Non possiamo non unire il nostro dolore a quello di tutti i credenti che si ispirano al messaggio evangelico.

Don Roberto Malgesini, il sacerdote degli ultimi, era patrimonio di noi tutti e il suo insegnamento è la più importante delle eredità.

Era un presbitero di 51 anni, molto conosciuto a Como per il suo impegno al fianco degli emarginati, ucciso a coltellate oggi martedì mattina 15 settembre poco dopo le 7 in piazza San Rocco, a poca distanza dalla sua parrocchia.

Originario di Cosio Valtellina, in provincia di Sondrio, don Roberto Malgesini da oltre dieci anni svolgeva il suo servizio nel Comasco, prima a Lipomo e ora a San Rocco, nella comunità pastorale Beato Scalabrini di Como.

Dalla Valtellina, nel capoluogo lariano sono arrivati i due fratelli e la sorella del sacerdote.

Si sono fermati nel punto in cui don Roberto ha chiuso gli occhi per sempre per un momento di raccoglimento e una preghiera, poi si sono allontanati senza parlare. 

Schivo, umile e riservato era anche don Roberto. Rarissime le foto che lo ritraggono, perché preferiva non apparire. Non amava parlare, a parlare per lui era il suo servizio, la sua disponibilità a intervenire in qualsiasi situazione di necessità.

Era rimasto in silenzio e non aveva fatto alcun commento neppure quando i volontari con cui distribuiva la colazione ai senzatetto erano stati allontanati e multati dai vigili perché violavano l’ordinanza contro bivacchi e accattonaggio del Comune di Como.

Una polemica che aveva avuto ampio risalto a livello nazionale. Da don Roberto neppure una parola. Semplicemente, aveva continuato a svolgere il suo servizio.

«Ora dovremo rimboccarci ancora di più le maniche e provare a fare anche il suo lavoro, senza aggiungere altre parole», ha detto don Giusto della Valle, sacerdote di Rebbio che con don Roberto ha sempre condiviso l’amore per gli ultimi. «Don Roberto è stato lasciato solo dalle istituzioni nel compito vitale di dare aiuto alle persone costrette a vivere in strada in una delle città più ricche del mondo», accusano invece i volontari della rete Como senza Frontiere.

Il presunto responsabile, un 53enne tunisino, attorno alle 8 si è presentato in caserma dai carabinieri e si è costituito.

Era una persona che don Roberto conosceva, un senzatetto al quale forniva assistenza e con il quale pare fosse anche in buoni rapporti.

«Aveva problemi psichici e dei provvedimenti di espulsione non eseguiti fin dal 2015», ha riferito il direttore della Caritas di Como, Roberto Bernasconi.

La Questura non conferma i problemi psichici: «Non risulta né dalla documentazione medica che lo riguarda né dalle verifiche coi servizi sociali». Su di lui pende un provvedimento di espulsione datato 8 aprile e «sospeso» a causa della situazione Covid.

Il 53enne è arrivato in Italia nel 1993 e si è sposato tre anni dopo con un’italiana. È stato interrogato dopo essere stato medicato in ospedale per una ferita che si è procurata durante l’aggressione.

Don Roberto, originario di Cosio, in provincia di Sondrio, è stato colpito da varie coltellate, quella letale al collo: il corpo era a una ventina di metri dall’auto, dove c’è un piccolo spiazzo in cui si trovano solitamente gli immigrati. Alcuni passanti che hanno notato il corpo a terra hanno chiamato i soccorsi, ma purtroppo non c’è stato nulla da fare. Gli agenti della polizia, intervenuti in piazza San Rocco, hanno trovato un coltello, in tutta probabilità l’arma del delitto. Sul posto il sostituito procuratore Massimo Astori.