Giovanni De Prà ritratto da Stefano Cipolat

Fu sempre fedele al Vecchio Balordo

Autentico mito del calcio anni ’20, Giovanni De Prà vinse col Genoa due campionati, quello del 1922-’23 e quello successivo. Una medaglia di bronzo ai Giochi olimpici del 1928, seppellita il 16 settembre del 1979, cum gloria, sotto la Gradinata Nord del Ferraris (e guai a chiamarlo Marassi!). Scapigliato, anche nel carattere, indossava una bella casacca bianca tra i pali, bianca come le spumeggianti onde, bianca come la pernice della Gran Bretagna. E qualcosa di britannico scorreva nel suo sangue calcistico e di tutti i genoani: William Garbutt, leggendario allenatore inglese dei Rossoblù.

Nato, il De Prà, il 28 giugno 1900 nella Genova a cui fu per sempre fedele, tanto da rifiutare un contratto con i granata del Torino. Soprannominato dai tifosi “Il Ragno”, era un uomo corretto e cordiale nei modi ma quando parava sembrava godesse del furore di un uragano. Io nasco nel Genoa e muoio nel Genoa, massima morale dell’estremo difensore che dedicò tutta l’esistenza sportiva alla città della Lanterna. Più che Ragno, noi lo nomineremo Tigre, nato del resto nello stesso anno di pubblicazione del salgariano Le Tigri di Mompracem. E da tigre si comportò nella partita contro gli spagnoli del 9 marzo 1924, a Milano.

Il terreno si trasformò in un campo di battaglia. Le Furie Rosse furono elettriche come lampade. Match spigoloso, combattivo, violento: football d’altri tempi. Una Spagna piena di vitalità e un’Italia a contenere la foga degli iberici, che tentarono in tutti i modi di battere gli azzurri ma il risultato si concluse sullo 0 a 0. E la stampa dell’epoca scriverà del calvario di De Prà, perché di vero e proprio patimento si trattò. Una partita veloce, che si trasformò nel secondo tempo in un duello scintillante. I giocatori correvano gli uni contro gli altri e pareva che in mezzo a loro ci fossero getti di piombo e non pallonate. I rossi, malgrado l’assenza di campioni come Paulino Alcantara del Barcellona o del difensore Pedro Vallana della basca Arenas Getxo, attaccarono sin dall’inizio per chiudere la gara già nei primi minuti. A difesa della loro porta, il superbo Zamora, gigante tra i pali. Gli iberici volavano rapidamente, mettendo in difficoltà i nostri mediani. Il reparto difensivo azzurro resisteva e gli spagnoli trovavano in Giovanni De Prà un portiere sicuro, mai vinto e formidabile nell’incassare i colpi degli avversari. Più una riunione di boxe che una partita di calcio. In un’uscita per una presa, il nostro genoano veniva seriamente ferito con un colpo al mento e perdeva quasi conoscenza. L’area di rigore italiana si era ormai trasformata in un duello tra gli azzurri e i rossi. Nuovo ferimento di De Prà, nella ripresa, questa volta al fianco. Impossibilitato di reggersi in piedi, con coraggio il nostro numero uno riprendeva le forze, proseguendo sino alla fine tra dolori e sofferenze. A pochi minuti dal novantesimo, ancora su di lui un fallo tosto e scorretto. Terminava la Via Crucis del portiere azzurro tra applausi e ovazioni.

Morirà a Genova il 15 giugno 1979. La strada che corre tra il torrente Bisagno e lo stadio porta il suo nome.