Virus respiratorio sinciziale, isolato il primo caso al Policlinico Umberto I di Roma – E’ stato isolato presso il Policlinico Umberto I il primo caso autoctono di virus sinciziale respiratorio a Roma in un bambino di tre mesi. Lo annuncia Fabio Midulla, presidente della Società italiana malattie respiratorie infantili (Smri), sottolineando che “sta cominciando l’epidemia stagionale da virus sinciziale respiratorio Vrs”. Nei giorni scorsi, sottolinea Midulla, “un altro caso di Vrs è stato confermato in una bimba proveniente dalla Danimarca, che è stata ricoverata sempre all’Umberto I. Si trattava dunque di un caso di importazione, mentre il neonato di tre mesi è il primo caso autoctono di Vrs a Roma”. Il piccolo, spiega l’esperto, “è stato ricoverato per bronchiolite. La bimba è invece già stata dimessa”.

Questo virus, avverte, “può dare luogo a forme gravi ed in questo momento è molto importante la prevenzione primaria: fondamentale è tenere i bambini piccoli lontani da fratelli o altri bambini influenzati; lavarsi spesso le mani; incentivare l’allattamento al seno, che ha funzione protettiva; evitare il fumo di sigarette e l’inquinamento indoor, che predispone alle malattie respiratorie”. Al momenti, spiega, “proprio la prevenzione primaria è l’unica arma per combattere il virus, in attesa che sia reso disponibile un nuovo anticorpo monoclonale per la terapia. Sarebbe il secondo contro il Vrs, ma il primo – conclude – ha un’indicazione solo per bambini con gravi comorbilità”. 

VRS è il principale responsabile della bronchiolite nei lattanti e nei neonati

Il Policlinico Umberto I in merito al virus spiega: “Il virus respiratorio sinciziale (Vrs) è il principale responsabile della bronchiolite nei lattanti e nei neonati. L’infezione, che nel primo anno di vita può provocare complicazioni importanti, causa la metà degli accessi al pronto soccorso tra i più piccoli.

Generalmente il virus si diffonde tra dicembre e gennaio, ma quest’anno è arrivato con due mesi di anticipo, coincidendo con il picco influenzale stagionale. “Abbiamo un numero di ricoveri cinque volte più alto di quello che avevamo nel 2019, prima del Covid, e al momento non siamo ancora nella fase di plateau dell’epidemia”, dichiara Fabio Midulla, responsabile del Pronto soccorso pediatrico del Policlinico Umberto I di Roma e presidente della Società italiana per le malattie respiratorie infantili (Simri).

Tra le varie ipotesi riguardo la diffusione del Vrs, il dottor Midulla individua quella per cui “le mamme durante la pandemia del Covid si sono ammalate meno del virus e così non hanno trasmesso gli anticorpi ai neonati per proteggerli dal virus sinciziale”. Inoltre, aggiunge, “durante la pandemia i bambini si sono ammalati raramente e quindi il loro sistema immunitario è stato ‘meno allenato’ a fronteggiare questi fenomeni”.”

Virus respiratorio sinciziale, cosa riferisce l’ISS

L’Istituto Superiore di Sanità in merito evidenzia: “Probabilmente la malattia più diffusa e conosciuta al mondo, il raffreddore è solitamente più leggero rispetto alle precedenti sindromi, con sintomi che durano una o due settimane. Sono più di duecento i ceppi virali che causano il raffreddore. Alcuni, come i rhinovirus raramente causano malattie più serie. Altri come il virus SRV e il PIV, trattati nel paragrafo successivo, possono invece dare sindromi più serie, soprattutto nei bambini.

In generale, i sintomi del raffreddore iniziano due o tre giorni dopo l’infezione, e comportano l’ostruzione delle vie respiratorie, la produzione abbondante di muco (‘naso che cola’), l’infiammazione delle membrane sinudali, starnuti, mal di gola, tosse e mal di testa. La febbre di solito è assente o molto bassa. I tempi medi di recupero sono di una settimana anche se può durare anche due settimane. Se i sintomi permangono più a lungo potrebbero derivare da altra causa, come ad esempio un’allergia, piuttosto che da un raffreddore comune.

I rhinovirus sono la causa del 30-35 per cento dei raffreddori degli adulti e sono più attivi in autunno, primavera e estate. Sono stati identificati più di 110 rhinovirus, per i quali la temperatura ottimale è di 33°C, quella delle mucose nasali.

Un’altra percentuale di raffreddori viene causata dai coronavirus, che agiscono soprattutto in inverno e inizio primavera. Solo tre o quattro degli oltre trenta ceppi conosciuti infettano gli esseri umani. Un altro 10-15 per cento dei raffreddori è dovuto ad altri virus che sono responsabili anche di altre malattie più severe: adenovirus, coxsackievirus, echovirus, orthomyxovirus (inclusi i virus A e B dell’influenza normale, paramyxovirus (vedi punto successivo – sindromi parainfluenzali propriamente dette), virus respiratorio sinciziale e enterovirus. Recentemente, è stato isolato sui bambini un nuovo tipo di virus chiamato pneumovirus, il cui impatto relativo non è ancora ben caratterizzato, anche se una serie di studi indicano che ha una diffusione mondiale e che è presente come patogeno umano da almeno cinquant’anni.

Nel 30 per cento dei casi l’agente che causa il raffreddore rimane non identificato, anche se si presume che sia di origine virale.

A volte, il raffreddore si combina con altre infezioni secondarie di origine batterica. In questo caso la febbre può salire, le ghiandole si infiammano significativamente, si hanno attacchi di sinusite e una tosse con produzione di muco, sintomi che indicano una condizione più seria e l’opportunità di rivolgersi a un medico per un trattamento eventuale con antibiotici.

Sindromi parainfluenzali da Paramyxovirus – Nella maggior parte dei casi, le sindromi parainfluenzali sono determinata dalla presenza di virus che appartengono alla famiglia dei Paramixovirus.

I paramixovirus più comuni sono:

  • RSV – Il Virus Respiratorio Sinciziale del genere Pneumovirus. Sono stati descritti due gruppi di RSV, il gruppo A e B, in base alle due forme della glicoproteina G presente sulla capsula virale.
  • PIV – Esistono quattro virus classificati come virus della parainfluenza: PIV-1, -2, -3 e –4. Il PIV-3 e’ la seconda causa di infezionerespiratoria grave nei bambini, dopo l’RSV. Il virus PIV-1 causa le epidemie più importanti, che solitamente si manifestano ogni due anni in autunno e solitamente sono seguite da epidemie, anche se in forma meno precisa, del virus PIV-2. Il sintomo più classico di PIV-1 e PIV-2, che è anche il motivo principale di ospedalizzazione, è la laringotracheobronchite. PIV-1 e PIV-2 possono interessare sia il tratto superiore che quello inferiore dell’apparato respiratorio. Le epidemie di PIV-3 invece si manifestano ogni anno, soprattutto in primavera e estate, durano più a lungo di quelle di PIV-1 e 2, e sono associate frequentemente con bronchite e polmonite. PIV-4 è isolato più raramente e quindi non è molto ben conosciuto e caratterizzato. Il periodo di incubazione dei virus PIV è tra uno e sette giorni.”