosa recitazione e la cui mimica riempiono il film conferendovi una continua comicità”. Tutti gli esterni sono stati girati nel territorio comunale minturnese, mentre gli interni nelle sale del Grande Albergo Miramare, già residenza estiva della Regina Elena di Savoia ed ora il più importante complesso turistico alberghiero formiano condotto con perizia dal direttore Antonio Celletti, coadiuvato dalla sua deliziosa figlia Annangelica.

I locali interni hanno avuto la funzione delle stanze del sindacò. Totò entrava nel portone sito nella Loggia del Paradiso minturnese e scattavano le scene del Miramare. Un Totò eccezionale che interpreta contestualmente tre fratelli, personaggi con caratteristiche caratteriali diverse. In un paese indefinito (Minturno) vivono Pietro e Paolo, due fratelli gemelli di opposti caratteri; Pietro, sindaco del paese, è burbero, preciso, pignolo tutto d’un pezzo e non lascia mai parlare la moglie; totalmente diverso dal fratello è Paolo, che ama la bella vita e le belle donne, come la moglie dell’oste Oreste a discapito della moglie. La diatriba tra i due fratelli si ripercuote su tutto il paese, perché la costruzione del nuovo carcere, che darà pane e lavoro a tutti, sorgerà su un terreno di proprietà di Paolo e nonostante già ci sia la delibera comunale all’acquisizione del terreno da parte del Comune, Pietro si rifiuta di portare avanti la transazione con il fratello, bloccando così l’inizio dei lavori, perché teme si possa pensare che faccia favoritismi al fratello.

A tentare di approfittare della situazione ci proverà Anacleto, il sarto del paese, più bravo ad imbastire truffe che vestiti: egli in galera ha conosciuto Totò, il terzo fratello gemello segreto di Pietro e Paolo, che, una volta tornato libero, ha istruito per entrare a casa di Pietro, spacciandosi per quest’ultimo, per farsi dare i soldi spettanti a Paolo per la vendita del terreno. La messa in scena genera una serie di equivoci, perché Totò, nelle vesti di Pietro, nonostante le istruzioni di Anacleto per assomigliargli in tutto e per tutto, si comporterà in modo totalmente diverso dal burbero sindaco, generando non pochi equivoci, ma uscendone a mani vuote, perché i soldi sono stati direttamente consegnati dal messo comunale a casa di Paolo. Per recuperarli, Totò entra pure a casa di Paolo, spacciandosi per quest’ultimo e creando altri equivoci con la moglie e con la procace cameriera dello stesso, senza però recuperare i soldi a causa del sopraggiungere del vero Paolo.

Pietro e Paolo, convinti rispettivamente che l’altro sia entrato in casa propria spacciandosi per sé, si denunciano al procuratore; così mentre va in scena un processo surreale senza capo né coda, Totò viene rapito dall’oste Oreste che, credendolo Paolo, vuole farlo fuori per gelosia; Totò riesce a salvarsi grazie all’aiuto dell’ubriacone del paese, l’unico che aveva visto sia Totò che Paolo uscire da casa di quest’ultimo, ma non era stato creduto perché regolarmente ubriaco. Intanto in tribunale, tra la confusione generale, qualcuno inizia a sospettare che possa esistere un terzo fratello: in questo caso Pietro è pronto a regalargli il suo capanno da pesca e Paolo i suoi fucili e i suoi cani da caccia. A questo punto, Totò raggiunge il tribunale rivelando tutta la verità. Per il terzo fratello si prospetta finalmente una vita tranquilla e agiata, grazie ai lasciti dei suoi fratelli, in compagnia della bella ex cameriera di Paolo. Il film nel titolo sembrerebbe una parodia de “Il terzo uomo” interpretato da Orson Welles e Alida Valli, ma in realtà il riferimento è solo nel titolo e nella musiche.

È struggente vedere passeggiare dinanzi al Castello Caracciolo Carafa donne locali negli stupendi costumi di pacchiane, oggi, ormai, scomparsi nella vita quotidiana; per ammirarli bisogna attendere gli appuntamenti folcloristici. Totò meriterebbe il conferimento del titolo di cittadino emerito, che è possibile conferire anche agli estinti, con delibera del consiglio comunale. In tal senso va sollecitato il sindaco Gerardo Stefanelli, che – senz’altro – recepirà la proposta.

di Gian Paolo Caliman