Continuando il viaggio nel mondo politico, questo mese parliamo di Antonio Signore che ha avuto un lungo percorso istituzionale. Il professor Antonio Signore, oggi ottantenne, ha insegnato Letteratura italiana e latino nel rinomato Liceo scientifico Leon Battista Alberti di Minturno, Istituto da lui stesso voluto quando era presidente della provincia che inserì come progetto nel piano dell’edilizia scolastica insieme ad altri Istituti della provincia di Latina. Le sue capacità politiche ed esecutive si sono espresse al massimo nell’ultimo trentennio del ‘900 sempre con largo consenso politico ed elettorale e con coerenza rispetto alla sua scelta socialista – riformista, in una fase storica “piena di saltimbanchi, privi di cultura politica e amministrativa”. Nel 1965, Antonio Signore aderisce al partito socialista e ciò consente lui di interagire con esponenti del calibro di Pietro Nenni, Riccardo Lombardi, Fabrizio Cicchitto, Mario Zagari, Antonio Landolfi e molti altri.

Antonio Signore – Ricopre il ruolo di segretario provinciale e regionale del Partito socialista italiano (PSI). Nel 1985 viene eletto Presidente della Provincia e nel 1990 Consigliere regionale e Presidente del Consiglio regionale che lascia dopo due anni per ricoprire l’incarico di Assessore alla Sanità regionale a causa di una difficile situazione economico-finanziaria della stessa. Antonio Signore ha sempre rivolto lo sguardo alle fasce più deboli della società, dall’impronta kennediana, come da molti definito. C’è un episodio saliente in questo avvincente percorso politico? “Si. Da Presidente della Provincia riuscii a surclassare gli avversari interni alla coalizione, in particolare l’ex Sindaco di Latina e leader democristiano Nino Corona. Il rapporto tra DC e PSI era molto dialettico e difficile per via di scelte politiche gestionali e territoriali. Non è detto però che noi socialisti avessimo sempre ragione. La cultura di governo non è acquisizione facile e scontata.

Antonio Signore – Era presente in maniera differenziata un po’ in tutte le forze politiche del pentapartito di allora e del “vecchio” PCI, soprattutto nei Monti Lepini. Poi si sommavano situazioni di conflitto anche personali, per via degli obiettivi di ruolo e di potere saldi agli interessi politici in modo del tutto trasversale. Ciò è vero ieri come oggi e causa della crisi dei partiti. Oggi siamo in un clima di maggioritario e di bipolarismo imperfetto. E’ avvenuto un mutamento, del quale è difficile prevedere gli sviluppi. Sembra che le forze di maggioranza e di minoranza-opposizione vogliano a questo punto prendere seriamente il tema delle riforme istituzionali”. 

Antonio Signore – Quali considerazioni, col senno di poi, rispetto a quanto fatto? “La segreteria provinciale del Partito coordinata ininterrottamente in maniera unitaria dal 1976 al 1984, mi avevano reso partecipe di un rapporto profondo con i problemi della nostra Provincia e con il mondo del lavoro tanto che nel 1984 vengo eletto segretario regionale PSI con 600 voti e tutto ciò consentì anche la mia elezione a Consigliere regionale con quasi ventimila voti, nonostante la forte contrapposizione di una parte del partito che sosteneva il candidato ex sindaco di Aprilia, che godeva nella sua città di un grande consenso. Appena giunto in Consiglio regionale, proprio in virtù dei significativi ruoli ricoperti con impegno e serietà fui indicato quale Presidente del Consiglio regionale, con il consenso della coalizione di pentapartito, e con il gradimento istituzionale della opposizione, che mai mi fece mancare il suo sostegno in tanti passaggi istituzionali. 

Antonio Signore – I due anni di Presidenza furono di intenso impegno, rammento il lavoro svolto alla Presidenza della Commissione per la Riforma dello Statuto regionale, insieme a Costituzionalisti come i professori Chiappetta, Manzella e Merloni. In dodici mesi circa fu portato a termine un lavoro complesso, una ipotesi condivisa dall’intero arco di forze politiche presenti in Regione, che anticipava in gran parte i punti fondamentali della Riforma del Regionalismo e del Titolo V della Carta Costituzionale. Intuendo quello che sarebbe poi maturato con la Riforma costituzionale che ha introdotto nel 2000 la elezione diretta del Presidente di Giunta mirammo a rafforzare i poteri del Governo regionale e contestualmente i poteri di legislazione, di controllo e di programmazione del Consiglio. 

Antonio Signore – Il tutto in un quadro di regole istituzionali atte ad evitare il deleterio sistema di gestione consociativa. Quella proposta di Riforma, anticipatrice di tendenze che riuscimmo a cogliere fu poi travolta dalla crisi del sistema politico. Ma in parte è stata tenuta presente anche nella bozza di nuovo Statuto. Un altro apprezzabile risultato di quei due anni di Presidenza è stato il lavoro svolto in alcuni mesi e in tante riunioni insieme a Giovanni Falcone e ad esponenti del mondo giuridico, accademico e giudiziario per un’ampia ricerca tesa ad individuare gli strumenti di difesa delle Istituzioni dalla criminalità degli affari. Alla vigilia della strage di Capaci ci fu la pubblicazione in tre volumi insieme a quattro proposte di legge su cui poi si è lavorato. Dopo due anni di guida del Consiglio regionale mi fu chiesto di prendere le redini della Sanità regionale. 

Antonio Signore – La situazione in quel settore delicato era diventata di difficile gestione e vi era quindi assoluto bisogno di una coraggiosa politica di riorganizzazione. Accolsi la sfida. Mi presi due giorni per riflettere e per conoscere se c’era una seria volontà politica. Di Sanità mi ero e mi sono sempre interessato e rifiutare mi sembrava un gesto vile. Le garanzie che chiesi e che ricevetti dagli alleati politici riguardavano la disponibilità a non porre i bastoni tra le ruote  nel processo di riorganizzazione dell’intero settore. Conoscevo abbastanza gli scogli da evitare. Tutta l’estate passò consumata in quattordici, quindici ore di lavoro al giorno. 

Antonio Signore – Intanto i gestori della Sanità privata e tutti i “nemici” portatori di grossi e consolidati interessi si organizzavano. Ci fu una grande manifestazione sostenuta da chi si organizzava contro ipotesi di tagli e riforma del sistema. Lo straripante corteo era preceduto da una bara nella quale sarebbe dovuta finire ogni volontà di adottare le necessarie misure di rientro della spesa e di funzionalità del sistema. Il lavoro è stato lungo e faticoso. Ma per rappresentare tutto il lavoro che con i miei seri collaboratori siamo riusciti a fare ci vorrebbe un intero libro. A distanza di anni, ogni volta che parlo con i miei interlocutori mi confermo nel giudizio positivo sulle decisioni assunte. Sono orgoglioso delle decisioni prese e del lavoro compiuto. Chi ha avuto la possibilità di conoscere la serietà del nostro lavoro ancora oggi mi dice grazie”.