Avvistato in Italia il pesce dell’apocalisse: il mistero del Regalecus Glesne – L’annuncio arriva direttamente dalla pagina Facebook dell’ittiologo Francesco Tiralongo, che ha poi approfondito la notizia in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. I due pesci, osservati in mare aperto, presentavano dimensioni nettamente differenti, a testimonianza forse di diverse età o condizioni ambientali che ne hanno influenzato la crescita. “Si tratta di una segnalazione rarissima, dal forte valore scientifico”, ha spiegato Tiralongo. “Al momento sono in corso studi per comprendere meglio le cause di questi avvistamenti ravvicinati”.
Il Regalecus Glesne è un pesce abissale dalla morfologia unica: corpo lungo e nastriforme, pelle argentea che riflette la luce come una lama e una pinna dorsale di un rosso acceso che si estende dalla testa alla coda. Può superare gli 8 metri di lunghezza ed è solitamente confinato alle profondità oceaniche tra i 200 e i 1000 metri. Eppure, in rare occasioni, questi giganti silenziosi emergono verso la superficie, dando vita a leggende e speculazioni.
Il pesce dell’apocalisse in Asia è associato a sventure imminenti
Nelle culture del Pacifico e dell’Asia, il Regalecus Glesne è tradizionalmente associato a sventure imminenti: terremoti, tsunami e disastri naturali. Da qui l’evocativo soprannome di “pesce dell’apocalisse”, alimentato anche dall’impressionante aspetto di questo enigmatico abitante degli abissi.
Sebbene la scienza tenda a escludere correlazioni dirette tra l’apparizione del Regalecus e eventi sismici, l’insolito comportamento di alcune specie abissali può in effetti essere influenzato da mutamenti nei fondali marini, da onde sismiche o da disturbi termici e chimici nelle acque profonde. Un elemento che rende l’avvistamento ancora più intrigante per i ricercatori del progetto AlienFish, un’iniziativa dedicata al monitoraggio di specie rare o fuori contesto nei mari italiani.
Questo duplice avvistamento, in un tratto di mare solitamente silenzioso, solleva nuove domande sulle dinamiche che regolano la vita degli abissi. E, al tempo stesso, ci ricorda quanto poco sappiamo ancora di ciò che si muove sotto la superficie.