MINTURNO – Irene Sparagna, candidata al consiglio comunale del comune di Minturno comunica le sue intenzioni. Ha aderito con il movimento civico Minturno Libera dove è stata nominata portavoce insieme all’Avvocato Emilio Polidoro. Riportiamo fedelmente il suo pensiero: “Dirigere i propri sforzi per migliorare le cose: questo è il messaggio interiore che vuole esprimere una persona che decide di candidarsi ad un organo rappresentativo, nella fattispecie quella del Consiglio Comunale. In particolare, la persona in questione è una donna, con delle qualità specifiche di attenzione all’altro, specialmente per coloro che sono in situazioni di difficoltà, e come ogni donna si prende in carico le questioni e cercarle di risolverle senza alzare la voce come hanno fatto in tempi recenti alcune donne del comprensorio che, facendo una azione politica errata, non ha portato i frutti sperati.

Lei, invece, parte da un bagaglio culturale importante, tra cui spicca il concorso letterario internazionale in memoria del compianto Gennaro Sparagna. Irene Sparagna, che è la diretta discendente di questo importante figlio di Minturno, vuole metterci la faccia, candidandosi in quello schieramento a lei più congeniale, ossia il centro destra antagonista all’attuale primo cittadino Gerardo Stefanelli. Lei stessa si è presentata nel modo come una donna sa e deve fare quando decide di “fare politica” in modo serio, ossia con tatto ed eleganza.

E lo ha fatto così: “Ciao, questo un esempio di come i messaggi politici oggi siano veicolati e veicolabili sulle piattaforme di internet. La mia immagine non è quella del politico  tout court con proclami e frasi fatte da personaggio. Prima di essere politico, personaggio o attore di palcoscenico, si è persona. Si attraversa una vita per renderla unica e irripetibile, si sbaglia, si cade, talvolta si raschia il fondo del barile, ma si ha la consapevolezza di non essere gregge, quando si ha l’onestà intellettuale, che si impara da chi ci ha preceduto ed io ho avuto un mentore di irraggiungibile spessore in mio padre. Lui, più di me, figlio di queste terra che per certi versi non riconoscerebbe più come quella in fieri che ha plasmato con i suoi “giovanotti audaci e di bell’aspetto”.

Mi sento di appartenere a queste frazioni collinari e di mare, che mi hanno adottato 50anni fa, che ho imparato a considerare diramazioni del mio essere fondamentale. Qui mi sono, nelle caleidoscopiche sfaccettature, plasmare dalle mareggiate, dalle tradizioni, dalla mia generazione, dalle mie ambizioni culturali costruttive che mi hanno portato ad essere persona e non personaggio. Ho vissuto la generazione, che non cambierei, in cui siamo stati a cavallo del boom tecnologico, della gioia fatta di pomeriggi in piazza, dei motorini che ora sono revival, nerd come direbbe mio figlio.

Sono stata la primavera il tuffo obbligatorio dal faro della darsena flying, sono stata i primi windsurf enormi e pesanti, sono stata i falò e le chitarre con gli amici con la luna a farci da guardiana. Sono stata anche tanti amici persi per strada, per scelte sbagliate, o perché il destino è stato spietato. Ho pianto e riso e se al giro di boa credo di poter dire di aver commesso errori veniali, più o meno opinabili, so anche di poter dire di sentirmi realizzata qui, osservando quella che sono diventata e che probabilmente altrove non avrei avuto le stesse chances.

Sono madre e questo so insegnare, nel mio piccolo a mio figlio, che è parte di questi luoghi forse più di me, dimostrandomelo in un attaccamento alle tante voci dei vicoli e delle persone che vogliono ridare vita ai propri natali, che rincorrono ogni giorno. Si è persona-politica quando prima di tutto si parla guardando le persone negli occhi, sapendo di poter sostenere lo sguardo, perché non ci si  mai “regalati” al primo venuto inseguendo il successo effimero.

Si è parte delle persone che si invitano a votare ad ogni tornata elettorale, facendosi portavoce di questo o quel programma  più o meno costruito, riconoscendo a chi ci ha preceduto nell’arduo compito amministrativo, ciò che di buono ha fatto ma anche studiando bene dove ha sbagliato e correggendo il tiro. La storia insegna se si vuole leggere tra le righe e da esse trarre le invettive per ripartire non solo sparando fuochi di artificio, che hanno l’ardire dell’attimo di colore nel cielo, ma avendo la consapevolezza che una tornata amministrativa presenta esami grandi e difficili e la giuria sono le stesse persone che hai convinto a sceglierti. Questo il grave impegno di chi sceglie di voler trainare e non essere trainato, da chi agisce e non vede agire solamente.””