Il parlamentare Raffaele Trano sull’inchiesta della DDA sul porto di Gaeta dichiara ai media: “Pensare che un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sui traffici illegali di rifiuti, trattati, imbarcati e spediti dai clan dei Casalesi, dal porto di Gaeta in tutto il mondo, e in particolare secondo l’ultima indagine in ordine di tempo alla volta della Bulgaria, possa considerarsi una notizia, una stravolgente notizia di cui meravigliarsi, è inaccettabile.

Sono anni, decenni, che giornalisti, comitati, associazioni, persino gli stessi pentiti interni al medesimo clan, raccontano del porto di Gaeta come di un luogo oscuro, dedito ad affari loschi e spesso nelle mani della camorra, che se ne è servita per trafficare in rifiuti e armi.

Lo affermava quasi 30 anni fa ad esempio Ilaria Alpi, la brava giornalista Rai brutalmente assassinata insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin, che a Gaeta ci arrivò indagando proprio sui traffici di armi e rifiuti, che dall’Italia partivano alla volta della Somalia, per alimentare la guerra civile in corso e che secondo la Alpi facevano parte di accordi trasnazionali all’interno di progetti di cooperazione.

Non fu solo brutalmente ammazzata con una tipica esecuzione camorristica, ma le indagini sulla sua morte furono persino più abominevoli, con arresti fasulli, carcerazioni di facciata e depistaggi di Stato e altre porcate del genere, senza che mai, ancora oggi, arrivassimo alla verità circa le motivazioni e i mandanti di quell’omicidio.

Ma ce lo aveva detto anche Carmine Schiavone, che il porto di Gaeta era tra quelli utilizzati abitualmente dai clan per far partire le cosiddette “navi a perdere”, ovvero grossi carichi di rifiuti speciali, magari “forniti” da spregiudicate industrie compiacenti e paganti, che poi venivano fatti affondare con tutta la nave che li portava in mare aperto, così da risparmiare grosse somme per il regolare smaltimento di rifiuti.

Abbiamo ancora testimonianze video dove Schiavone racconta di almeno due occasioni ben precise citando proprio il porto di Gaeta.

Ciò detto, oggi l’aspetto semmai più interessante è sapere che, secondo l’indagine, “grazie a persone ben altolocate negli ambienti del clan, si sarebbe potuto relazionare con esponenti pubblici dalle varie zone interessate dalla gestione dei rifiuti che avrebbe potuto corrompere”.

Eccola qua la politica. Aspettiamo allora, con grande fiducia negli organi inquirenti e nella magistratura, di sapere finalmente chi sono e chi sono stati gli appoggi istituzionali eventualmente coinvolti nel territorio della Provincia di Latina, della Regione Lazio, del supontino.

Ho denunciato senza mezzi termini tutta la mia contrarietà all’utilizzo del porto di Gaeta come base per il commercio di rifiuti attraverso video, comunicati stampa ed ogni mezzo a mia disposizione.

Ho quindi presentato, insieme ai colleghi di “Alternativa”, una mozione affinché venissero colmate annose lacune, ma per l’ennesima volta il Parlamento l’ha respinta. Avevo chiesto tra l’altro interventi per evitare che il porto di Gaeta rischi di diventare uno degli snodi dei traffici criminali, un distaccamento a Latina della Direzione distrettuale antimafia, una sezione distaccata della squadra mobile nel sud pontino e di riaprire la sezione distaccata del Tribunale di Latina a Gaeta.

La cecità della maggioranza di governo ed il bisogno di legalità di questo territorio appaiono ancora più stridenti davanti all’inchiesta del pm Fabrizio Vanorio che ricopre dal luglio 2012 l’incarico di componente stabile della Direzione distrettuale antimafia – III Area, che si occupa del contrasto ai clan della provincia di Caserta con specifica delega per quanto riguarda il clan “dei Casalesi”.

Purtroppo da parte dell’amministrazione comunale di Gaeta ho registrato solo una serie di dichiarazioni molto superficiali e l’irrisione dei consiglieri comunali di opposizione che avevano sommessamente chiesto spiegazioni tramite un’interrogazione mentre al momento sono ancora da decifrare l’utilità e l’efficacia del protocollo sulla sicurezza e legalità presentato lo scorso marzo in un incontro con il prefetto di Latina Maurizio Falco, il sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano ed il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale Pino Musolin

“Pensare che un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sui traffici illegali di rifiuti, trattati, imbarcati e spediti dai clan dei Casalesi, dal porto di Gaeta in tutto il mondo, e in particolare secondo l’ultima indagine in ordine di tempo alla volta della Bulgaria, possa considerarsi una notizia, una stravolgente notizia di cui meravigliarsi, è inaccettabile.

Sono anni, decenni, che giornalisti, comitati, associazioni, persino gli stessi pentiti interni al medesimo clan, raccontano del porto di Gaeta come di un luogo oscuro, dedito ad affari loschi e spesso nelle mani della camorra, che se ne è servita per trafficare in rifiuti e armi.

Lo affermava quasi 30 anni fa ad esempio Ilaria Alpi, la brava giornalista Rai brutalmente assassinata insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin, che a Gaeta ci arrivò indagando proprio sui traffici di armi e rifiuti, che dall’Italia partivano alla volta della Somalia, per alimentare la guerra civile in corso e che secondo la Alpi facevano parte di accordi trasnazionali all’interno di progetti di cooperazione.

Non fu solo brutalmente ammazzata con una tipica esecuzione camorristica, ma le indagini sulla sua morte furono persino più abominevoli, con arresti fasulli, carcerazioni di facciata e depistaggi di Stato e altre porcate del genere, senza che mai, ancora oggi, arrivassimo alla verità circa le motivazioni e i mandanti di quell’omicidio.

Ma ce lo aveva detto anche Carmine Schiavone, che il porto di Gaeta era tra quelli utilizzati abitualmente dai clan per far partire le cosiddette “navi a perdere”, ovvero grossi carichi di rifiuti speciali, magari “forniti” da spregiudicate industrie compiacenti e paganti, che poi venivano fatti affondare con tutta la nave che li portava in mare aperto, così da risparmiare grosse somme per il regolare smaltimento di rifiuti.

Abbiamo ancora testimonianze video dove Schiavone racconta di almeno due occasioni ben precise citando proprio il porto di Gaeta.

Ciò detto, oggi l’aspetto semmai più interessante è sapere che, secondo l’indagine, “grazie a persone ben altolocate negli ambienti del clan, si sarebbe potuto relazionare con esponenti pubblici dalle varie zone interessate dalla gestione dei rifiuti che avrebbe potuto corrompere”.

Eccola qua la politica. Aspettiamo allora, con grande fiducia negli organi inquirenti e nella magistratura, di sapere finalmente chi sono e chi sono stati gli appoggi istituzionali eventualmente coinvolti nel territorio della Provincia di Latina, della Regione Lazio, del supontino.

Ho denunciato senza mezzi termini tutta la mia contrarietà all’utilizzo del porto di Gaeta come base per il commercio di rifiuti attraverso video, comunicati stampa ed ogni mezzo a mia disposizione.

Ho quindi presentato, insieme ai colleghi di “Alternativa”, una mozione affinché venissero colmate annose lacune, ma per l’ennesima volta il Parlamento l’ha respinta. Avevo chiesto tra l’altro interventi per evitare che il porto di Gaeta rischi di diventare uno degli snodi dei traffici criminali, un distaccamento a Latina della Direzione distrettuale antimafia, una sezione distaccata della squadra mobile nel sud pontino e di riaprire la sezione distaccata del Tribunale di Latina a Gaeta.

La cecità della maggioranza di governo ed il bisogno di legalità di questo territorio appaiono ancora più stridenti davanti all’inchiesta del pm Fabrizio Vanorio che ricopre dal luglio 2012 l’incarico di componente stabile della Direzione distrettuale antimafia – III Area, che si occupa del contrasto ai clan della provincia di Caserta con specifica delega per quanto riguarda il clan “dei Casalesi”.

Purtroppo da parte dell’amministrazione comunale di Gaeta ho registrato solo una serie di dichiarazioni molto superficiali e l’irrisione dei consiglieri comunali di opposizione che avevano sommessamente chiesto spiegazioni tramite un’interrogazione mentre al momento sono ancora da decifrare l’utilità e l’efficacia del protocollo sulla sicurezza e legalità presentato lo scorso marzo in un incontro con il prefetto di Latina Maurizio Falco, il sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano ed il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale Pino Musolino”.