Una task force di esperti per le procure impegnate nelle indagini per stabilire se i vaccini possano aver causato o innescato la causa di decessi dopo la somministrazione.

Come riporta il Corriere della Sera Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco e Cts, Comitato tecnico scientifico, sono a disposizione con personale specializzato per fornire agli inquirenti le indicazioni e le informazioni che possono essere utili.

L’input è stato dato dal procuratore generale della Corte di cassazione, Giovanni Salvi, con una lettera destinata ai procuratori generali delle Corti d’appello perché ogni procura italiana possa usufruire di questa possibilità.

Nei giorni scorsi sono state diverse le inchieste aperte in seguito ad alcuni decessi per cui sono state disposte le autopsie.

Fino a questo momento gli esami hanno escluso legami o nessi.

Ogni volta che si esegue un esame autoptico sia la procura che le altri parti nominano o possono nominare consulenti.

Ieri nell’articolo pubblicato sul tema avevo auspicato, dopo la morte del finanziere a Formia, un coordinamento della Procura Generale della Corte di Cassazione di Roma.

Sono stato profeta e ne sono felice, era l’unica soluzione logica e percorribile.

L’articolo pubblicato ieri ha avuto vasto eco, con un record di lettori.

Ai soloni, ai saccenti e ai presuntuosi dei social che hanno criticato l’articolo e gli interrogativi che l’autore si poneva dedico una pagina recente di storia italiana, che vede protagonisti i soldati italiani che rientrando dalle missioni all’estero sono morti di leucemia.

Sulla mappa del Kosovo elaborata dalla Nato e inviata ai paesi membri il 7 febbraio 2000 le croci rappresentarono i siti nei quali era presente uranio impoverito, nel triangolo Pec- Djakovica – Prizren, settore di competenza del contingente italiano e tedesco.
Ma “posso garantire che non c’è nessun legame tra le morti per leucemia e i proiettili di uranio impoverito”, dichiarò il generale Carlo Cabigiosu, comandante della Kfor, la forza multinazionale di pace in Kosovo.
Ma il caso del “metallo del disonore”, come lo chiamano ancora oggi i reduci americani della Guerra del Golfo, da strettamente militare divenne politico, con esponenti di diversi partiti – d’opposizione e di maggioranza – che chiesero chiarimenti e indagini (anche mediche) più approfonditi sui possibili legami tra la polvere d’uranio prodotta dall’esplosione dei proiettili della Nato e le morti e le malattie che colpirono diversi membri dell’esercito italiano che hanno partecipato a missioni in Kosovo e in Bosnia.

A tal punto che il ministro della Difesa Sergio Mattarella (oggi presidente della Repubblica) – dispose una commissione d’inchiesta per accertare se i diversi casi tumorali denunciati da sottoufficiali dell’ Esercito potevano essere ricondotti all’inalazione delle particelle di metallo durante le operazioni nella provincia serba.
All’inizio mentre il Ministero smentiva qualunque legame tra l’uso di uranio impoverito e i presunti casi di leucemia; i vertici dell’Esercito avevano compilato documenti di prevenzione dei rischi delle particelle metalliche e squadre d’esperti – militari e civili – compivano campagne di controllo sul pericolo radioattivo.
Nel frattempo però l’Osservatorio per la tutela delle Forze armate rendeva pubblici casi di leucemia e altre malattie tumorali tra membri dei reparti che hanno partecipato alle missioni in Bosnia e in Kosovo.
L’ultima, in ordine di tempo, fu quello di un caporalmaggiore sardo di 23 anni, colpito dal linfoma di Hodgkin (una forma tumorale).
Era stato in missione in Macedonia durante i bombardamenti della Nato.
Alla fine si ebbero le conferme sulla reale pericolosità della polvere d’uranio 238, sorprese anche la brevità d’intervallo tra l’eventuale esposizione e l’insorgenza della malattia”, ovvero la leucemia.
L’augurio di tutti noi è che non vi siano collegamenti tra vaccinazioni anti-covid 19 e le morti.
Io ho un figlio militare che si è regolarmente vaccinato e mia moglie lo farà il 2 maggio prossimo.
Ma quanti di noi hanno letto integralmente le dichiarazioni che abbiamo firmato all’atto di vaccinarci?
E se fosse anche un solo caso ogni milione di dosi somministrate abbiamo il diritto in democrazia di parlarne o vogliamo fare tutti come le tre scimmiette (non vedo – non parlo – non sento) o più semplicemente come lo struzzo che nasconde la testa nella sabbia?
Disse il grande medico – Premio Nobel per la Pace – Albert Schweitzer: “Se finalmente non diremo cose che a qualcuno dispiaceranno noi non diremo mai la verità”.


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