Presso l’Archivio di Stato di Napoli è presente un documento riguardante la costruzione di due torri, sul promontorio di Gianola/Scauri, nel 1568.

E’ presente presso l’Archivio di Stato di Napoli, un interessante documento riguardante la costruzione delle torri sul litorale del Golfo di Gaeta (1) , decisa dall’ amministrazione vicereale spagnola a difesa delle coste contro le incursioni ottomane. “Torre da farsi da Mola fino a’ Scaula delle pertinenze di Gaeta, numero due; istruttioni dati al magnifico Sabastiano Iagnes soprestante alla fabrica di dette due torri. Finis dicti regestri” (2) è l’intestazione del documento stesso.
Molto interessante è rilevare che nella fonte archivistica compaia per ben due volte il toponimo “Scaula”, a confermare l’ipotesi che l’etimologia del borgo scaurese sia di origine marinaresca, dovuta alla funzione capitale e al suo essere porto naturale (3) .
Nel manoscritto, che non è un inedito (4) , ma siamo andati a verificare l’originale, non fidandoci mai delle fonti secondarie, oltre al toponimo, non segnalato nei testi già pubblicati, si possono rilevare molti spunti curiosi.
Datato al “de decimo ottavo mensis May 1568” (18 maggio 1568), nel f. 224 – recto e verso – si dispone che “Sebastiano Yagnes, hispano, soprastante le fabbriche de le torri di Gaeta”, debba occuparsi della costruzione di due nuovi edifici costieri nel territorio che va da Mola (attuale Formia) a Scaula (Scauri) (5) .
Siamo evidentemente davanti ad un appalto, ad un affidamento di incarico.
Dopo una nota di merito ad Altobello Marocco “fabricatore” (6) , si delibera che lo Yagnes “done se hauerrano datar dette due turre”, si dispone cioè che lo stesso soprastante possa decidere dove debbano essere costruite le nuove fabbriche. Si ordina – inoltre – il compenso dovuto al funzionario spagnolo, nella somma di “ducati sei ogni mese”.
Nel f. 225, recto e verso, si dispongono poi parecchi “consigli” allo Yagnes nel gestire la costruzione delle nuove torri. Si scrive che “…si fabrichj senza intromissioni acciochè il servizio si feci con più prestezza…” oppure che “…la fabrica sia bona … (e di) far bona miscula…”, ancora viene stabilito che “…la fabrica sia ben bagnata di acqua … accio che faccia meglio liga …”.
Si obbliga il soprastante di Gaeta ad essere costantemente presente alla costruzione delle due torri, pena la decurtazione del salario, nella somma di due giorni lavorativi per ogni volta che si è assenti.
Sia il f. 224 che il f. 225 riportano come data di ratifica il 19 giugno 1568, vergata da “Petri del Lique hispani” o “Petri de Luque hispani”.
Ma ancora nel mese di luglio 1568, come sembra desumersi dalla nota a fine testo, queste indicazioni vennero rimesse a tal Petro Della Monica, forse un uomo di fiducia dello Yagnes, e sembra comparire la scrittura “spiagia de fiuvio rigolo et ponta della pietra” ad indicare presumibilmente uno dei due siti, o almeno i paraggi, localizzati per la costruzione delle torri o di una di esse (7) .

1- Sulle torri costiere Cinquecentesche nel Golfo di Gaeta e nel Lazio molto si è scritto in questi anni e la letteratura relativa è davvero imponente. Citiamo, solamente a livello di informazione, i testi di: Giovanni Maria DE ROSSI, Torri costiere del Lazio, De Luca 1971 o anche, dello stesso autore, Le torri costiere del Lazio, Newton Compton 1984 e la prima trattazione dell’argomento in Onofrio PASANISI, La costruzione generale delle torri marittime ordinate dalla R. Corte di Napoli nel sec. XVI, in: Studi di storia napoletana in onore di Michelangelo Schipa, Napoli 1926, pagg. 423-442. Anche V. FAGLIA, La difesa anticorsara in Italia del XVI secolo. Torri costiere – edifici rurali fortificati, Roma 1974 e Achille MAURO, Le fortificazioni nel Regno di Napoli: note storiche, Napoli: Giannini, 1998. Ancora fondamentale Lucio SANTORO, Le torri costiere della Campania in: Napoli Nobilissima, vol. VI, 1967, fasc. 1-2, pagg. 38-49. Per le torri formiane, in particolare, Lucio SANTORO, Torri e castelli tra Medioevo ed Età Moderna in: Formia in Età Moderna. Pratola Serra: Sellino, 2000, pagg. 103-126. Imponente la produzione di Cesare CROVA sull’argomento. Citiamo, tra tutti i saggi prodotti: Torri costiere di Terra di Lavoro : storia e conservazione, 2018.
2- ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Regia Camera della Sommaria, Inventario, Vol. 558, 1567-1569, f. 244; f. 245.
3- Messe in soffitta le suggestioni romane dovute alla affinità con il cognomen “Scaurus”, legate soprattutto alla figura del console e senatore Marco Emilio Scauro, il toponimo sembra doversi invece avvicinare al lemma scarium / scaria, approdo, cantiere navale, luogo dove le imbarcazioni si tirano in secca, toponimo presente in innumerevoli testimonianze lungo tutto il Mediterraneo. In particolare sembra potersi legare al termine scaula, barca piatta, antenata della gondola, la cui testimonianza documentale arriva sino al XIV secolo, in particolare nell’Alto Adriatico. Entrambi i termini sono di origine greco-romana, tra Basso-Impero ed Alto-Medioevo. Si verifichi al riguardo: Salvatore CARDILLO – Massimo MIRANDA, Scauri. Un territorio tra Longobardi e Bizantini. Nuove prove etimologiche in: Annali del Lazio Meridionale – Storia e Storiografia, Anno XVII, n. 33, giugno 2017, pagg. 21-48, ed anche: Salvatore CARDILLO, Tra Scauro e scarium. Toponimi marinareschi nel Mediterraneo e loro diffusione in: Memorie Romane del Promontorio. Mamurra e Scauro tra tradizioni ed etimologia, Atti della Giornata di Studi, Comprensorio Archeologico di Minturnae – 23 settembre 2017. Gaeta, deComporre Edizioni, 2019, pagg. 163-179.
4- Il manoscritto viene citato infatti già in: Mirella MAFRICI, Mezzogiorno e pirateria nell’ età moderna (secoli XVI-XVIII). Napoli : Edizioni Scientifiche Italiane, 1995, nota 13 e nota 24, pag. 261, citazione ripresa poi da altri autori.
5- Nel tratto compreso tra Mola di Gaeta ed il Garigliano vennero nel tempo costruite, per iniziativa vicereale, varie fabbriche. Ricordiamo la torre Foce, presso il Rio Santacroce, la torre di Gianola, la scomparsa torre di San Vincenzo, mai ben localizzata, la torre del Fico o di Sant’Angelo, la torre del Monte di Scauri e la torre di Monte d’Argento o di Arienzo.
6- Si tratta presumibilmente di Marco Altobello, citato da O. PASANISI, op. cit., 1926, pag. 435 nota 5, e da L. SANTORO, op. cit., 1967, pag. 43.
7- Troppo vaghe le indicazioni nel testo per poter esprimere anche delle sfumate ipotesi. A titolo di curiosità, si segnala che nel CDC, documento CCVI a. 1059, si nomina la località “… ad Sancta Cruce de flumicellum…”. La stessa torre del Monte di Scauri era nei pressi di un canale, che riforniva i mulini, derivante dal Rio Capodacqua.