Giovanni Frignani, Raffaele Aversa, Paolo Vigneri: ecco, per la storia, i nomi dei principali uomini dell’Arma che affrontarono la tremenda responsabilità di arrestare l’uomo di cui al suo illimitato potere aveva dovuto soggiacere per oltre venti anni il popolo italiano. E con i tre suddetti Ufficiali, Colonnello il primo e Capitani gli altri due, era la schiera dei loro collaboratori: Sottufficiali e Carabinieri che, fedeli pedine del rischiosissimo gioco, diedero tutta la loro fattiva ed efficace cooperazione. I Capitani Aversa e Vigneri, comandanti di Compagnie della Capitale, nel primo pomeriggio del 25 luglio 1943 vengono convocati d’urgenza nell’ufficio del Col. Frignani, comandante del Gruppo Carabinieri di Roma. I due, fiutando nell’aria l’odore di crisi acuta dopo quanto era trapelato dalla drammatica seduta del Gran Consiglio del fascismo della notte innanzi, si affrettarono verso il luogo del convegno presagendo qualcosa di “grosso”. Alla sede del Comando di Gruppo, in via Liegi, dove giunsero separatamente i due Capitani, si trovavano gia’ ad attenderli il Col. Frignani e il Comandante Generale dell’Arma Angelo Cerica. Il Generale Cerica, calmo, fissa negli occhi i suoi dipendenti dicendo loro: “Vi affido un compito di estrema importanza per il quale so’ di non fare invano appello al vostro alto senso del dovere. Oggi, fra qualche ora anzi, voi dovete arrestare Mussolini che, messo questa notte in minoranza nella seduta del Gran Consiglio del fascismo, si rechera’ dal sovrano e sara’ sostituito nelle sue funzioni di Capo del Governo…” Nessuna consegna forse apparve più ardua di questa ai bravi ufficiali che tuttavia senza batter ciglio rispondono, quasi ad una sola voce ed in tono fierissimi, con dure parole:” Sta’ bene…”. Poi il Colonnello Frignani espone, illustra e commenta nei piu’ minuti particolari ai due Capitani le modalità esecutive dell’ordine ricevuto. Poco dopo giungono in viale Liegi un’autoambulanza ed un altro automezzo destinato al trasporto dei militari dell’Arma. In attinenza alle precedenti disposizioni ricevute, i Capitani Aversa e Vigneri con i due automezzi si portano al Gruppo squadroni nella vicina caserma “Pastrengo” e fanno approntare un plotone di 50 Carabinieri che asseritamente debbono rimanere agli ordini dell’Aversa per eventualmente affrontare nuclei armati di camice nere fedelissime al Duce. Il Capitano Vigneri, al quale il superiore ha ordinato in termini drastici la consegna di “catturarlo vivo o morto” sceglie, personalmente, tra i militari del Gruppo squadroni tre uomini di particolare prestanza fisica e di pronta intelligenza che dovranno prestargli manforte, in caso di necessita’, prima di giungere “ultima ratio” alle armi: precisamente i Vicebrigadieri Bertuzzo Domenico, Gianfriglia Romeo e Zenon Sante. Essi si dimostrarono subito animati da ferma volonta’ ed assai lusingati dal favore della scelta. I 50 militari salgono sull’autocarro che viene chiuso accuratamente col tendone, mentre i due Capitani e i tre Vicebrigadieri prendono posto sull’autoambulanza che ha gli sportelli con i vetri smerigliati. I due automezzi si dirigono alla volta di villa Savoia. Sotto il sole infuocato e nel silenzio del meriggio gli ufficiali riuniscono il personale in un piccolo cerchio ed il Capitano Vigneri rapidamente impartisce loro le istruzioni di dettaglio. I Carabinieri, che in un primo momento nella caserma Pastrengo avevano accolto con qualche perplessita’ l’annuncio, ora intuiscono di essere i modesti protagonisti di un grande evento, si rianimano commossi, bisbigliano tra loro qualche commento, ma si dimostrano seriamente decisi, pronti e risoluti. L’attesa è tuttavia snervante, i due Capitani, compagni d’accademia e vecchi amici, si scambiano qualche impressione e, reciprocamente, si ripetono i dettagli dell’operazione imminente. Giunge finalmente – com’era atteso – il Col. Frignani, il quale avverte i due ufficiali che Mussolini arriverà in ritardo sull’ora prevista per l’udienza fissata con il sovrano. Entra poi nella villa dall’ingresso secondario per prendere gli ultimi accordi con i funzionari della Real Casa e, dopo qualche minuto, ritorna presso i suoi uomini. 

Si dimostra pero’ turbato e contrariato, perche’ vi sarebbero delle riluttanze da parte di alcuni per l’arresto del Duce nella villa reale. Tuttavia si ricompone subito, deciso e risoluto, esclama: “noi in ogni caso lo arrestiamo ugualmente qui'”. Il Colonnello Frignani ha nelle vene sangue generoso, che piu’ tardi bagnera’ il luogo sacro del martirio ardeatino. Egli sente indubbiamente la passione dell’ora che volge: egli intuisce la necessita’ di non dare tempo al capo del governo spodestato di riaversi dal duro colpo e di scatenare o di tentare di scatenare un movimento di reazione, le cui conseguenze potrebbero riuscire fatali per il nostro Paese. Ma, da vero soldato, si rende conto che e’ indispensabile saper frenare i generosi impulsi del cuore ed agire con tempestiva ponderatezza. Rientra di nuovo nella villa e ne esce poco dopo con la notizia che Mussolini si trova ancora a colloquio col sovrano e che l’arresto si fara’. Ma non c’e’ tempo da perdere ormai. I 50 Carabinieri che presidiano la villa reale vengono allertati, pronti ad accorrere al primo cenno. E’ l’ora, si scorge il Duce mentre discende gli ultimi gradini della scalinata insieme al suo segretario particolare De Cesare. Mussolini deve aver notato all’ultimo istante l’insolito apparato, tanto che trasalisce visibilmente. Il Capitano Vigneri gli va incontro e gli dice: “Duce in nome di S.M. il Re Vittorio Emanuele III vi preghiamo di seguirci per sottrarvi ad eventuali violenze da parte della folla”. Mussolini risponde: “Non ce n’e’ bisogno”. “Duce, – riprende il Capitano Vigneri – io ho un ordine da eseguire”. “Allora seguitemi”, risponde Mussolini e fa per dirigersi verso la sua macchina. Ma l’ufficiale gli si para davanti e con fermezza gli dice: “No, Duce, deve salire sulla mia macchina”. L’ex capo del governo non ribatte altro e si avvia verso l’autoambulanza, col Capitano Vigneri alla sua sinistra; segue il segretario De Cesare, con a fianco il Capitano Aversa. Dinnanzi all’autoambulanza Mussolini ha un attimo di esitazione, ma Vigneri lo prende per il braccio sinistro e lo fa salire. Il Capitano, rivolgendosi ai suoi uomini, ordina: “Su ragazzi, presto”. La macchina si muove, mentre l’autocarro con il plotone dei cinquanta carabinieri rimane fermo nel parco della villa. Ormai non c’e’ piu’ bisogno di loro. Sono esattamente le ore 17,20 del 25 luglio 1943, ottanta anni fa, quando la missione del Colonnello Frignani e dei Capitani Vigneri e Aversa è finita. L’uomo, già potente e temuto, va incontro al suo fatale destino anche se ritardato da illusori eventi. Ma anche i nostri bravi soldati sono predestinati al martirio, vittime purissime del dovere. Moriranno, massacrati, dopo aver subito tremende torture, alle Fosse Ardeatine. Saranno decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Per esattezza storica, questi nostri fratelli commilitoni finiranno alle ardeatine non per il fatto di essere italiani, come qualcuno ha detto, ma per essere stati i protagonisti dell’arresto di Benito Mussolini. In Loro ricordo……

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