Il ricco programma prevederà dal venerdì 13 luglio al 30 agosto presso il lungomare di Vendicio c/o Circolo Nautico Vela Viva di Formia, la proiezione di sette straordinari film dedicati a sette artisti della musica internazionale che hanno segnato la storia della musica mondiale. Il Programma. Venerdì 13 luglio La storia di Glenn Miller (The Glenn Miller Story, USA 1954, col., 108) di Anthony Mann, con James Stewart, June Allyson, Charles Drake Vita e morte di Alton Glenn Miller (1904–1944), trombonista, direttore d’orchestra e compositore statunitense, tra i più noti dell’epoca swing (insieme con Count Basie, Benny Goodman e altri), e autore di brani celeberrimi come Moonlight Serenade e In the Mood. Per la sua incisione di Chattanooga Choo Choo, che aveva venduto oltre un milione di copie in appena tre mesi, ricevette il primo Disco d’oro della storia. Anthony Mann rende omaggio, con una pellicola ben calibrata e attenta al sentimento di orgoglio nazionale, a uno degli autori più popolari e amati della musica di intrattenimento americana, tra i primi bianchi a commercializzare la musica nera diffondendola per il mondo. Con una classicità senza tempo e un po di malinconia, ricordando il grande regista americano e il calore di James Stewart (attore versatile come pochi scomparso, ancora giovane, in un incidente aereo sul Canale della Manica) in un racconto di una vita esemplare e senza scosse, adottando il punto di vista della moglie. Apparizioni di Louis Armstrong e Gene Krupa, batterista molto famoso all’epoca, nella parte di loro stessi. Fra gli autori della colonna sonora spicca il celebrato compositore e arrangiatore Henry Mancini. Oscar per la miglior canzone e nomination per la miglior musica e sceneggiatura.

Venerdì 20 luglio  Amadeus (Amadeus, USA 1984, col., 153′) di Miloš Forman, con Tom Hulce, F. Murray Abraham, Elizabeth Berridge, Simon Callow, Roy Dotrice. Nella Vienna gaia e libertina del ‘700, il giovane Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), meravigliosamente spontaneo, gaudente e insolente, incanta con l’originalità e la grandezza della sua musica la corte illuminata di Giuseppe II. La storia parte dal presupposto – prettamente letterario, nella realtà quasi certamente infondato – di un acceso antagonismo tra il geniale musicista salisburghese e il compositore veronese Antonio Salieri. Tesi, quest’ultima, sostenuta dallo scrittore russo Aleksandr Sergeevic Puškin (in “Mozart e Salieri”), secondo cui Antonio Salieri avrebbe avvelenato Mozart. Sotto il segno del più scatenato gusto del gioco, è una riflessione sul contrasto tra genio e mediocrità e sull’invidia. Il film si avvale di una accurata ricostruzione storica, con mirabili riprese di Praga (città natale del regista) che ricrea la Vienna dell’epoca. Splendide immagini e due grandi interpreti. La tecnica narrativa è quella dell’incalzare dei colpi di scena, articolati in un affannoso crescendo. Nella genesi del “Requiem” nale, si riconosce e si ascolta uno dei vertici della creazione umana (musicale e non) di ogni tempo. Squisita, intelligente e ricca opera, che ha ottenuto 11 candidature e vinto 8 Premi Oscar, 4 Golden Globe, 3 David di Donatello e guadagnato altri numerosi riconoscimenti.

Venerdì 27 luglio Bird (Bird, USA 1988, col., 163’) di Clint Eastwood, con Forest Whitaker, Diane Venora, Michael Zelniker, Samuel E. Wright, Keith David Tributo alla vita e alla musica del sassofonista afroamericano Charlie “Bird” Parker (1920-1955), che rivoluzionò il jazz agli inizi degli anni Quaranta inventando il be-bop. Realizzato come un collage di scene della vita di Parker, sconnessioni temporali all’indietro e in avanti, dalla sua infanzia in Kansas, attraverso il matrimonio e altri amori, fiumi di alcol e droga, fino alla prematura morte all’età di trentaquattro anni, è un’opera notevole per sensibilità, vigore, puntigliosa ricostruzione. «Non c’è un secondo tempo nella vita degli americani» recita l’epigrafe di Scott Fitzgerald che apre il film ed Eastwood riflette sul mito dell’artista che si autodistrugge, ma non versa lacrime né indulge al patetico. Figurativamente è una colata nera, un film notturno e piovoso, orchestrato su una tavolozza cromatica cupa, raramente rischiarata come nella sequenza delle nozze ebraiche a Brooklyn, una delle più belle del film, o nel capitolo luminoso, allegro e umoristico del viaggio del profondo Sud. “Bird” è un’esplorazione nella memoria e nella notte, sorprendentemente asciutta e priva dei luoghi comuni di altre pellicole dedicate al jazz: un vero atto di amore nei confronti di un musicista, ma non per questo un’agiografa. Oscar per la colonna sonora. Il protagonista, Forest Whitaker, è stato premiato a Cannes.

Giovedì 2 agosto Amata Immortale (Immortal Beloved, GB/USA 1994, col., 120’) di Bernard Rose, con Gary Oldman, Jeroen Krabbé, Isabella Rossellini, Johanna Ter Steege,
Valeria Golino Alla morte di Ludwig van Beethoven (1770-1827), si scopre fra le sue carte una lettera indirizzata a una non meglio definita “amata immortale”. Anton Schindler, uomo di fiducia del grande musicista tedesco, si mette alla ricerca della destinataria, secondo le testimonianze e le condenze di alcune delle donne che Beethoven aveva conosciuto e
frequentato. E, alla fine, l’”amata immortale” si rivela una sorpresa. Liberamente tratto da un romanzo di Steven P. Morrissey, “Il nipote di Beethoven”, è basato su una struttura a flashback, con Oldman che interpreta il genio tormentato come se fosse una rock star. Bernard Rose riesce a raccontare il personaggio Beethoven in un compendio che è sintesi dei diversi generi: thriller, sentimentale, biografico e, ovviamente, musicale, compiendo un ottimo lavoro di ricostruzione biografica, grazie a sequenze in cui, per far capire la condizione della sordità (che afflisse il musicista in maniera totale prima del 1820), i suoni arrivano in una modalità ovattata, appena udibili, dandoci così la percezione del mondo in cui, suo malgrado, Beethoven si ritrovò a vivere. La colonna sonora, con la musica sempiterna di Beethoven, è eseguita dalla London Symphony Orchestra diretta da Georg Solti. Girato nella Repubblica Ceca, sul set è nato l’amore tra la Rossellini e Oldman.

Mercoledì 9 agosto De-Lovely–Così facile da amare (De-Lovely, USA/GB 2004, col., 125’) di Irwin Winkler, con Kevin Kline, Ashley Judd, Jonathan Pryce, Angie Hill, Kevin McNally. Opere e amori del compositore americano Cole Porter (1891-1964), fra i più sofisticati autori della musica jazz, uno dei cinque grandi del musical (accanto a George Gershwin, Irving Berlin, Jerome Kern e la coppia Richard Rodgers & Lorenz Hart), sia nel teatro che nel cinema. Il suo stile elegante, sottile e arguto produsse canzoni seducenti nella musica quanto nei testi (suoi anche quelli, e geniali), quali: Night and Day, Let’s Do It, I Get a Kick Out of You, Begin the Beguine, I’ve Got You Under My Skin, I Love Paris, Just One of Those Things, Ev’ry Time We Say Goodbye, You’re the Top e Don’t Fence Me In. Dopo “Notte e dì” (1946) di Michael Curtiz, edulcorato biopic hollywoodiano nel quale era Cary Grant a indossare i panni di Porter, Winkler ne riporta la figura sullo schermo e ricostruisce la sua storia in flashback, tratteggiandolo come un dandy umorale e capriccioso che sposa e ama Linda, ma, tra un trionfo musicale e l’altro, la tradisce con le sue frequenti avventure omosessuali. Per metà rassegna di musical che hanno fatto epoca (“Kiss me Kate”, “Night and Day”) e per l’altra metà cronaca mondana in salsa patinata che punta a irretire lo spettatore con il lusso di scene e costumi. Kline e la Judd sono perfette incarnazioni dell’epoca. I successi di Porter, espressione massima di un’arte capace di fondere la complessità della cultura americana con la leggerezza e la grazia delle canzonette, sono interpretati da divi musicali contemporanei: Alanis Morissette, Natalie Cole, Robbie Williams, Elvis Costello, Sheryl Crow, Lara Fabian, Diana Krall.

Giovedì 23 agosto Quando l’amore brucia l’anima (Walk the Line, USA 2005, col., 135) di James Mangold, con Joaquin Phoenix, Reese Witherspoon, Ginnifer Goodwin La storia del cantautore e chitarrista Johnny R. Cash (1932-2003) che fu alla fine degli anni ’50 una delle prime rock star, pur appartenendo alla tradizione country. Questo ritratto biografico ripercorre la vita del mito, dalla stentata infanzia nella campagna al servizio militare, dagli esordi, quando il rock’n’roll era una questione di scintille, al concerto del ’68 nella prigione di Folsom. Quando l’onda del successo è impetuosa e il talento rischia di seppellire l’uomo, l’amore per June Carter può essere insieme dannazione e salvezza. Dai campi di cotone dell’Arkansas a idolo delle folle d’America, la parabola del “man in black” per eccellenza è un vortice di successi ed eccessi degno di una leggenda, e la sua stella inizia a brillare, mentre va in tour con colleghi come Elvis Presley e Jerry Lee Lewis. Johnny Cash non ha mai rinunciato a cavalcare il proprio destino, a costo di esserne disarcionato. Tratto dall’autobiografia dello stesso Cash e dal libro “Man in Black”, il filo del racconto si dipana dritto, consistente e godibile: un coinvolgente viaggio alle radici del rock che racconta l’uomo, la sua discesa agli inferi e ritorno, verso il raggiungimento di una dimensione consapevole. Il country non è mai stato così eccitante. 3 Golden Globe: Joacquin Phoenix e Reese Whiterspoon, che si aggiudica anche l’Oscar.

Giovedì 30 agosto Jersey Boys (Jersey Boys, USA 2014, col., 128’) di Clint Eastwood, con John Lloyd Young, Erich Bergen, Michael Lomenda, Vincent Piazza, Christopher Walken
Frankie e Tommy sono amici fraterni, che si arrangiano con qualche lavoretto illegale per il
boss Gyp De Carlo. Ma Frankie Valli (Newark, New Jersey, 1934) è dotato di una voce straordinaria, tale da convincere persino il boss sul suo talento unico: nel giro di breve tempo, insieme a Bob e Nick, i due formeranno i “Four Seasons”, destinati a diventare , con il loro sound accattivante, uno dei gruppi di maggior successo della storia della pop music, introdotto nella “Rock’n’roll Hall of Fame” nel 1991. Il film è una storia di italoamericani degli anni Cinquanta, l’epoca dei gruppi musicali maschili o misti, che con le armonie corali del doo-wop (uno stile di musica vocale usato per rinforzare il canto solista con armonie sincopate a imitazione degli strumenti) davano vita per lo più a canzoni sentimentali e spesso sdolcinate, di grande attrazione sul pubblico non solo giovanile. Il rapporto privilegiato tra Clint Eastwood e la musica non è una novità: innamorato di ogni genere alla base della cultura americana, anche il rock anni ’50 deve aver esercitato sull’ottantottenne regista un fascino tale da convincerlo ad accettare la scommessa (l’ennesima in una carriera inarrestabile) di trasporre su grande schermo un successo di Broadway, il musical “Jersey Boys”. Cosa che ha fatto con entusiasmo, cesellando un gioiello che è al tempo stesso un omaggio al cinema.