La discussa misura del distanziometro verrà applicata solamente alle nuove attività e non anche agli esercizi e alle sale da gioco che già sono presenti sul territorio, come invece prevedeva la precedente versione del testo, la quale era stata avversata da più parti, fra cui la Federazione Italiana Pubblici Esercizi di Confcommercio che aveva lanciato un grido d’allarme per gli esercizi già duramente provati dalle chiusure forzate degli ultimi anni.

La previsione, in vista dell’applicazione della normativa per come era stata pensata in principio, non era infatti delle più rosee: secondo le stime, oltre il 99% del territorio capitolino non sarebbe stato presidiabile. E questo sarebbe stato un problema non solo per la conseguente proliferazione di offerta di gioco illegale, ma anche per circa 13.000 lavoratori che sarebbero stati colpiti indirettamente dal provvedimento, con la probabile perdita della propria occupazione, nonché 5.000 punti gioco che invece sono ora salvi.

Il distanziometro non è però stato del tutto eliminato, anzi. Messe in salvo le attività già esistenti, sono state introdotte regole più severe verso le eventuali attività in prossima apertura, con la riduzione, da 500 a 250 metri, della distanza minima dai luoghi sensibili. Quest’ultimi non erano invece stati variati rispetto a quanto dettato dall’originario Decreto Balduzzi: istituti scolastici, centri anziani, strutture residenziali o semiresidenziali sanitarie o socioassistenziali, luoghi di culto.

Inoltre, quali imposizioni vigenti per tutti – attività nuove e vecchie – sono state introdotte ulteriori misure: la riduzione della frequenza delle giocate; la separazione fra lo spazio dedicato agli apparecchi da gioco e gli altri ambienti; pause di 5 minuti ogni 30 di gioco consecutivi; divieto di gioco a persone in evidente stato si ebrezza; riduzione delle fasce orarie.

E proprio quest’ultima è, insieme al distanziometro, una delle misure più criticate e ritenuta meno efficace, ed entrambe sono state menzionate nel recente intervento di Eurispes in Senato. I relatori hanno evidenziato, innanzi alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico, come gli studi specializzati sul comparto attestino un consolidato trend, ossia che la contrazione dell’offerta di gioco legale conduce invariabilmente a un aumento dell’offerta illegale, circostanza che è stata osservata anche all’apice del periodo pandemico.

Ed è proprio nelle attività che offrono gioco illegale che si riscontra la maggior parte delle infiltrazioni criminali e mafiose, che invece faticano a compenetrare nel gioco legale, grazie al sistema concessorio e ai controlli istituiti dallo Stato che permette di rilevare anomalie che vengono immediatamente poste sotto ai riflettori.