Liberalizzata la marijuana in un altro paese Europeo. Si potrà coltivare e possedere – I maggiorenni potranno coltivare e possedere fino a 25 grammi di marijuana, oltre a poter detenere nel proprio appartamento fino a tre piante per un massimo di 50 grammi di «erba». Se la quantità posseduta rientra in questi limiti, anche le condanne pregresse e i procedimenti in corso potranno essere cancellati. 

Secondo alcune indagini dell’Unione Europea, 71,5 milioni di cittadini europei consumano regolarmente marijuana e derivati della cannabis, e i consumatori sono in continua crescita. I principali effetti sono: analgesia e diminuzione del dolore fisico, sensazione generale di rilassamento e benessere (soggettivo), euforia (dipende dal contesto), amplificazione delle percezioni sensoriali (soggettivo), sonnolenza, aumento dell’appetito, detto comunemente fame chimicaazione anti-emetica, riduzione della pressione sanguigna, leggero aumento del battito cardiaco. Tachicardia, vasodilatazione, riduzione pressione oculare (motivo per cui, insieme alla vasodilatazione, gli occhi si arrossano), secchezza delle fauci.

È importante sottolineare che gli effetti della marijuana possono diventare positivi o negativi a seconda del soggetto che l’assume, dalla tipologia (qualità, valori di THC e CBD, quantità assunta), dal contesto sociale e dalle attività svolte sotto gli effetti della sostanza. Detto ciò, un uso eccessivo può portare ad un’intossicazione acuta, la quale si manifesta con sintomi quali: forte stato ansioso, con possibili attacchi d’ansia\panico, paranoia, Allucinazioni ricorrenti (dovute a molteplici fattori, in primis l’alterazione o distorsione delle percezioni sensoriali), nausea e vertigini. Bisogna ricordare che l’intossicazione acuta si risolve nel giro di qualche ora. Questo rende la marijuana la sostanza psicoattiva ad uso ludico più sicura tra quelle comunemente usate.

Purtuttavia un eccesso nell’assunzione di cannabis è possibile, con effetti negativi anche molto marcati (che variano dalla quantità assunta, dal soggetto e molti altri parametri), pertanto l’uso deve essere responsabile e consapevole. Positività al THC nel sangue. Il principale cannabinoide, il delta-9-tetraidrocannabinolo, è liposolubile, ovvero si lega facilmente a sostanze grasse, compreso il grasso corporeo. Poiché una volta legato ad una molecola lipidica il legame dura per molto tempo, la positività al THC in caso di analisi del sangue può essere rilevata anche molte settimane, se non mesi dopo, l’ultima assunzione. Questo perché il rilascio della molecola avviene lentamente ma costantemente nel tempo, facendo risultare l’individuo positivo al rilevamento della sostanza, senza che però questo abbia alcun effetto psicotropo (sperimentabile solo al momento dell’assunzione).

I fattori che determinano la positività sono molteplici, ma i principali sono riassumibili in: sesso, età, quantitativo assunto, regolarità o meno di assunzione, percentuale di grasso corporeo. stituite da alti contenuti di THC e bassi di CBD gli effetti risulteranno narcotici e in casi particolari anche psichedelici. Consumatori abituali riferiscono che in alcuni soggetti questi effetti tendono a scomparire o attenuarsi, probabilmente per via dell’instaurarsi di un certo grado di tolleranza specifica. Non è ancora chiaro se fumare marijuana aumenti o diminuisca il rischio di cancro. Inoltre, l’uso di tali sostanze può anche provocare effetti come: disorientamento e forte opacità cognitiva, apatia  in caso di assunzione prolungata e predisposizione) e percezione di maggiore brillantezza dei colori.

In quei paesi nei quali è consentito l’uso medicale di questa sostanza, si cerca di proporre all’utilizzatore l’impiego di apparecchi atti a ridurre il danno da fumo, come ad esempio vaporizzatori che evitano la combustione delle infiorescenze estraendone, comunque, i cannabinoidi. Inoltre, i vari effetti, possono essere condizionati in maniera importante anche da altri due fattori: il set (lo stato d’animo di chi consuma) e il setting (la compagnia con cui si trova e il luogo dove si trova il consumatore).

Le leggi di mercato nel campo della cannabis, e il suo prestarsi all’ibridazione, fanno sì che vengano commercializzate varietà con concentrazioni sempre maggiori di cannabinoidi (specialmente di THC); questo, ovviamente, ha ripercussioni sull’entità degli effetti. Gli studi sugli effetti dell’esposizione prenatale alla marijuana, pur escludendo l’aumento di patologie perinatali (parto prematuro, basso peso alla nascita) hanno evidenziato effetti sullo sviluppo delle cellule del sistema nervoso, nella corteccia prefrontale e nell’ippocampo. Questi bambini possono presentare deficit dell’apprendimento, problemi della socializzazione e turbe comportamentali (simili, nei casi più gravi, alla sindrome alcolica fetale), che compaiono in età scolare.

Tuttavia, altri studi avrebbero evidenziato che l’esposizione moderata ai cannabinoidi della marijuana durante la gravidanza diminuirebbero della metà il rischio di morte alla nascita. e sviluppo di problemi psichiatrici. Particolare attenzione è stata posta ai consumatori adolescenti e di giovane età. Infatti, in uno studio pubblicato nel luglio 2012, sono stati evidenziati problemi cerebrali e scompensi nell’attività neurale di alcune zone del cervello, nei consumatori più giovani.

Questo studio, della durata di 35 anni e pubblicato dalla National Academy of Sciences, ha fornito evidenza oggettiva di danni irreversibili sull’apprendimento nei consumatori cronici adolescenti, in particolare, danni persistenti all’intelligenza, alla capacità cognitiva e di memoria nei minori di 18 anni, danni non evidenziati in soggetti che avevano cominciato a fumare in età adulta. In realtà, molti altri studi sono stati condotti in antitesi allo studio della National Academy of Sciences, come quelli che hanno reclutato quasi tremila coppie di gemelli (tra i 9 e gli 11 anni), sempre negli Stati Uniti. Nel corso di 10 anni, i ragazzi sono stati sottoposti a diversi test di intelligenza e a interviste confidenziali, in cui dovevano dichiarare l’eventuale uso di marijuana, o di altre droghe, farmaci e alcol. Il risultato è stato in parte inaspettato: i ragazzi che avevano riferito uso di cannabis, hanno perso fino a quattro punti di quoziente intellettivo.