Conoscere gli allevamenti intensivi di spigole e di orate che nelle acque greche uccidono il mare – Per comprendere quale sia la reale situazione dell’itticoltura nel Golfo di Gaeta offriamo una comparazione con la Grecia, il principale produttore europeo di spigole e orate destinate all’export (l’83 per cento del totale – 150mila tonnellate di produzione nel 2019): il 41% va in Italia, il Paese che spende di più per il consumo di pesce. Analizziamo le conseguenze nel mare ellenico per renderci conto di cosa stiamo vivendo e affrontando nel nostro incomparabile golfo. Praterie di posidonia ingiallite, popolazioni di pesci selvatici crollate numericamente, aree di mare morte.

Una lenta agonia quella che negli ultimi decenni ha interessato il tratto di mare tra la regione Etolia – Acarnania e le Isole Ionie, in Grecia Occidentale, da quando sul finire degli anni ottanta hanno iniziato a proliferare allevamenti di spigole e orate, facendo di questo paradiso terrestre nel cuore del Mar Mediterraneo uno dei principali hub per l’allevamento di pesce in Europa. “I risultati preliminari del nostro studio rivelano un paesaggio morto, con ecosistemi marini danneggiati dalle attività di itticoltura che vi insistono da decenni», affermano i ricercatori dell’Istituto per la Protezione del Mare Archipelagos.

Studio che non fa che confermare le tante testimonianze degli abitanti e dei pescatori delle isole e dei villaggi che si affacciano su questo tratto di mare, che già da tempo parlano di fondali fortemente danneggiati e di specie selvatiche ridotte ai minimi termini. «Quando costruisci una grande gabbia in un’area di mare chiuso come questa, dove dovrebbe essere vietata persino la pesca, ci sono delle conseguenze», afferma Tef Karfakis, biologo marino che con l’Ong Terra Sylvestris da anni denuncia l’impatto dell’itticoltura nel delicato equilibrio di questo tratto del Mar Mediterraneo, dove si trovano tre aree marine protette «Natura 2000». «Quando i pesci scelgono un tratto di fondale come area di riproduzione lo fanno perché trovano delle caratteristiche ambientali ben precise. Non puoi interferire mettendo un impianto di itticoltura in quel tratto, altrimenti comprometti questo equilibrio», afferma Karfakis.

Conoscere gli allevamenti intensivi di spigole e di orate che nelle acque greche uccidono il mare – Diversi studi negli anni hanno attestato l’impatto degli allevamenti di pesce negli ecosistemi circostanti, prima di tutto a causa dello sversamento in acqua di carichi organici, ovvero i mangimi non consumati e i reflui degli animali. Uno studio del 2011 si focalizza proprio sulle spigole e le orate allevate in Grecia, e stima che per ogni 100 tonnellate di pesce prodotto vengano riversate in mare 9 tonnellate di nitrati. Una serie di denunce pubbliche hanno evidenziato un utilizzo frequente di formaldeide, una sostanza cancerogena, per contrastare il proliferare di parassiti all’interno delle gabbie. L’obiettivo è combattere un parassita che si annida nelle branchie e si nutre del sangue dei pesci, causando problemi di salute e sbiancando le branchie. L’unico modo per eliminare definitivamente il problema è immergere i pesci nel composto a base formaldeide. L’utilizzo frequente di formaldeide negli allevamenti di pesce non è vietato, né un mistero in Grecia.

Rispondendo a un’interrogazione parlamentare su questo argomento nel 2020, il vice ministro greco allo sviluppo rurale e all’alimentazione, Fotini Arabatzis, ha detto che «l’uso della formaldeide come farmaco veterinario è permesso per diverse specie, è sicuro e non lascia residui nei tessuti, perché si tratta di una sostanza molto volatile». Fondi Europei: dietro ai progetti di espansione degli allevamenti ittici in Etolia-Acarnania e in altre regioni della Grecia ci sono gli ingenti fondi che l’Europa negli ultimi anni ha destinato allo sviluppo dell’acquacoltura tra gli Stati Membri. Ognuno dei nostri lettori tragga le sue considerazioni finali.