Ipocrisia, egoismo corporativista, miopia istituzionale hanno fatto sì che stiamo assistendo al fallimento totale dei servizi pubblici legati agli istituti di credito e alle Poste Italiane. Nel decreto emanato l’11 marzo scorso dal governo italiano per il contenimento dell’emergenza sanitaria da Covid-19 all’articolo 1.4 si precisa che saranno garantiti “nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, i servizi bancari, finanziari, assicurativi”. Le norme presentate dal premier Giuseppe Conte prevedono la chiusura di tutte le attività e i servizi non necessari, mentre stabiliscono che le banche possono rimanere aperte, con le dovute precauzioni, per la salute di dipendenti e clienti. Ed ora riportiamo norme e comportamenti delle due strutture prima di pubblicare quanto invece percepiscono gli utenti.

Le banche, ad esempio, sono aperte solo nei giorni dispari (lunedì – mercoledì – venerdì) e nella fascia antimeridiana. Le agenzie più piccole chiuse. I sindacati del settore bancario hanno fatto presente all’ABI le loro istanze per tutelare lavoratori e clientela dal Coronavirus. In un comunicato hanno chiesto lo stop pressioni commerciali e appuntamenti con il pubblico, così come di azzerare mobilità, ridurre la presenza fisica negli uffici e nelle agenzie, e di incentivare smart working e permessi speciali, nonché assenze senza penalizzazioni retributive. Il 12 marzo le sigle sindacali hanno inviato una lettera al ministro dell’Interno Lamorgese per denunciare le code a numerosi sportelli di diverse banche in tutta Italia per operazioni non urgenti, code spesso composte da persone anziane, considerate proprio la categoria più a rischio. Un assembramento di persone che, oltre a violare le norme previste dal decreto, mette in pericolo la salute dei dipendenti delle filiali e dei clienti che vi si recano per richiedere servizi non urgenti.

Da parte sua Poste Italiane garantisce il servizio su tutto il territorio nazionale «nel rispetto della tutela della salute dei propri lavoratori e di tutti i cittadini». L’azienda tiene aperti gli sportelli in proporzione agli abitanti di ogni comune, mentre nei paesi con un solo ufficio postale le aperture sono a giorni alterni (gli orari esposti all’esterno degli edifici), ad esempio dalle 8.20 alle 13.55. È stato poi sospeso il servizio di prenotazione online degli appuntamenti. Per tutelare i lavoratori e i clienti, inoltre, sono state poste delle linee che indicano la distanza da tenere dalla postazione dell’operatore. La consegna della corrispondenza e dei pacchi è naturalmente garantita, ma sono stati ridotti gli orari di lavoro dei portalettere, per evitare la concentrazione di personale dentro ai siti operativi. Nel rispetto delle misure di contenimento, in caso di raccomandate o invii assicurati, il portalettere metterà la busta nella cassetta del destinatario, informandolo della nuova modalità, che può anche richiedere l’avviso di giacenza e andare a ritirare il pacco direttamente all’ufficio postale. I cittadini sono, per fortuna, nel terzo millennio abituati sia a ragionare con le loro teste che disponibili a sopportare ogni sacrificio, disagio e rinunzia per il bene di tutti e questo è il momento delle rinunzie.

Ma non è possibile affermare – come vorrebbero far credere i sindacati bancari o il management delle Poste Italiane – che le loro soluzioni siano quelle ottimali. È presto detto. Sin dall’orario di apertura si creano lunghe file di persone che debbono accedere agli sportelli postali. Persone di ogni età e condizione fisica in piedi, con qualsiasi evento atmosferico. Bisogna sbrigarsi a risolvere le proprie necessità nei giorni dispari ed entro le ore 13.55. Se si arriva mezz’ora prima dell’orario limite già sono in corso le operazioni di chiusura e l’impossibilità di essere serviti (come si diceva una volta). È stata una scelta “intelligente”? Chi scrive crede di no. Se si fossero mantenuti gli orari di rito sino alle 19 tutti i giorni e il sabato orario antimeridiano si poteva fare entrare i clienti uno per ogni operatore di sportello e non oltre, con distanza di un metro e mezzo tra di loro e i dipendenti tutelati – giustamente come è avvenuto – con barriere trasparenti. In questo modo la clientela si sarebbe naturalmente diluita nel tempo della giornata.

Invece con le disposizioni attuali gli utenti sono stati trasformati in greggi al di fuori delle dipendenze PT, che ricordano le fila che si formavano durante la guerra per usufruire delle fontane pubbliche o accedere agli esercizi alimentari. Le banche da parte loro si trincerano dietro agli accessi per appuntamento. Nessuno risponde al telefono e guardie giurate stazionano all’ingresso delle agenzie. Bisogna richiedere un appuntamento tramite il sito internet, credendo che tutti siano operatori informatici e rendendo la vita dei clienti ancora più dura di quanto la stia rendendo il Corona-Virus. Anche i numeri verdi rispondono che a causa del notevole traffico non è possibile accedere agli stessi. È possibile fermare in tal modo la vita della settima potenza industriale al mondo? Le osservazioni e le preoccupazioni delle sigle sindacali sono ritenute da molti infarcite di ipocrisia. La contestazione: nessuna preoccupazione per la clientela ma solo per i loro iscritti. E su tutto una voce dal fondo gridò: “Si salvi chi può”.