L’infaticabile e propositivo Mario Rizzi comunica che a causa dell’epidemia sono state rinviate nel corso dell’anno 2021 due manifestazioni.

La prima: Premiazione della 49° Edizione del Minturnae, sezioni di storia, narrativa, saggistica e poesie edite, organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II di Napoli, dall’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, dal Comune di Minturno.

La seconda: il Convegno su Antonio Sebastiani il Minturno (1497-1574) tra Umanesimo e Controriforma).

Il Comitato Scientifico, è composto da professori provenienti dalla Francia, Germania, Spagna, dall’Università di Napoli, Cassino, Trento, Salerno, Roma e il sottoscritto da Minturno.

Per i lettori Mario Rizzi spiega che “Antonio Sebastiani è nato a Traetto (Minturno dal 13 luglio 1879) nel 1500 da famiglia di estrazione sociale medio-alta, fu allievo di Florio Bovaccio e del filosofo Agostino Nifo.

A 19 anni ebbe l’incarico d’insegnamento presso l’Università di Pisa. 

A Napoli intraprese rapporti amicali con Sannazzaro e Summonte, esponenti di spicco della cultura napoletana.

Ordinato sacerdote in giovane età, fu vescovo di Ugento (1558 – 1564) e di Cotrone (l’attuale Crotone) (1565 – 1574).

Poeta, scrittore e teologo insigne, partecipò al Concilio di Trento dal 1562 al 1563, dando apporti fondamentali alla definizione sistematica della dottrina cattolica; ma il suo nome resta legato all’attività di teorizzatore del bello poetico, come lo dimostrano i saggi “De Pöeta” (1559) e “l’Arte Poetica” (1564), nei quali può cogliersi la matrice di tanta estetologia moderna.

Scrisse versi e prose in latino e in volgare e un carme “Divina Reparata” in 434 esametri, in onore della Vergine e Martine seppellita nella zona omonima di Marina di Minturno.

Il “De Pöeta” fu ispirato al rigido spirito della “Controriforma”, aderendo allo spirito classificatorio della poetica di tarda derivazione aristotelica, aprendosi alla sovveniente poetica manieristica.

Antonio Sebastiani Minturno rappresenta per i minturnesi e per le lettere italiane un’autentica gloria di poeta e di trattatista. Nella sua poesia, virgiliana e petrarchesca, si riflette il suo secolo che fu quello delle arti e dei santi e, come già scritto, quello del Concilio Tridentino.

Torquato Tasso, fra il 1592 e il 1593, lo introdusse nel dialogo intorno alla bellezza dal titolo “Il Minturno o vero de la bellezza”, avente come interlocutori l’umanista Minturno e il grammatico Geronimo Ruscelli. Antonio Sebastiani Minturno sosteneva queste argomentazioni: (…) l’amore non appartiene ad una sola età, quella della giovinezza, ma adorna anche la vecchiaia; che non il bello è un inganno, ma il decoro è un inganno della bellezza; che la bellezza non è violenza della natura; né causa di male operazioni, perché la bellezza è bella di per sé: la bellezza non è nelle cose caduche e mortali, perché è eterna. La bellezza è dunque nella natura angelica o pur nell’anima umana: è un non so che d’interno e divino. Né patisce d’essere descritta e circoscritta dal luogo, dal tempo, dalla materia o dalle parole (…)”.

Nel testo il ritratto del Vescovo ripreso dal bravo pittore locale Ugo Bertolin.

Nella foto di copertina Mario Rizzi è il primo a sinistra durante la cerimonia di un premio a lui conferito.