L’area archeologica di Scauri: una nuova battaglia ambientalista per Italia Nostra – Italia Nostra si sta mobilitando per difendere l’area archeologica di Scauri, uno dei siti più belli del Golfo di Gaeta e, nel contempo, il più trascurato e non tutelato. E ora il Parco Regionale della Riviera di Ulisse ha un nuovo commissario Vincenzo Fedele, minturnese doc, che ci si augura sia disponibile ad ascoltare il “grido di dolore” degli ambientalisti e a intervenire sia nella tutela dell’area archeologica che il Parco ha ridimensionato nella sua estensione e che ha bisogno di un intervento urgente da parte soprattutto della Soprintendenza.

L’area archeologica di Scauri: una nuova battaglia ambientalista per Italia Nostra – Urge un sopraluogo dell’archeologa Daniela Quadrino e, contestualmente, il Sopraintendente deve attenzionare l’area. Italia Nostra ha ideato e progettato il Parco Regionale a suo tempo e non consentirà a nessuno di farne uno spezzatino senza carattere e senza un’anima. Non ci interessa un Parco Pubblico e non vogliamo che diventa questo. Nei prossimi numeri pubblicheremo gli studi di Salvatore Ciccone, Salvatore Cardillo, Antonio Lepone, Raffaele Castrichino, Massimo Pasquale Fedele ed altri.

L’area archeologica di Scauri: una nuova battaglia ambientalista per Italia Nostra – Gerardo Masone, un autodidatta innamorato di archeologia e di storia patria, racconta: “I resti dell’antico oppidum di Pirae oggi si trovano in una proprietà privata a Scauri e consistono in un muro in opera poligonale di circa 127 metri per un’altezza che va dai 4 ai 5 metri, con una porta ben conservata del tipo ad oggi va tronca. Formano un grande terrazzamento che conferma l’esistenza di un’imponente villa marittima, dotata anche di un piccolo porto, costruita in età repubblicana e ristrutturata con vari rifacimenti in epoca successiva, come dimostrano i criptoportici accanto alla porta.

Sul fianco sud fu aggiunta una costruzione con sette arcate in opera incerta. Per quanto riguarda Pirae occorre soffermarsi sull’antica Gens Pirana, attestata solo a Minturnae, trova testimonianza in quattro cippi epigrafici che menzionano schiavi appartenenti alla Gens Pirana: Philotimus Piranae S; Pampil Piranae S; Dio Peiranae S; Epagatus Peir S. Il nome di questa famiglia è con ogni probabilità legato all’oppidum di Pirae, di pliniana memoria, sito citato nella Naturalis Historia e collocato tra Formia e Minturnae; Plinio il Vecchio utilizzando il verbo “fuit” ci informa che al tempo in cui scrisse, I secolo d.C., di Pirae si erano perse le tracce.

La nascita di questo centro si deve al massiccio insediamento della Gens Pirana, da cui il nome Pirae, “a domini nomine sunt vocatae” (prende il nome dal padrone), anticipando la consuetudine tarda repubblicana dei Vicus e dei Pagus. La Gens Pirana quasi certamente apparteneva ad una corporazione di artigiani (Collegia Opificum), esperti nella lavorazione dei dolia (grandi recipienti di terracotta) per il trasporto di vino e olio; infatti dal porto di Minturnae partivano le navi doliarie con destinazione i mercati della Gallia e della Spagna. Lungo questa rotta sono stati rinvenuti numerosi relitti carichi di dolia con impressi il bollo menzionante la Gens Pirana: Caius Piranus Sotericus fecit; Caius Piranus Felix fecit; Caius Piranus Cerdo fecit; Philomusus Pirani servus fecit”.

E questo è soltanto un assaggio di un parco archeologico che è stato mortificato con la costruzione di civili abitazioni autorizzate, a suo tempo, dalla Soprintendenza perché avrebbero fatto “da frangivento protettivo” al patrimonio archeologico Chi scrive avrebbe voluto conoscere colui che appose la sua firma e fargli vedere i risultati al 2023 della sua insana tutela. Ora la villa romana con il suo scrigno di beni archeologici e una Torre Medioevale è in vendita per due milioni e duecentomila euro. L’acquirente sarebbe il quarto proprietario dopo che i principi Caracciolo Carafa, duchi di Traetto, decisero di vendere la tenuta, loro proprietà ultra secolare.