“Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai”. Un monito contro le
manie di grandezza che spingono da sempre gli uomini o semplicemente la
constatazione di un fatto naturale?

Forse sempre più soli, in special modo durante quest’anno orribili di
pandemia, ma di sicuro sempre di più al mondo. La crescita globale è pari a
circa 75 milioni ogni anno, con la popolazione mondiale che è cresciuta da 1
miliardo nel 1804 a 7 miliardi nel 2011. E con le stime attuali che prevedono
una popolazione totale di 8 miliardi entro la metà del 2025 torna quanto mai
attuale la discussione su quello che a tutti gli effetti sembra esser diventato
un tema prioritario dei nostri giorni.

Il tema della sepoltura è da molti considerato un tabù, quantomeno il suo
parlare. Quando analizziamo i dati, e i fenomeni a loro connessi,
immaginiamo sempre problemi distanti anni luce da noi. Sono questioni
seguite dagli statistici, dagli studiosi dei fenomeni umani e sempre buone per
riempire rubriche di magazine scientifici.

La curiosità mi ha portato a documentarmi su quelle che sono le nuove
proposte nel campo cimiteriale e una in particolare ha catturato la mia
attenzione: il bosco sacro. Ebbene addio lapidi di marmo e fiori di plastica,
per ricordare i nostri cari che non ci sono più faremo visita ad un albero ai cui
piedi sono state interrate le sue cenerei. Discussioni etiche a parte, una vera
e propria sepoltura in cui il defunto rientrerà a pieno nel ciclo della natura.

Il progetto prende il nome di “Boschi Vivi – La vita oltre la vita” ed è nato
dall’idea di quattro giovani decisi a importare in Italia un’alternativa ecologica
alla tradizionale sepoltura. Sul loro sito definiscono il loro obiettivo “ quello di

coniugare la commemorazione dei nostri cari alla cura e al mantenimento del
territorio boschivo” e permettono di scegliere un albero, tra diverse specie
autoctone, al fine di intitolarlo a una persona cara fino a formare un vero e
proprio bosco dove poterla ricordare.

È prevista una cerimonia in natura successiva alla cremazione e si configura
come un secondo momento di commemorazione, per il quale i cari possono,
se lo desiderano, contattare un oratore o un sacerdote. Nel bosco è presente
una apposita area cerimoniale dedicata e liberamente fruibile, dove è
possibile raccogliersi per l’ultimo saluto. Le sepolture naturali accomunano
persone di qualsiasi religione o credo, accomunate dal rispetto della natura e
della persona.

Una soluzione naturale che sta già prendendo piede in molti paesi europei di
pari passo con l’obiettivo della riforestazione. Un ritorno alla terra che
immagina nuova vita dopo la morte per chi crede e chi non crede.
Riposeremo all’ombra di grandi alberi o continueremo a scegliere sepolture
tradizionali? Lo scopriremo solo vivendo.

Il bosco sacro: quali alberi?

Il cimitero del terzo millennio sarà un parco, un bosco sacro dove gli alberi prenderanno il
posto delle tombe. A differenza di quest’ultime sorge un dubbio: e se un incendio
portasse via la memoria e il ricordo dei nostri cari?

Il cipresso resiste alle fiamme


I tanti progetti, tra cui quello lanciato da Boschi Vivi, mettono in conto il problema e
offrono tra i loro servizi la manutenzione degli alberi stessi. Ma una soluzione potrebbe
arrivare dalle piante stesse, ne esistono alcune in natura che potrebbero resistere in modo
particolarmente efficace agli incendi e uno studio pubblicato sul Journal of Enviromental
Management ha fatto luce su quello che sembra un vero e proprio miracolo della natura.
Nel 2012, nella provincia spagnola di Valencia, un incendio ha attaccato un
appezzamento di piante coltivate a scopo scientifico. In pochi giorni le fiamme hanno
carbonizzato circa 20mila ettari di piante risparmiando un gruppo di cipressi ancora vivi e
vegeti: si tratta della specie Cupressus sempervirens vai. horizontalis ed è una variante del
cipresso comune che conosciamo. I test di infiammabilità hanno rilevato che queste
piante impiegano fino a 7 volte di più ad incendiarsi rispetto a pini o querce. Il segreto sta
nella particolarità della struttura interna delle foglie che riduce al minimo la perdita di
liquidi facendo di questa specie una pianta particolarmente ricca d’acqua.


La speranza dei botanici è quella di poter sfruttare la proprietà di queste piante per creare
zone cuscinetto in grado di rallentare possibili incendi tipici delle nostre aree
mediterranee. Una scoperta che potrebbe tornare utile in caso di sepoltura naturale. Il
ricordo dei nostri cari potrebbe davvero essere in armonia con la naturale e al riparo degli
incendi.