La Comunità del Lazio Meridionale e delle Isole Pontine ha lanciato una petizione diretta a Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, a Paola Villa sindaco del Comune di Formia e al direttore dell’ASL di Latina: “chiediamo che l’attività di emodinamica sia estesa alle 24 ore, la risonanza magnetica sia aperta anche agli utenti non ospedalizzati, venga acquistata una nuova TAC a 128 strati, più performante. Attualmente l’emodinamica è aperta solo 6 ore nei giorni feriali. Chi è colpito dall’infarto fuori da questo orario viene trasferito a Latina con distanze e tempi non tollerabili. Attualmente la risonanza magnetica presta esami solo ai pazienti ospedalizzati.

Il Dottor Francesco Carta

Attualmente la TAC esistente è a 16 strati. Così non è tutelata la salute dei cittadini! Il cardiologo Francesco Carta, che conosce bene la realtà del nosocomio cittadino e che è un combattente “senza macchia e senza paura” all’uopo fa presente che: “Dedico queste note ad Alberto Rossini, per la sua scomparsa improvvisa: un colpo durissimo, straziante, inimmaginabile per la sua famiglia alla quale va la vicinanza di noi tutti. Il Virus ci ha talmente presi da farci dimenticare che si continua a morire di infarto e ce lo ha fatto ricordare con un evento terribile che ha colpito una persona mite, buona e perciò ben voluta da tutti. Il Corona non solo ha colpito duro sui cardiopatici (per la letalità) ma ne ha indirettamente provocato una disattesa di cura. La paura del contagio ha fatto triplicare la mortalità per infarto, passata dal 4.1% al 13.7 %.

Questo è quanto emerge da una ricerca che sta per essere pubblicata sull’European Heart Journal, effettuata su 54 ospedali dalla Società Italiana di Cardiologia. Lo studio confronta la percentuale di infarti avvenuti nella settimana 12/19 marzo, durante la pandemia di Covid-19, con lo stesso periodo dello scorso anno. Il peggioramento dei dati di mortalità per infarto era stato già intuito dai cardiologi non appena scoppiata la pandemia. Le cause vanno dalla mancanza di cure (la riduzione dei ricoveri è stata del 60%) ai ritardi (i tempi sono aumentati del 39%), legati alla paura del contagio. Molti reparti sono stati utilizzati per curare pazienti affetti da Covid-19 e gran parte delle persone colpite da Infarto ha raggiunto i centri di cura con ritardi notevoli e tali da inficiare l’intervento di Angioplastica Primaria praticata per ricanalizzare le arterie ostruite. Nell’approccio all’infarto, la comunità scientifica ha coniato slogan chiarissimi per descrivere la necessità di riconoscere rapidamente i sintomi e tagliare al massimo i tempi di intervento. Lo slogan il “Tempo è muscolo e vita” sta ad indicare che l’intervento più è precoce e più si risparmia massa muscolare cardiaca”. Quindi fa presente che: “In questi giorni parte una nuova campagna, voluta da “Il Cuore Siamo Noi – Fondazione Italiana Cuore e Circolazione Onlus”, con il patrocinio della Società Italiana di Cardiologia. Le persone devono imparare a riconoscere subito i segni tipici dell’infarto (come il dolore costrittivo retrosternale) e i soccorsi devono ridurre ogni possibile ritardo garantendo il trasferimento nel più breve tempo possibile a centri dotati di un laboratorio di emodinamica.

È oramai dimostrato che un intervento successivo ai 90 minuti dall’esordio dei sintomi può addirittura quadruplicare la mortalità dei pazienti. Gli ultimi studi clinici hanno dimostrato però che non esiste un ‘tempo soglia’ che permetta di discriminare tra intervento tempestivo o meno, ma che la prognosi del paziente peggiora in maniera continua all’aumentare del ritardo nel trattamento”. Con grande chiarezza spiega: “Per questo ogni minuto conta soprattutto per quei pazienti che si presentano in condizioni gravissime, con perdita di coscienza. Basti solo pensare che in questi casi, nei quali la mortalità purtroppo è ancora oggi del 50 – 70 % anziché di circa il 3% come negli infarti classici, per ogni ritardo di 10 minuti nel trattamento si registrano ben tre morti in più su 100 pazienti trattati”. Francesco Carta crede nella sua battaglia: “Per questo abbiamo lanciato una raccolta di firme per chiedere che l’attività dell’Emodinamica dell’Ospedale Dono Svizzero venga ampliata all’intero arco della giornata e di tutti i giorni (attualmente è attiva solo 6 ore nei giorni feriali). La scomparsa di Alberto ci scuote ma ci sprona anche ad andare avanti con il suo ricordo”. Per le cronache Alberto Rossini, dipendente comunale formiano, è stato un indimenticabile presidente del Calcio Formia ed è morto in questi giorni strapazzando a terra nel Pronto Soccorso del Dono Svizzero. A soli 56 anni è deceduto, quando finalmente si era recato al nosocomio per un dolore persistente; era purtroppo un infarto in atto.