Dopo la giornata convulsa, scandita ieri dalle ansie e dalle preoccupazioni dei lavoratori tutti della Solera, sede di Marina di Minturno, ecco oggi la fumata bianca. Ieri abbiamo paragonato il padronato della Solera a un muro di gomma contro il quale sono andate a sbattere le speranze dei dipendenti che chiedevano soltanto di poter lavorare, che fosse rispettata la loro dignità. Oggi l’immagine più congeniale ci è apparsa è quella di una fumata bianca, un nulla di fatto. Il lavoro diviene sempre più un’elargizione, una munificenza del padronato. Non ha importanza che i lavoratori facciano oltre il loro mansionario, dimostrando negli anni fedeltà e attaccamento all’azienda. Stamattina si è consumata la resa incondizionata dei dipendenti. Non è valso a nulla l’impegno accorato della Regione Lazio, della Chiesa ai massimi livelli diocesani e regionali, il Partito Democratico, che ricordiamo è al governo in Italia, la Provincia di Latina, le Organizzazioni sindacali di categoria, e, infine, il tentativo di mediazione del Ministero competente.

Niente cassa integrazione per la texana Solera: i dipendenti andavano ridotti, sei teste (oltre quella del dimissionario di febbraio) dovevano saltare. Un’offerta non negoziabile e non trattabile: sei licenziamenti anziché sette, in cambio dell’accordo. Ai sei che dovranno lasciare il lavoro 13 mensilità, 2 mesi di preavviso, il tfr. Ora tutti sperano in 6 volontari, altrimenti sarà un’altra guerra, questa volta fratricida. Anche se qualcuno ritiene più saggio lasciare ora con una buona uscita assicurata che dopo a peggiori condizioni. In piena crisi epidemica il Governo aveva chiesto alla Solero di metterli in cassa integrazione, di soprassedere da licenziare a Minturno, si parla anche di Milano e Foggia per complessive 30 unità. Nulla da fare. In sostanza viene a calare la tutela sindacale di essere dipendenti di un’azienda con organico di almeno 15 unità – come recita il diritto del lavoro -, con 14 ci troveremo in seguito dinanzi a una maggiore discrezionalità aziendale. Matteo Marcaccio del Partito Democratico che si è speso al massimo per i lavoratori di Marina di Minturno ha sintetizzato: “Usciamo dalla vicenda tutti con profonda amarezza. Personalmente non conoscevo i dipendenti degli uffici di Marina di Minturno ma è compito di una forza politica e delle istituzioni difendere ogni posto di lavoro, in particolare in un territorio avaro di possibilità lavorative”.